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I DATI

Covid e letalità nel mondo, la conferma del flop dei vaccini

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Secondo l’Oms, al 19 aprile 2023, si contano oltre 763 milioni di casi Covid nel mondo e 6,9 milioni di decessi, per una letalità dello 0,9%. Dai dati emerge la scarsa efficacia della vaccinazione. Lo mostra pure il confronto tra aree geografiche, rispetto all'uso dei vaccini.

Attualità 20_04_2023

Era l’11 marzo 2020 allorquando l’Organizzazione mondiale della sanità, preso atto dei livelli di diffusione globale dell’infezione, dichiarava che l’epidemia di Covid-19 potesse essere considerata una pandemia. Il direttore dell’Oms, in un recente discorso, si dice fiducioso sulla possibilità di dichiarare la fine dell’emergenza sanitaria internazionale da Covid-19 (e della pandemia) entro la fine dell’anno.

Stando ai dati pubblicati dall’Oms, si conteggiano - dall’inizio della pandemia al 19 aprile 2023 - oltre 763 milioni di casi confermati di contagio Covid-19 e circa 6,9 milioni persone decedute nel mondo (si veda grafico 1); e oltre 275 milioni casi di contagio con circa 2,2 milioni di decessi in Europa (si vedano grafici 2 e 3 sottostanti).

Grafico 1 (casi di contagio e decessi nel mondo)


Questi dati ci consentono di calcolare il tasso di letalità del Covid-19, ovvero la proporzione, espressa in percentuale, dei decessi sul totale dei soggetti contagiati nell’arco di questi tre anni di pandemia: a livello mondiale il tasso di letalità è dello 0.9%; in Europa dello 0.8%, (percentuali che confermano sostanzialmente i valori di letalità ad oggi accertati in Italia, con un tasso stabile allo 0,7%, vedi qui).

Ebbene, non si può non constatare che il tasso di letalità globale dei contagiati da Covid-19 sia in ogni caso notevolmente inferiore - meno dell’1% secondo i dati ufficiali sovrastimati indicati - rispetto alle stime di letalità che l’Oms indicava all’inizio della pandemia. E infatti, alla data dell’11 marzo 2020, il direttore generale dell’Oms fondava la decisione di dichiarare il Covid-19 come una pandemia - lanciando il campanello d’allarme rivolto a tutti i Paesi del mondo per l’adozione di misure “urgenti e aggressive” di contenimento della diffusione del virus - sulla base di un tasso di letalità del 3,6% (118.000 casi di contagio in 114 Paesi con 4.291 decessi, vedi qui), in linea con la sovrastima del 3,5% del tasso di letalità che veniva accertata in Italia dalle autorità sanitarie nazionali ad inizio pandemia.

I dati Oms confermano, a livello globale, ciò che si è verificato in Italia: infatti, guardando la curva dei decessi nel mondo (grafico 1) e distinta per continenti e aree geografiche (grafico 3), si rileva che nel corso dell’anno 2021 (in cui si è concentrata la campagna vaccinale) non ci sono state significative diminuzioni del tasso di letalità nella popolazione mondiale, che anzi raggiunge picchi di decessi proprio dal dicembre 2020 al dicembre 2021-gennaio/febbraio 2022, per poi diminuire nel corso del 2022 per effetto soprattutto del maggior numero di casi diagnosticati (grafico 2). A dimostrazione che le alte stime di efficacia della vaccinazione come mezzo di prevenzione per malattie gravi e decessi non hanno determinato i prodigiosi risultati ostentati.

Grafico 2 (casi di contagio distinti per aree geografiche)


 

Grafico 3 (decessi distinti per aree geografiche)



Vediamo l’andamento della letalità nel confronto coi numeri della vaccinazione. A livello globale, al 18 aprile 2023, risultano somministrate 13,37 miliardi di dosi di vaccino anti-Covid, con 5,13 miliardi di persone vaccinate con due dosi (pari al 64,3% della popolazione mondiale, mentre il 69,89% della popolazione mondiale ha ricevuto almeno una dose e il 34,61% la terza dose). Sostanzialmente, dopo una vaccinazione globale che ha coinvolto quasi due terzi della popolazione mondiale vaccinata con due dosi e un terzo con la terza dose, si sono verificati circa 6,9 milioni di decessi su 763 milioni di casi (grafico 1), pari allo 0,9%. Tuttavia, si rileva che i casi confermati di contagio nel mondo sono molto inferiori alla popolazione attuale (circa otto miliardi di persone). Dunque, dato che è poco logico credere che ad oggi, dopo oltre tre anni di pandemia, sia rimasta infetta meno di una persona su dieci al mondo (763 milioni / 8 miliardi), è verosimile supporre che il tasso di letalità globale del Covid-19 sia molto inferiore allo 0,9%.

Confrontando la situazione dei decessi per numero di casi distinti per aree geografiche, si rileva che, nonostante l’Europa abbia un numero di casi confermati (275,5 milioni) superiore a quello di altre aree continentali (cfr. grafico 2), il primato in termini di decessi (cfr. grafico 3) è delle Americhe, con quasi tre milioni di decessi (circa 2,9 milioni rispetto ai 2,2 milioni di decessi dell’Europa) e con un tasso di letalità dell’1,5%. Ciò, nonostante il continente americano abbia percentuali di vaccinazione superiori ad altri continenti (218,77 dosi ogni 100 abitanti in Sudamerica e 191,1 dosi ogni 100 abitanti in Nordamerica, cfr. grafico 4).

Grafico 4 (dosi di vaccino somministrate distinte per aree geografiche)



Si noti, invece, che l’Africa - il continente fanalino di coda in termini di tassi di vaccinazione rispetto alla popolazione (56,08 dosi ogni 100 abitanti, cfr. grafico 4) - con un numero molto basso di casi di contagio confermati (9,5 milioni, cfr. grafico 2) e di decessi (circa 175 mila, cfr. grafico 3), ha teoricamente (dividendo il numero dei decessi per il numero dei casi) il tasso di letalità più alto, pari all’1,8%. Ma il dato non tragga in errore! Anche in questo caso, incide sul tasso di letalità (così come calcolato), il numero dei casi di contagio diagnosticati rispetto alla popolazione, che in Africa è di circa 1,4 miliardi di persone e ove, evidentemente, l’attività di screening del Covid-19 è stata molto bassa (e/o insufficienti i dati raccolti). Posto che è inverosimile ritenere che in Africa soltanto 9,5 milioni di persone abbiano contratto il Covid-19 su una popolazione di quasi un miliardo e mezzo di persone (ovvero circa una persona su 150), il tasso di letalità sarà anche qui verosimilmente, e a maggior ragione (considerando, tra l’altro, l’età media più bassa), molto inferiore all’1,8%.

I valori del tasso di letalità incontrano inevitabilmente dei limiti, dovuti alla carenza e/o insufficienza dei dati raccolti (casi di contagio confermati e decessi) nel confronto con la popolazione. Ecco perché, dopo tre anni di pandemia, è bene guardare i dati sulla mortalità, ma questa è un’altra storia…