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Credenti non affiliati: l'ideologia Lgbt fa abbandonare la fede

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Una ricerca statuinitense mostra che un quarto degli americani si identifica come religiosamente non affiliato. Il 47% smette di credere a causa dell'insegnamento della Chiesa sull'omosesualità. Segno che la Chiesa non è più capace di fare cultura e spiegare l'insegnamento di sempre. E una Chiesa arcobaleno non frenerebbe l'emorragia, anzi, l'acuirebbe. 

Ecclesia 04_04_2024

Sondaggio interessante quello condotto dal Public Religion Research Institute (PRRI), dal titolo Il cambiamento religioso in America. I risultati di questa indagine condotta su un campione di 5.600 adulti ci informa che «un quarto degli americani (26%) si identifica come religiosamente non affiliato [ossia non appartenente ad una religione organizzata] nel 2023, un aumento di 5 punti percentuali rispetto al 21% nel 2013. Quasi un americano su cinque (18%) ha abbandonato una tradizione religiosa per diventare religiosamente non affiliato». Le maggiori defezioni si registrano tra i cattolici (35%) e i protestanti tradizionali/non evangelici (35%). Il report aggiunge che «il numero sia degli atei che degli agnostici è raddoppiato dal 2013 (dal 2% al 4% e dal 2% al 5%, rispettivamente)».

Inoltre, come intuibile, escono più fedeli di quelli che entrano, tanto che si arriva a concludere che «l’unica grande categoria religiosa che sperimenta una crescita diffusa è quella dei non affiliati religiosi», sebbene «circa tre americani su quattro continuino a identificarsi con una specifica tradizione di fede. […] La maggioranza degli americani continua a identificarsi come cristiana (67%)». Insomma, il paziente soffre di una grave emorragia, ma non è ancora morto.

Entriamo nel vivo delle ragioni di questo fenomeno che potremmo battezzare come fedexit: «La ragione addotta dalla più alta percentuale di americani non affiliati alla religione per aver abbandonato la propria tradizione di fede è che hanno semplicemente smesso di credere negli insegnamenti della loro religione (67%)». In particolare il 47% «ha citato l’insegnamento o il trattamento negativo nei confronti delle persone gay e lesbiche come un fattore importante nella sua scelta di abbandonare» la propria religione (era il 29% nel 2016). Il secondo motivo per lasciare la pratica religiosa è legato all’educazione in famiglia (41%). E poi troviamo: la religione è un fattore lesivo per la salute mentale (32%) e gli abusi sessuali del clero (31%). Naturalmente si potevano fornire più risposte.

Soffermiamoci su quel 47% che ha abbandonato la pratica religiosa a motivo degli insegnamenti della propria chiesa sulle tematiche LGBT o di come le persone omosessuali e transessuali sarebbero state trattate negli ambienti religiosi. La maggior parte degli ex votano democratico, sono ispanici (anche se la maggior parte degli ex, diventati tali per qualsiasi ragione, è di origine caucasica) e hanno meno di 30 anni.

Dunque molti lasciano anche la Chiesa cattolica per le sue posizioni critiche sulle tematiche LGBT e per come tratterebbe le persone omo e trans. Un paio di riflessioni a tal proposito. La prima: l’ideologia LGBT è così potente e capillare che mina la fede dei credenti, anche perché riesce con efficacia a dipingere la Chiesa cattolica come nemica delle persone omo e trans. Questa capacità di avvelenare la fede si manifesta anche quando tale ideologia si ammanta dei paramenti sacri. Per apparente paradosso, la cosiddetta pastorale LGBT – tra cui in primis la possibilità di benedire le coppie gay – è soluzione peggiore del male perché non avvicina le persone alla Chiesa, ma le allontana dal momento che instilla in loro o fortifica un orientamento pro-LGBT e quindi contrario alla dottrina della Chiesa. Consolidare una condizione omosessuale o transessuale in una persona la porta allo scontro con gli insegnamenti della Chiesa e può favorirne l’abbandono. Incoraggia l’esclusione, non l’inclusione.

Seconda riflessione: i credenti lasciano la Chiesa cattolica per motivi legati alle tematiche LGBT, perché la Chiesa, da una parte, non è più capace di spiegare le ragioni per cui omosessualità e transessualità non fanno il bene dell’uomo e quindi sono contrarie alla volontà di Dio. Più precisamente i cattolici non solo non sono più capaci di fare apologetica su queste materie, ma non vogliono farla. Anzi si spinge in senso opposto, dichiarando ad esempio cosa buona l’omosessualità (vedi Fiducia supplicans).

Su altro fronte – e veniamo al motivo più importante per cui i temi LGBT sono così discriminanti in merito all’abbandono religioso – l’insegnamento cristallino del Magistero di sempre su omosessualità e transessualità non si fa più cultura. Era cultura un tempo, oggi non lo è più. Dunque il suo insegnamento rimane sterile, lettera morta, confinato nei libri e quindi percepito come falso, non più attinente ai valori condivisi della società.

Ed infatti è assai interessante questa risposta sempre legata alle motivazioni per cui si è abbandonata la propria religione: solo il 16% degli ex dichiara: «Sento un legame con una religione come parte del mio background etnico o del mio patrimonio culturale», ciò a dire che la religione non è diventata cultura, vita, esistenza, ossia criterio di giudizio per le scelte di tutti i giorni, da quelle meno rilevanti a quelle più rilevanti. Perciò quando quel 67% prima ricordato ci dice che ha abbandonato la propria religione perché non ne condivide più le idee, significa che quelle idee non sono diventate costume, prassi, abitudini, strutture sociali, sensibilità condivise, coscienza collettiva, orientamenti culturali diffusi. In sintesi si abbandona la Chiesa perché non c’entra più nulla con la propria vita.

A riprova che il vero motivo dell’abbandono, perché il più profondo, è quello di carattere culturale riportiamo questi dati: «Una sottile maggioranza di americani (53%) afferma che la religione è la cosa più importante (15%) o una tra le tante cose importanti nella loro vita (38%) nel 2023, un dato notevolmente inferiore rispetto al 2013, quando il 72% degli americani riferiva che la religione era la cosa più importante della loro vita (27%) o una tra tante cose importanti (45%). Al contrario, una pluralità di americani (45%) afferma che la religione non è importante quanto altre cose (19%) o che la religione non è affatto importante nella loro vita (26%) […] quasi il doppio rispetto a dieci anni fa».

Dunque la religione, compresa quella cattolica, non è diventata cultura. Ne discende che anche i suoi insegnamenti sull’orientamento sessuale e sulla identità psicologica sessuale rimangono nel percepito collettivo come principi astratti, disincarnati dalla realtà. Le lobby LGBT invece hanno fatto diventare i loro proclami cultura, diffuso modo di pensare e vivere. La partita si è fatta dunque impari. Ora è innegabile che uno dei temi più costantemente all’ordine del giorno sia quello legato al mondo arcobaleno. E dunque, essendo riuscito il movimento LGBT a diventare culturalmente importante e di interesse primario – vero e proprio fenomeno sociale oggetto di dibattito quotidiano – è inevitabile che anche le sue istanze siano diventate uno dei primi motivi di abbandono di quelle religioni che si pongono in modo critico verso questo orientamento.

Ma alla fine nulla di nuovo sotto il sole: «Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: “Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?” […] Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv 6, 60 – 66).