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MAGGIORANZE VARIABILI

Così Renzi farà ingoiare Verdini a tutto il Pd

Da quando ha votato la fiducia al governo sulle unioni civili, Denis Verdini è diventato l'incubo della minoranza dem. Nel Pd la polemica ruota attorno a lui. D'altronde, i verdiniani non vedono l'ora di salire sul carro del vincitore già alle amministrative, appoggiando Sala a Milano e Giachetti a Roma.

Politica 05_03_2016
Il premier Matteo Renzi

Da quando ha votato la fiducia al governo sulle unioni civili, Denis Verdini è diventato l'incubo della minoranza dem. Nel Pd tutta la polemica tra renziani e antirenziani ruota attorno a lui. Diciamo pure che gli antirenziani hanno trovato il pretesto giusto per ricompattarsi e per lanciare un'opa sul partito e forse anche sul governo. D'altronde, i verdiniani non vedono l'ora di salire sul carro del vincitore del momento e si dichiarano pronti a farlo già alle amministrative, appoggiando Sala a Milano e Giachetti a Roma, entrambi candidati renziani. E, se Giachetti vincesse le primarie, i verdiniani farebbero campagna elettorale e liste in suo sostegno. 

Anche a Milano, nonostante le smentite di facciata di Sala, Denis Verdini ha le idee chiarissime sulla strategia da adottare: appoggiare il manager Expo 2015 fin dal primo turno. Ala, dunque, schierata al fianco del premier, in Parlamento e ancor più nei gazebo. Con buona pace di Bersani, D'Alema, Speranza e gli altri acerrimi nemici del premier, che si dicono pronti a dare battaglia. Ma Verdini è solo un pretesto dei dissidenti dem per dichiarare guerra a Palazzo Chigi, in un momento di obiettiva difficoltà del presidente del Consiglio, sia in Italia sia in Europa. A parole, tutti i dem, anche quelli allineati sulle posizioni di Renzi, tra cui il presidente del partito Matteo Orfini, escludono il soccorso dell’ex braccio destro di Berlusconi. 

Verdini, però, ha già dettato la linea, perché la partita che si gioca nelle grandi città è diventata assai importante per gli equilibri politici interni della maggioranza, in cui Ala è entrata ufficialmente, al di là delle smentite di rito,dopo aver votato la fiducia al governo sulle unioni civili e dopo aver contribuito giovedì, seppur con l’astensione di massa, a garantire il numero legale alla fiducia sull’omicidio stradale. Il capo della minoranza Pd, Roberto Speranza, non le manda a dire: «La scelta di Verdini di partecipare alle primarie del Pd sostenendo i candidati renziani  è la naturale conseguenza dell’ingresso di rappresentanti di Ala nella maggioranza di governo. Finora accolti, da molti ma non da noi, a braccia aperte». Ma si tratta di una polemica strumentale.

Verdini prima era nel centrodestra, è stato uno degli artefici del Patto del Nazareno e tutto il Pd ha votato, insieme con i berlusconiani, la fiducia al governo Letta. Distinguersi ora da Verdini, che consente a un governo di centrosinistra di approvare provvedimenti che erano nel programma del Pd, appare contraddittorio e a dir poco sospetto. La verità è che nella scelta dei candidati alle amministrative la minoranza dem, peraltro divisa al suo interno, non è stata accontentata e, rebus sic stantibus, rischia di non esserlo neppure alle prossime politiche. Ora Renzi intende farla pagare ai cattodem perché gli hanno fatto rallentare l'approvazione del ddl Cirinnà in Senato e l'hanno costretto a concedere troppo ad Alfano. Peraltro il premier puntava sull'intera posta (unioni civili più adozioni) e ha dovuto registrare una parziale sconfitta, il che ha accresciuto la sua irritazione nei confronti dei cattolici del Pd. Difficilmente li candiderà fra due anni alla Camera.

Nel cerchio magico renziano circolano già alcune "liste di proscrizione" destinate a riempirsi di nominativi di senatori che di qui alla fine della legislatura non dovessero dimostrare fedeltà ai provvedimenti presentati dal governo. Per loro la strada del ritorno in Parlamento risulterebbe a quel punto sbarrata. La saldatura definitiva tra verdiniani e renziani avverrà, però, non tanto sulle liste e sui candidati per le amministrative, quanto ai Comitati per il Si al referendum costituzionale. Lì l'apporto degli ex berlusconiani risulterà decisivo, considerato che, almeno ufficialmente, il centrodestra dovrà fare fronte comune con i Cinque Stelle e con i costituzionalisti tradizionalmente di sinistra, che tuttavia hanno preso nettamente le distanze dal ddl Boschi e hanno già costituito Comitati per il No. 

E allora,come ha più volte ribadito Renzi, inutile fare gli schifiltosi con i voti dei verdiniani e rischiare di far cadere il governo e di far naufragare il processo riformatore. Se ne faranno una ragione anche i democratici antirenziani, che non hanno alcuna voglia di andare a casa prima del 2018.