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L'ESPERIENZA DI MEDICI IN PRIMA LINEA

«Così, con una chat e la clorochina battiamo il Covid»

Una chat su Whatsapp di 200 medici è il più coraggioso canale di terapia domiciliare anti Covid, nell'assenza dei protocolli degli enti regolatori. «Con idrossiclorochina, eparina e azitromicina subito a casa non abbiamo avuto un solo ricovero, l'Aifa tolga lo stop». La Bussola intervista il medico di famiglia Andrea Mangiagalli, ideatore di Medici in prima linea: «Nella guerra col Covid siamo in ritardo, non si vince con i cannoni nelle retrovie, ma con la fanteria: i medici di famiglia, ma oggi solo il 10% di noi va a casa a curare». La colpa? «Considerare il coronavirus una malattia da ospedale». 
- NAPOLI SENZA COVID: O' MIRACOLO DI MARADONA di Ruben Razzante

Attualità 27_11_2020

«Noi medici di famiglia siamo la fanteria: la guerra si combatte casa per casa». Hanno paragonato il covid a una guerra? Ebbene, l’esercito migliore è questo e l’arma di distruzione è l’idrossiclorochina. Parola di Andrea Mangiagalli, medico di Medicina Generale di Milano che è alla testa di un’esperienza unica e all’avanguardia nella cura del covid. Con un gruppo sempre più numeroso di colleghi nel marzo scorso ha dato vita a una chat su WhatsApp con la dottoressa Laura Frosali.

In poco tempo la chat è diventata uno strumento di confronto, condivisione, aggiornamento e verifica di quasi 200 medici, non tutti di base, sparsi nel Paese.

«Il principale problema di questa pandemia è che la Medicina di base è stata considerata residuale – spiega Mangiagalli in questa intervista alla Nuova Bussola Quotidiana – e così il medico è stato prima tenuto ai margini o costretto ad autoescludersi dalla cura del covid e poi abbandonato senza strumenti. Invece la risposta migliore che si può dare alla pandemia sta proprio nel nostro lavoro tempestivo e nella precocità di intervento terapeutico. I risultati sono strabilianti, a cominciare dal fatto che i nostri pazienti non sono mai stati ricoverati».

Nessuno nessuno? Dottore…
Solo una signora anziana. In ospedale le hanno confermato la nostra stessa terapia, è tornata a casa dopo pochi giorni.

Casa, parola “magica” e proibita. Perché il Covid at home è ancora una chimera?

Ci sono stati tantissimi problemi per noi medici di medicina generale: colleghi morti, paura, assenza iniziale di dispositivi. Ci è stato detto che dovevamo somministrare Tachipirina e aspettare che i pazienti desaturassero. In molti colleghi si sono come “ritirati”…

E poi la gente andava all’ospedale…
…Spesso tardi. Lasciare un paziente a casa aspettando che guarisse da solo è stato perdente. Purtroppo, in questi nove mesi nessuno ha cambiato nulla, neppure le linee guida dell’Ordine e del FNOMCeO.

Quindi ci sono delle linee guida?
Sono piuttosto dei consigli amichevoli. Qualche cosa si sta muovendo ora, ma la verità è che fino a due settimane fa non c’è stata nessuna idea di che cosa dare ai pazienti. Così come c’è stato un altro grande errore.

Quale?
Lo stop all’idrossiclorochina a luglio da parte dell’Aifa, il pasticcio dello studio di Lancet poi ritirato. Sospendere l’HCL e dire che l’antibiotico non serviva e che l’eparina andava usata solo coi malati anziani, lasciarci senza tamponi… tutto questo ha spuntato le armi di tanti medici che alla fine si son detti: ma noi che cosa ci stiamo a fare, allora? Aifa ha detto che cosa non si doveva fare, non che cosa si doveva fare.

Invece voi avete scelto una strada diversa…
La chat è nata per condivisione. Si chiama Medici in prima linea. Credo che sia la prima volta che si crea una sinergia di questo tipo. Abbiamo caricato 3000 link di documenti su tutto quello che riguarda il Covid. È una rete di colleghi che da soli non sarebbero venuti a capo di questo caos.

L’unione fa la forza, ma qual è il vantaggio concreto nella cura?
Duplice: quando viene posto un quesito nella chat, il tempo di risposta è di 5 minuti. Mettiamo insieme l’esperienza delle persone, ci scambiamo pareri, esami di laboratorio, immagini radiologiche e ci abbiamo un feed back in poco tempo. Il covid si cura con una diagnosi e oggi questo ci manca.

Ma come si fa senza l’ecografo portatile?
La polmonite si diagnostica con un fonendoscopio, è chiaro che bisogna andare dai pazienti ben attrezzati e non esporre i medici con età sopra una certa soglia.

Torniamo all’idrossiclorochina…
La utilizziamo dal 23 marzo. Il nostro gruppo ha creato un protocollo quando AIFA la consentiva, siamo partiti utilizzando questo schema terapeutico: HCL + eparina e azitromicina. È stato un buon cocktail che non ha portato a ricoveri.

Dei benefici dell’HCL in fase precoce abbiamo scritto, però come la mettiamo con lo stop dell’Aifa?
La determina dell’AIFA stabilisce che non è autorizzata a spese del sistema sanitario per l’uso del covid, questo espone il singolo medico al rischio.

