Corsa al Quirinale, ipocrisie e trasformismi
Nella corsa alle candidature per scegliere il prossimo inquilino del Colle, tutte le correnti interne al Pd che vogliono far naufragare il patto del Nazareno (Renzi-Berlusconi) cambiano continuamente le carte in tavola sulle loro proposte pur di sabotare Renzi. Dietro alle manovre degli anti-Nazareno c'è Prodi.
Ipocrisia all’ennesima potenza, giravolte degne del peggior trasformismo della Prima Repubblica. Osservando i comportamenti delle ultime settimane dei cosiddetti dissidenti Pd, verrebbe voglia di rileggere le dichiarazioni che Fassina, Cuperlo, Bersani e altri esponenti della “ditta” pronunciavano meno di un anno fa a proposito della legge elettorale, delle preferenze e del premio alla lista.
Si tratta di parlamentari che hanno accompagnato alla porta Enrico Letta per sostituirlo a Palazzo Chigi con Matteo Renzi; si tratta di uomini di partito che hanno perso le primarie, stravinte da Renzi, e ora temono di essere spazzati definitivamente via da quest’ultimo. Non possono permettersi una scissione, che per loro sarebbe rovinosa e dagli esiti incerti. Bersani l’ha capito e frena, cercando di addomesticare il dissenso e di impedire che esso degeneri. Ma le piroette compiute dai ribelli dem in materia di legge elettorale tradiscono le loro vere intenzioni: far fallire il Patto del Nazareno, affossare le riforme, silurare l’ennesimo inquilino Pd di Palazzo Chigi, riappropriarsi del partito. Scenario, al momento, illusorio, considerati i numeri.
Le correnti Pd sono alquanto frammentate e composite. Sono unite solo dall’antirenzismo e assillate da due preoccupazioni: non andare alle urne subito, perché il premier in questo momento potrebbe imporre i capilista e riempire le liste di uomini di sua fiducia mettendo all’angolo gli avversari interni; contribuire all’elezione del Presidente della Repubblica per evitare di restare completamente fuori dai giochi.
Dietro queste trame dei cosiddetti “Non Nazareni” c’è sicuramente Romano Prodi, che non ha ancora abbandonato il sogno di succedere a Napolitano e che potrebbe essere, già alla prima votazione, il candidato di un vasto schieramento di forze alternative all’asse Renzi-Berlusconi: Sel, civatiani e altri dissidenti Pd, grillini, ex grillini, fittiani e dissidenti di Forza Italia, parte dei centristi.
In questo momento chi si oppone all’intesa tra l’ex sindaco di Firenze e l’ex Cavaliere intende contarsi e dimostrare che questo fronte alternativo può contare in Parlamento su almeno duecento voti. Se alla prima votazione questo bottino dovesse convergere su Prodi, le cose si ingarbuglierebbero perché Renzi a quel punto dovrebbe assumersi l’onere di bocciare un candidato proposto dal suo stesso partito e da gran parte della sinistra e di privilegiare un candidato considerato espressione della “casta”, come Giuliano Amato, ricordato dagli italiani soprattutto per i prelievi sui conti correnti e per il cumulo delle sue pensioni. Sarebbe la conferma del sospetto lanciato due giorni fa da Fassina, e cioè che dietro i 101 franchi tiratori che 21 mesi fa impallinarono l’ex Presidente dell’Unione Europea nella corsa al Quirinale ci fosse proprio l’attuale premier. Ecco perché Renzi, Berlusconi e Alfano, che sono certi di poter far eleggere un loro candidato alla quarta votazione, eviteranno di bruciarne il nome e proporranno nelle prime votazioni candidati di bandiera come Antonio Martino.
E’ certo che le vicende europee influenzeranno la scelta del nuovo inquilino del Colle. L’immissione di liquidità decisa nei giorni scorsi da Mario Draghi è destinata a rianimare le economie dei singoli Stati europei, a patto che in realtà come l’Italia il processo di riforma delle istituzioni proceda speditamente. Il prossimo Presidente della Repubblica italiana dovrà quindi essere un convinto europeista e un tenace difensore della moneta unica, senza tentennamenti e con piena autorevolezza, in piena sintonia con il governo in carica ma non appiattito su di esso e quindi in grado di raccogliere consensi bipartisan. Dovrà altresì essere stimato dagli Usa, ma soprattutto gradito agli italiani, in un momento in cui l’antipolitica è dilagante e potrebbe risultare azzardato puntare su “vecchi arnesi”. Prodi e Amato sono avvisati. Peraltro Renzi non può permettersi di eleggere un Presidente divisivo e che produca spaccature insanabili nel suo partito, ma non vuole neppure privarsi della sponda berlusconiana per condurre in porto le riforme. Ci vorrà, dunque, un candidato il più possibile neutrale, ecumenico e non troppo etichettato. Che, con ogni probabilità, non è ancora venuto fuori, o che fa gli scongiuri quando qualcuno prova a tirarlo in ballo.