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L'ANNIVERSARIO

Così Tangentopoli ha secolarizzato giustizia e politica

Dato che il pool milanese non si è collocato sopra le parti e dalla parte della giustizia, ma ha usato la giustizia come strumento di parte, esso ha secolarizzato sia la giustizia che la politica. Nel trentennio successivo la politica è diventata uno spettacolo, il pool ha fatto la “sua” giustizia, ha fatto la “sua” politica, ha fatto il “suo” spettacolo … e così nuovi leader e nuovi partiti della seconda repubblica hanno fatto la “loro” giustizia, la “loro” politica e il “loro” spettacolo.

Editoriali 17_02_2022

Con l’operazione Mani Pulite trent’anni fa un gruppo di magistrati ha voluto andare oltre al proprio specifico ruolo, ponendosi l’obiettivo di rifondare una politica giusta, o addirittura la politica in quanto tale. Nuovi creatori per una nuova creazione. Che Tangentopoli sia stata una operazione politica non sono più dubbi. Lo hanno testimoniato le molte vittime (anche fisiche oltre che politiche e morali) che ne furono colpite, il clima da caccia alle streghe che venne instaurato, la condanna politica inflitta con un semplice avviso di garanzia, le indagini condotte solo da una parte, il clima di palingenesi rivoluzionaria, il protagonismo (e il potere nell’emergenza) molto oltre le righe degli attori, i politici messi alla gogna con la bava alla bocca, il clima sommario da “crucifige!”.

Lo testimoniano anche le immediate conseguenze con il crollo dei partiti, le ricomposizioni nei vari patchwork, i riciclaggi dei politici sotto mentite spoglie: molti protagonisti della Prima Repubblica sono ancora oggi ai vertici delle istituzioni repubblicane: Giuliano Amato è presidente della Corte costituzionale e Pierferdinando Casini per un pelo nei giorni scorsi non diventava presidente della Repubblica. Del resto, gli stessi magistrati del pool hanno continuato a fare politica anche a Tangentopoli esaurita, sia con la toga sia dopo essersi tolti la toga per fondare un nuovo partito. Solo ora, dopo trent’anni, la riforma Cartabia sembra che voglia evitare futuri casi Di Pietro.   

La sostituzione della politica da parte della magistratura fu motivata con la presunta situazione di stallo della politica stessa, ritenuta ormai bloccata, inconcludente, incapace di correggersi da sola e di rinnovarsi eliminando le sacche di sudiciume. Che la politica fosse in sofferenza e forse in completo esaurimento era vero. Che ci fossero sacche di sudiciume era pure vero, anche se non certo più di oggi. Che un pool di magistrati fosse investito dalla Storia di una missione di rinnovamento politico dell’intero Paese era falso. Il pool di Milano attribuì a se stesso il ruolo di nuovo Comitato di Liberazione Nazionale, di nuovo Comitato di Salute Pubblica e, come accade sempre in questi tristi casi, non rispettò le esigenze della giustizia ma volle ricrearle, ponendosi così sullo stesso piano della politica che esso combatteva la quale pure, secondo il pool, voleva gestire la giustizia a modo proprio, senza rispettarla nelle sue esigenze originarie. Il criterio, quindi, era in fondo lo stesso: la giustizia venne strumentalizzata.

Nei trent’anni che ci separano da Mani Pulite la politica non è migliorata, anzi è continuato il processo di allontanamento dall’ossequio alla giustizia nell’intento di costruirla con le proprie mani e secondo le proprie volontà. Possiamo dire che è continuata e si è approfondita la secolarizzazione della giustizia e della politica, secondo il processo che proprio Mani Pulite ha iniziato.

Dato che il pool milanese non si è collocato sopra le parti e dalla parte della giustizia, ma ha usato la giustizia come strumento di parte, esso ha secolarizzato sia la giustizia che la politica. Nel trentennio successivo la politica è diventata uno spettacolo, una composizione e scomposizione di alleanze, di nascite di partiti in parlamento, di personalismi narcisistici dei leaders, di promesse di governabilità strumentali e mai mantenute, di cambio di casacche e di transumanza da un partito all’altro, da una maggioranza all’altra. Il pool ha fatto la “sua” giustizia, ha fatto la “sua” politica, ha fatto il “suo” spettacolo … e così nuovi leader e nuovi partiti della seconda repubblica hanno fatto la “loro” giustizia, la “loro” politica e il “loro” spettacolo.

La giustizia è stata ridotta a “rispetto dei patti” e il torto a “violazione dei patti”, come diceva Hobbes, facendole perdere così i suoi fondamenti oggettivi legati al bene comune. Da Mani Pulite in poi le condanne politiche sono fatte sui giornali, i successi o i naufragi politici avvengono perché alcuni patti si sono realizzati o sono venuti meno, il giustizialismo inconcludente è andato al governo, il contatto della politica secolarizzata con la gente si è di molto assottigliato a tutto vantaggio della sua artificiosità. Mani Pulite in fondo ha fatto scuola: ha dato l’impressione di essere giusta senza esserlo, il che, per Platone, è il massimo dell’ingiustizia. Da allora, e più di prima, spesso la politica si è mostrata giusta senza esserlo.

Qualcuno sostiene che senza il crollo del comunismo sovietico, avvenuto negli anni immediatamente precedenti, l’operazione Mani Pulite non avrebbe prodotto le conseguenze che ha provocato. Il suo successo sarebbe perciò immeritato e i cambiamenti nella politica italiana ci sarebbero stati lo stesso: DC e PSI sarebbero finiti comunque, il PC avrebbe cambiato lo stesso il nome e così via. Può essere vero, ma l’elemento che innescò lo sconvolgimento fu Tangentopoli e alla nuova politica italiana post-ideologica Mani Pulite impresse un carattere di secolarizzazione che la impoverì nei riferimenti ai fondamenti e la rese disponibile alla politica come “gioco” e alle leggi come forzature frutto di “patti” e non di giustizia, cose di cui la storia italiana recente è piena.