Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Bernadette a cura di Ermes Dovico
PAKISTAN

Corte Suprema, unica speranza per salvare Huma dal rapitore

Udienza sconcertante per il caso di Huma Younus, 14enne cattolica rapita il 10 ottobre a Karachi dal musulmano Abdul Jabbar - il quale l’ha stuprata, convertita con la forza all’islam e poi obbligata a sposarlo. Il tribunale non ha riconosciuto la sua età, attribuendole 17 anni e dando la colpa ai genitori. La speranza è solo nella Corte Suprema

Libertà religiosa 20_03_2020
Huma Younus e i suoi documenti

Cinque mesi e nove giorni in attesa che un giudice finalmente riconosca la minore età di tua figlia, per poi scoprire che per la giustizia pachistana non cambia nulla.

Ieri mattina i genitori di Huma Younus, 14enne cattolica rapita il 10 ottobre scorso a Karachi dal musulmano Abdul Jabbar - il quale l’ha stuprata, convertita con la forza all’islam e poi obbligata a sposarlo – si sono presentati per la quarta volta di fronte ai giudici dell’Alta Corte del Sindh, gli stessi che nel febbraio scorso avevano asserito che il matrimonio della minore fosse valido in quanto Huma aveva già avuto il primo ciclo mestruale e dunque per la legge islamica poteva tranquillamente contrarre matrimonio anche in assenza del consenso dei suoi genitori. Totalmente ignorato il Sindh Child Marriage Restraint Act, una legge in vigore nel Sindh che vieta i matrimoni dei minorenni rendendo penalmente perseguibile il coniuge maggiorenne.

Anche stavolta la ragazza non era presente in aula, nonostante le ripetute richieste dei giudici. Tuttavia il poliziotto incaricato del caso, l’ambiguo Akhtar Hussain che più di una volta ha favorito il rapitore Jabbar, ha reso noto che era stato effettuato l’esame medico per attestare l’età di Huma. Sì perché nonostante i genitori avessero fornito sin da subito certificato di nascita e di battesimo ed una dichiarazione della scuola sui quali era riportata come data di nascita il 22 maggio 2005, la Corte ha ritenuto necessario un esame, dando di fatto credito a Jabbar il quale ha sempre sostenuto che la “moglie” fosse maggiorenne. Ebbene, dopo ben tre udienze in cui l’agente Hussain ha sempre affermato di non essere stato in grado di trovare Huma, finalmente è stato presentato il referto dell’esame osseo, secondo il quale l’adolescente cattolica avrebbe 17 anni.

Non proprio una bella notizia per i genitori, i quali tuttavia hanno gioito del fatto che almeno fosse stata riconosciuta la minore età della figlia. Salvo poi scoprire che di fatto non cambia nulla. Anzi. I giudici hanno persino bacchettato i genitori che avrebbero dovuto stare più attenti a loro figlia, senza permetterle di fuggire (perché per loro è ovviamente fuggita di sua spontanea volontà). Poi si sono limitati ad indire una nuova udienza per il 16 aprile. Tra l’altro anche in Pakistan i casi di coronavirus sono in aumento e vi è il serio rischio che tutte le udienze possano subire forti ritardi. Già è un miracolo che si sia tenuta quella di ieri. «I giudici perdono tempo in attesa che Huma diventi maggiorenne. Così potranno lasciarla nelle mani di Jabbar», ha ribadito la madre della ragazza dopo questa ennesima delusione. Ma nonostante tutto Younus Masih e la moglie Nagheena vanno avanti.

Loro sono fortunati rispetto ai genitori delle altre circa 1000 ragazze cristiane e indù che ogni anno in Pakistan vengono rapite, stuprate, convertite con la forza all’Islam e costrette al matrimonio. Perché possono contare sull’assistenza pro bono dell’avvocatessa cattolica Tabassum Yousaf e sul sostegno economico della Fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre, che si sta facendo carico delle spese legali e offre sussistenza alla famiglia.

«Continueremo a lottare e porteremo il caso dinanzi alla Corte Suprema se serve», ha dichiarato l’avvocatessa Yousaf. Dopo l’inefficacia dimostrata dai primi due gradi di giudizio, il massimo tribunale rappresenta l’unica speranza, non soltanto per Huma ma per tutte le ragazze o bambine che si trovano o si troveranno nella medesima condizione. Un precedente legale sarebbe fondamentale per i casi futuri.

Così come è fondamentale la pressione internazionale sulla vicenda. I giudici devono sapere che il mondo li sta guardando. Ma purtroppo nulla per ora ci assicura che Huma potrà mai far ritorno a casa. Il fatto che, pur essendo stata provata la minore età di Huma, non sia scattato immediatamente un mandato d’arresto per Jabbar, come imporrebbe invece il Child Marriage Restraint Act, non lascia troppo ben sperare.

Troppe le incognite in un sistema in cui i poliziotti – se non i giudici stessi – sono corrotti o comunque parteggiano per chi ha condotto una giovane ragazza alla “vera” religione. Inoltre in primo e in secondo grado i giudici difficilmente hanno la forza di opporsi alle pressioni dei fanatici.

Se c’è una salvezza per Huma, questa potrà venire soltanto dalla Corte Suprema. La stessa che ha salvato Asia Bibi.