È un rischio calcolato o un azzardo?
Guardi, effetti indesiderati gravi non ce ne sono mai stati, ma stante questa determina faccio firmare un consenso informato al paziente per l'utilizzo off label.

Gli studi che l’avevano fermata parlavano di effetti collaterali sul sistema cardiovascolare.
Infatti ai nostri pazienti cardiopatici non la prescriviamo, ma è più per precauzione che per altro.

Si sente di essere in un territorio inesplorato?
Beh, è legato al fatto che nessuno ha potuto fare uno studio vero randomizzato su pazienti non ospedalizzati.

Perché è così difficile farlo?

Gli studi randomizzati prevedono una stratificazione dei pazienti, sono richiesti parametri e requisiti che in una fase pandemica sono irrealizzabili. Un’azienda ci metterebbe dieci anni a effettuare uno studio randomizzato sul territorio.

Ma l’idrossiclorochina è conosciuta…
Proprio perché è conosciuta non conviene investire in ulteriori studi. Aggiungiamo poi che c’è anche una strumentalizzazione politica, sull’onda dell’endorsement di Trump, di un problema che doveva rimanere in ambito scientifico.

Eppure, qualche studio c’è…
Sì, ma gli studi retrospettivi che sono già tanti e hanno dimostrato la superiorità dell’HCL nella cura precoce, non vengono considerati delle prove valide dal punto di vista scientifico e questo è lo scoglio dove tutti vanno a sbattere.

La vostra esperienza invece dice che l’idrossiclorochina è un farmaco eccellente?
Ci sono stati tanti medici che non si sono mai parlati tra di loro e che hanno avuto tutti gli stessi risultati. Per dire che non sono decisivi bisognerebbe dimostrare che ci siamo messi d’accordo e ci siamo scelti tutti gli stessi pazienti che sapevamo sarebbero guariti da soli. La verità è che bisogna accettare di approcciarsi in un altro modo. I migliori studi randomizzati riportano i risultati di 300 pazienti al massimo. Bene, solo nella nostra chat ci sono già più casi di guarigioni. Io ora ho tre pazienti in cura che visito a casa.

Eppure, ci sono due ostacoli che non si vogliono superare: il covid si cura con i farmaci, non con il lockdown e gli ospedali vanno svuotati subito.

Curare gli ammalati a domicilio costa un decimo rispetto a un letto d’ospedale, c’è un errore di strategia: quando devi combattere un nemico numeroso, non puoi usare solo i quattro cannoni delle retrovie, hai bisogno della fanteria d’assalto. Allo stesso modo se una malattia colpisce milioni di persone hai bisogno di migliaia di medici sul territorio che la intercettino. Se punti tutto sui medici delle rianimazioni hai già perso la battaglia perché in terapia intensiva non si cura più il covid, ma le sue degenerazioni spesso letali.

Durante la Prima Guerra Mondiale la nostra fanteria non aveva neanche gli scarponi…
Sarebbe sufficiente dire: “Vi proteggiamo come quelli dell’ospedale”, le tute bianche ad esempio noi non le abbiamo mai avute.

In Piemonte ora lo fanno grazie ad un accordo sindacale. 

L’unica fornitura seria ci è arrivata dieci giorni fa, siamo in ritardo nella cura a domicilio. 

Voi siete un’avanguardia. Quanti sono a suo parere i medici che vanno a casa a curare il covid?

Credo che non arrivino al 10%.

Così pochi?
Gliel’ho detto: siamo indietrissimo, colpa della narrazione di questa malattia come ospedaliera. Sarebbe bastato spiegare ai medici come visitare in sicurezza e con quali terapie. Non ci troveremmo in questa situazione. Ma adesso bisogna fare presto.

Che cosa pensa di alcuni protocolli che prescrivono in fase iniziale solo Tachipirina e osservazione e attesa come quello del Sacco di Milano del professor Galli?

È un protocollo che gira da tanto tempo: non capiamo da dove derivi, ma il paracetamolo ha un effetto negativo perché consuma glutatione, una sostanza antiossidante che serve per frenare l’iperossidazione negli stati infiammatori. In più, utilizzare solo il paracetamolo in questo patologia nasconde la curva termica e porta a problemi come l’ingresso nel secondo stadio, quello della polmonite, senza quasi accorgersene.

Oggi un paziente potrebbe chiedere al proprio medico curante di valutare insieme la strada dell’idrossiclorochina?
Mi sento di dire di sì anche se comprendo i colleghi che non vogliono rischiare.

Aifa non ascolta, però. Servirà una via politica.

La politica deve aiutare a facilitare le relazioni tra i medici e gli enti regolatori, questa è una battaglia di tipo culturale-scientifico-medico, non politico. 

Dovrete scontrarvi contro dei colossi…
Sì, ma non è una strada impercorribile. Ricordo che fu una giovane dottoressa a impedire alla FDA di rendere disponibile la talidomide per le donne in gravidanza. Tutti sottostimavano i rischi, una sola dottoressa si mise di traverso e fermò l’utilizzo di un farmaco dannoso. Il nostro scopo è l’opposto, cioè consentire un farmaco, ma il metodo è lo stesso.