Crack FTX, la truffa dell'Altruismo Efficace
Sam Bankman-Fried è il nuovo volto del crack finanziario. Investitore professionista nel mercato delle criptovalute, aveva messo in piedi un impero che si è vaporizzato in men che non si dica. Si punta il dito sulle criptovalute. Molto meno su come siano state usate da questo imprenditore senza scrupoli seguace della sinistra americana.
Sam Bankman-Fried è il nuovo volto del crack finanziario. Investitore professionista nel mercato delle criptovalute, aveva messo in piedi FTX, un impero valutato 32 miliardi di dollari. Ma si è vaporizzato in men che non si dica, in queste settimane, finendo in bancarotta. Il modo di raccontare questa vicenda, ancora oscura sotto molti aspetti, è molto rivelatore su chi controlla la narrazione, su quale sia l’ideologia veramente egemone.
Il tema più diffuso nel dibattito dopo il fallimento di FTX, agenzia di cambio e brokeraggio di Bankman-Fried, è la paura per le criptovalute. Fanno tremare il grande pubblico, perché sono valute relativamente nuove (appena 13 anni di storia alle spalle, meno di una decina per chi non è un pioniere), quindi sconosciute e molto poco regolamentate. Sono monete interamente elettroniche, volutamente rare (per evitare fenomeni inflazionistici) indipendenti da ogni banca emittente e sono state create proprio per evitare l’intermediazione di una banca o di uno Stato, per tornare allo scambio da compratore a venditore, come quando si usavano monete d’oro o d’argento. E chi garantisce che il compratore e il venditore siano effettivamente loro e la loro valuta sia valida? Né un notaio, né una banca, né tantomeno uno Stato: è solo la tecnologia che è alle spalle della criptovaluta, la blockchain, che permette di effettuare uno scambio solo da quel compratore a quel venditore. Teoricamente Bitcoin, la prima criptovaluta è nata proprio all’indomani della grande crisi del 2008, come reazione a banche che usano troppo disinvoltamente le valute tradizionali (valute fiduciarie, emesse da banche centrali) dei loro clienti, esponendosi troppo e talvolta non rientrando. Ma la carne è debole e ben presto sono nate forme di investimento tradizionale e anche sconsiderate anche sul valore delle criptovalute. È in questo mercato che si è gettato a capofitto Bankman-Fried, il quale ha usato le nuove monete esattamente come le banche hanno sempre usato le vecchie.
Non è colpa della criptovaluta in sé, dunque. FTX avrebbe potuto usare qualsiasi tipo di valuta, ma investendo con quella leggerezza, sarebbe fallita comunque, anche con i dollari, anche con gli euro, volendo. Il fallimento di FTX è dovuto al fatto che, alla sua base, c’è il sospetto che fosse solo una grande catena di Sant’Antonio. La prima azienda di Bankman-Fried, Alameda prometteva un rendimento annuo di almeno il 15% sul prestito, senza rischi: i soldi sarebbero stati restituiti ogni volta che ci fosse stato un mese in perdita. Di fatto, pagando i rendimenti ai vecchi clienti grazie ai prestiti dei nuovi. FTX è nata per coprire Alameda, poi sono nate altre aziende per coprire anche FTX e via di questo passo fino a costruire un intero castello di società che si legittimavano, coprivano e prestavano soldi a vicenda. Uno schema troppo complesso, da far venire il mal di testa e non è questa la sede adatta per approfondirla.
Truffa o eccesso di azzardo? Sarà la magistratura a stabilirlo. Ma perché dal 2017 ad oggi questo impero fasullo ha continuato ad espandersi? Non solo perché aveva sede nelle Bahamas, in un paradiso fiscale, ma perché, molto probabilmente, aveva anche parecchi “santi in paradiso” nella politica statunitense. E li aveva dalla “parte giusta della storia”, cioè nel mondo progressista. È questo il tema completamente assente nel dibattito televisivo dopo il crack: Sam Bankman-Fried era il beniamino del Partito Democratico e ne portava avanti tutte le battaglie. Coccolato dalla stampa (recenti le copertine a lui dedicate da Fortune e Forbes), nelle ultime elezioni di metà mandato, ha donato alla sinistra americana 40 milioni di dollari di tasca sua. Per le prossime presidenziali del 2024, prometteva di donarne almeno 100 alla campagna elettorale di Joe Biden. Nel frattempo, i dipendenti della società FTX hanno speso 70 milioni di dollari in lobbying presso i legislatori democratici, per cause che vanno dalla regolamentazione finanziaria alla prevenzione delle pandemie.
In aprile, Bill Clinton e Tony Blair, i campioni della sinistra “neo liberal” degli anni Novanta, si erano recati alle Bahamas per una conferenza organizzata da FTX. I fotografi si erano deliziati alla vista dei due ex leader della sinistra mondiale, vestiti in giacca, accolti da questo “ragazzino” di t-shirt e bermuda. Come Zuckerberg prima di lui, anche “SBF”, come solitamente viene accorciato il suo nome, era diventato un guru dell’anti-eleganza. Non sapeva nemmeno allacciarsi le scarpe: la foto del groviglio che aveva al posto delle stringhe è diventato un adesivo di successo. Tutto questo è va di moda, ispira simpatia, crea il personaggio del "ragazzino sfigato che è un genio e si è fatto da solo", dà un tocco di sincerità e un look proletario anche agli uomini più ricchi del pianeta. Ma non era solo uno stile, era l’espressione di un’ideologia.
SBF era un seguace e propagandista dell’Effective Altruism (altruismo efficace, letteralmente), un’ideologia neo-utilitarista in base alla quale più ti arricchisci, più puoi fare bene al resto del mondo. E fin qui è ovvio, perché il ricco ha più soldi da spendere in filantropia. Ma soprattutto: il ricco sa più di altri dove investire per il bene del pianeta, scegliendo cause di lungo termine che la politica tenderebbe a ignorare, cause ecologiste, animaliste, pacifiste, prevenzione delle pandemie o lotta a malattie rare. L’Effective Altruism ha dunque una base utilitarista: la maggior felicità per il maggior numero di individui. Ma anche un metodo paternalista: solo il ricco sa quale sia la vera felicità dei poveri. È un’ideologia che si sposa perfettamente con la sinistra progressista contemporanea.
I sostenitori di SBF e del suo modello ritenevano che la sua ideologia non fosse solo una facciata. L’editorialista statunitense Matthew Yglesias, prima del crack, commentava: “È chiaro che, lungi dall'essere la sua spesa politica una copertura per le criptovalute, le sue imprese di criptovalute esistono solo per finanziare l’Effective Altruism”. Probabilmente Yglesias aveva ragione, Sam Bankman-Fried credeva seriamente di essere un benefattore. Ma è proprio questo il problema. Chi investe in modo spericolato (o truffa) per fare del bene, usa comunque dei mezzi illeciti. E il fine non giustifica i mezzi. È il pericolo che accomuna tutti questi tentativi di creare dei surrogati della carità: sono truffe etiche, prima ancora che finanziarie.