Covid: guai a chi smentisce il "miracolo" cinese
Con la condanna della giornalista indipendente Zhang Zhan, di Wuhan, colpevole di aver diffuso notizie sull'epidemia di Covid, il regime di Pechino vuole nascondere la verità. E spuntano altre cifre sui contagi, 10 volte più numerosi.
Esattamente un anno fa, il medico cinese Li Wenliang, dell’ospedale Centrale di Wuhan, provava a dare l’allarme sulla comparsa, nei suoi pazienti, di una nuova sindrome respiratoria simile alla Sars. Aveva intuito che un nuovo coronavirus stesse circolando nella città. Invece di prendere sul serio l’allarme e adottare le necessarie contromisure, le autorità cinesi arrestarono Li per interrogarlo, intimidirlo e imporgli il silenzio sulla questione, per evitare di diffondere “falsi allarmismi” alla vigilia delle feste del capodanno cinese. Il 7 febbraio, Li Wenliang moriva di Covid. A un anno di distanza, la giornalista indipendente Zhang Zhan è stata condannata a 4 anni di carcere, per aver “creato problemi di ordine pubblico”, cioè aver diffuso notizie sull’epidemia di Covid a Wuhan. L’origine della pandemia e i suoi primi sviluppi restano così avvolti nel mistero, coperti dal segreto di Stato del regime di Pechino.
L’arresto di Zhang Zhan, avvenuto in maggio, è l’ulteriore prova che il regime cinese non vuole che si diffondano notizie su come sia stato gestito il primo focolaio della nuova epidemia, né su quali siano state le sue immediate conseguenze. Zhang Zhan non aveva svelato alcun segreto di Stato, ha semplicemente documentato casi di malasanità, la crisi sociale causata dal primo lockdown del mondo, la disoccupazione nella città appena uscita dall’emergenza, il comportamento brutale della polizia. Tutto ciò va contro la narrazione ufficiale sull’epidemia. Per le autorità di Pechino l’epidemia è stata contenuta con successo grazie a un lockdown draconiano, successivamente preso ad esempio dall’Italia e poi da quasi tutto il mondo occidentale. Sempre secondo la versione ufficiale cinese il coronavirus avrebbe provocato solo 4.634 morti, poco più che nel solo Veneto, su una popolazione locale di 11 milioni di abitanti a Wuhan, circa 50 milioni in tutta la provincia dello Hubei e 1 miliardo e mezzo in tutta la Cina (dunque 3 morti ogni milione di abitanti, contro i 1218 in Italia). Infine, e questa è l’informazione più eclatante, la Cina considera “debellata” l’epidemia, da aprile, sul suo territorio, limitandosi a segnalare casi di importazione, prontamente isolati. Un’epidemia debellata in meno di sei mesi sarebbe un record storico senza precedenti. Se fosse vero. Ma è vero?
Le stesse autorità sanitarie cinesi, precisamente il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, stanno iniziando a diffondere altre cifre. A Wuhan il virus potrebbe aver contagiato 500mila persone, secondo un nuovo studio pubblicato il 29 dicembre. Si tratta di una correzione non da poco rispetto alle cifre diffuse dalle autorità di Wuhan: 10 volte tanto. I malati a Wuhan erano stati stimati in 50.354 casi positivi confermati. Il mese prossimo un gruppo di esperti internazionali si recherà in visita in Cina per studiare l’origine della pandemia. Il fatto che la pubblicazione del nuovo studio sia avvenuta proprio adesso potrebbe non essere casuale, dunque. Il Centro, però, non smentisce fino in fondo la narrazione ufficiale di Pechino, affermando che solo all’interno di Wuhan l’epidemia si sia diffusa a centinaia di migliaia di persone, ma che fosse molto meno diffusa nel resto della provincia dello Hubei e quasi del tutto assente nelle altre province cinesi, a conferma che il lockdown ha funzionato. Sarebbe, anche questo, un vero miracolo, considerando che milioni di cinesi sono passati da Wuhan per le festività del Capodanno, quando il virus già circolava e le autorità sanitarie non lo ammettevano, nessuno prendeva precauzioni e i test non venivano effettuati neppure.
Per ora le uniche stime di cui disponiamo su quanti si siano ammalati in Cina e quanti siano morti, sono quelle diffuse da Pechino. Quindi dobbiamo anche accettare la narrazione sul trionfo del lockdown cinese. La vittoria di quella narrazione ha anche implicazioni politiche, perché il mondo intero è stato indotto a seguire quell’esempio. Chiunque abbia provato a dare notizie, nel suo piccolo, al di fuori dei canali ufficiali del Partito Comunista, ha fatto la fine di Zhang Zhan.