Così la rivoluzione del gender sostituì quella sociale
L’ideologia gender è la continuazione della rivoluzione marxista sotto altre forme. Lo dimostra il pensiero di Michel Foucault: militante comunista, si accorse tra i primi che la Rivoluzione, per definizione, è sempre in movimento, e fallito il comunismo doveva cercare altre strade. Ecco come le ha trovate.
Judith Butler è l'esponente più nota dei cosiddetti gender studies, o studi di genere. Sicuramente la Butler si rifà alla cosiddetta «french theory», come viene chiamato negli Stati Uniti lo strutturalismo; e in particolare a Michel Foucault, il filosofo francese che si rifà a de Sade, Nietzsche e Bataille. Solitamente si legge che il concetto butleriano di “performatività” deriverebbe dal Foucault. Secondo la Butler il genere è “performativo”, ossia un ruolo (una performance) che, ripetuto, ci induce a pensare che sia naturale. Il problema è che il concetto di “performativo”, per Foucault, è piuttosto differente.
Il filosofo francese si rifà al linguista inglese John Langshaw Austin, che divide gli enunciati in “constativi” (che descrivono la realtà) e “performativi” (che creano o trasformano la realtà). Esempi di enunciati performativi sono «Io ti maledico», «Giuro...», «Prometto...». Il motivo per cui Foucault era interessato al linguaggio performativo è chiaro: secondo lo strutturalismo è il linguaggio a creare la realtà. Il vero collegamento tra la Butler e Foucault si trova altrove, in particolare in un passaggio-chiave di uno dei libri più importanti di Foucault: Sorvegliare e punire. Il succo di questo libro è semplice: fino all'epoca dei lumi la giustizia infieriva in vari modi sul corpo del reo. Con l'illuminismo nasce il carcere come pena: il corpo del prigioniero è libero e intatto, ma la sua anima viene sorvegliata, rieducata, assoggettata al potere.
Per Foucault si tratta di una punizione ben peggiore rispetto alla precedente poiché, istituendo la carcerazione, il potere rende l'anima “prigione del corpo”. Questo rovesciamento del celebre aforisma platonico («Il corpo è prigione dell'anima») è ciò che connette Foucault alla Butler. Quest'ultima, infatti, è convinta che il corpo sia “totipotente”, capace cioè di ogni tipo di atto; e solo l'anima (creazione e strumento del potere) assegna al corpo una funzione, un destino. Paradossalmente, se la Butler non guardasse con fastidio a questo processo appena descritto, la si potrebbe classificare come aristotelica; Aristotele, infatti, sosteneva che l'anima dà “forma” (cioè un destino, un possibile compimento, uno scopo) al corpo. Il filosofo greco sarebbe d'accordo con i colleghi francese e statunitense: l'anima “limita” la potenzialità del corpo; ma gli dà, contemporaneamente, un senso; gli assegna un compimento, un fine. Ma è proprio questo che la Butler nega al corpo umano: un fine, un progetto, in altri termini: una natura. Esattamente ciò che fa l'ideologia di genere, che la Butler eminentemente rappresenta.
Foucault era sempre stato attratto dalla morte, come testimoniano i vari tentativi di suicidio; aveva, invece, sempre provato repulsione per la sua attrazione sessuale per gli uomini, che viveva con disagio. Almeno fino alla primavera del 1975. In quell'anno fu invitato per la prima volta a tenere delle lezioni presso l'università di Berkeley; alcuni colleghi lo portarono nella Valle della Morte, a Zabriskie Point e lo iniziarono all'Lsd. In seguito il francese definì quell'esperienza «la migliore della mia vita». Da quel momento Foucault cominciò a vivere intensamente “esperienze limite” nell'ambiente sado-maso gay di San Francisco. Aveva trovato il modo di coniugare i suoi impulsi sessuali con gli impulsi di morte.
Letteralmente. Il suo biografo, James Miller, ha scritto nel suo libro The passion of Michel Foucault che il filosofo continuò ad avere rapporti sessuali promiscui pur sapendo di essere sieropositivo. A chi gli fece notare l'assurdità di questo comportamento, insieme suicida e omicida, Foucault rispose: «Morire per l'amore dei ragazzi: cosa c'è di più meraviglioso?». Nel 1992 Miller propose i contenuti della sua biografia in una conferenza presso l'università del Michigan; in quell'occasione Judith Butler si alzò in piedi e protestò vivacemente: «Connettere l'omosessualità alla morte è insidioso e rivoltante. Così facendo si finisce per stimolare la destra reazionaria di Pat Buchanan». Colpito da queste e altre critiche simili, Miller aggiunse al suo libro un poscritto nel quale spiegava che la parte della vita di Foucault legata al suo comportamento sessuale pericoloso non era poi così certa e dimostrata. Il filosofo francese l'aveva detto: è il linguaggio che crea la realtà.
Il giorno dopo la sua esperienza con l'Lsd Foucault venne avvicinato da uno studente che gli disse: «Il suo modo di pensare rende possibili cose come il Movimento di Liberazione Gay». Foucault si schermì, rispondendo in modo dotto e professorale. Ma lo studente aveva ragione. Il filosofo aveva appena esposto i contenuti di un suo lavoro che avrebbe visto la luce l'anno seguente, il primo volume della Storia della sessualità. Foucault aveva appena spiegato agli studenti di Berkeley che “il potere” non solo reprime la sessualità, ma anche la norma. Stabilisce cosa è lecito e cosa non lo è, quali comportamenti, atteggiamenti, inclinazioni sono buone e quali non lo sono.
La ribellione al potere, dunque, non consiste solamente nel liberare la sessualità, ma anche nello scardinare le norme che il potere ha imposto. Il potere ha stabilito, ad esempio, che l'omosessualità è un’anomalia, una patologia; la ribellione al potere necessita di un rifiuto di questa categorizzazione. Il pensiero di Foucault fu davvero lo strumento che permise al «Movimento di Liberazione Gay» di fare quei progressi che oggi vediamo e diamo per acquisiti.
Michel Foucault non è all'origine solamente dell'ideologia gender e di quella omosessualista. Da sempre militante comunista, Foucault si accorse tra i primi che la via dell'insurrezione armata, intrapresa dai movimenti comunisti radicali, era un vicolo cieco. Il 1978, in Francia come in Italia, fu l'anno della svolta: la Rivoluzione, per definizione sempre in movimento, doveva cercare altre strade. Fu proprio in quell'anno che Foucault, nel corso delle sue lezioni al Collège de France, invitò ripetutamente i suoi “uditori” a leggere i lavori dei libertari Ludwig von Mises e Frederick Hayek. Si tratta di un ritorno, per Foucault, ai suoi maestri, de Sade in particolare: all'illuminismo, all'empirismo, al liberalismo. Le origini del rifiuto della metafisica che ebbe il suo compimento in Nietzsche. L'assenza di ogni legge morale e religiosa.