Corredentrice e Mediatrice, una Nota stonata e disonesta
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A suscitare dubbi nei fedeli non sono certi titoli mariani bollati come "sconvenienti" dal Dicastero per la Dottrina della Fede, bensì un documento che seleziona e omette a fantasia dello chef, anzi del prefetto.
- Dossier su Maria Corredentrice
La Nota dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede Mater populi fidelis appare viziata fin dal principio, allorché il Prefetto del Dicastero, il cardinale Fernández, rende nota, nella presentazione, la ragione per cui si è deciso di dedicare un documento ad alcuni titoli mariani: «esistono alcuni gruppi di riflessione mariana, pubblicazioni, nuove forme di devozione e richieste di dogmi mariani che non presentano le stesse caratteristiche della devozione popolare ma che, in definitiva, propongono un determinato sviluppo dogmatico e si esprimono intensamente attraverso le piattaforme mediatiche, risvegliando, con frequenza, dubbi nei fedeli più semplici».
Che non meglio precisati «fedeli più semplici» siano assaliti da dubbi all’udire il titolo di Maria corredentrice e mediatrice di tutte le grazie è qualcosa che esiste solo nella mente di chi ha concepito la Nota. Perché se c’è qualcosa da cui sono stati turbati i fedeli è l’affermazione della sostanziale inappropriatezza del titolo di corredentrice. Non era difficile immaginare che squalificare un titolo che è stato utilizzato ripetutamente da vescovi e pontefici e che è presente nei libri di preghiera e di devozione utilizzati comunemente da quel popolo la cui pietà si dice di voler tutelare, avrebbe comportato ben più dubbi e disorientamento che non il titolo stesso. Perché alla gran parte delle persone è arrivato il messaggio che il Papa attuale ha approvato un documento che afferma che Maria non è corredentrice, mentre san Giovanni Paolo II, padre Pio, san Massimiliano Kolbe, il beato cardinal Schuster, san Pio X, santa Edith Stein, suor Lucia di Fatima, madre Teresa di Calcutta (solo per dirne alcuni) la definivano tale.
Se c’è qualcuno che può essere turbato da questi titoli, costui non proviene certamente dal popolo devoto, ma semmai dal mondo degli “esperti” in teologia, piuttosto avvezzi ad irritarsi quando un titolo o un termine teologico non si trovano esplicitamente nelle Scritture, quando qualcuno osa avere in mano la corona del Rosario durante la Messa (o anche al di fuori…), quando qualche incauto dice di aver letto il capitolo 60 del profeta Isaia, dimenticandosi che quello è il “Trito-Isaia”, quasi fosse una specie di soffritto… Appare piuttosto disonesto rifugiarsi dietro «i fedeli più semplici», proprio nel momento in cui non si ha alcuna remora di disorientarli, facendo loro credere che, contrordine compagni, la Madonna era corredentrice fino al 3 novembre 2025, mentre ora non lo è più.
Altro dubbio sull’onestà della Nota. Un documento che intende fare il punto sui titoli mariani relativi alla cooperazione di Maria SS. all’opera della salvezza non può esentarsi dal presentare una nutrita sezione dedicata precisamente allo sviluppo di questo tema nel Magistero dei pontefici e nel pensiero teologico. Eppure, il Prefetto e il Segretario non sembrano preoccuparsi troppo del fatto che questo principio fondamentale (e ovvio) sia stato ignorato, con l’aggravante di dedicare invece molto spazio ai più recenti interventi negativi di papa Francesco.
Nella scelta di citare il cardinale Ratzinger, tale disonestà diventa ancora più evidente. Si è mai visto che in una Nota dottrinale si riporti come argomento “di peso” l’opinione personale di un Cardinale, rilasciata in un libro intervista, mentre si trascura un intero magistero, come quello di Giovanni Paolo II, che ha corroborato l’insegnamento della Chiesa sulla corredenzione mariana? Quanto al parere di Ratzinger in qualità di prefetto, apprendiamo – e sarebbe utile che Fernández rendesse disponibile l’intero Verbale della Feria IV del 21 febbraio 1996 – che egli era contrario non al titolo, ma alla definizione di un dogma; che non è la stessa cosa. Le Litanie lauretane contengono numerosi titoli mariani che non rientrano in alcuna definizione dogmatica, ma che non per questo non sono veri e legittimi.
Il cardinale Fernández, in effetti, non poteva far altro che omettere l’insegnamento dei pontefici, perché se l’avesse riportato avrebbe dovuto ammettere che la corredenzione di Maria e la sua mediazione di tutte le grazie sono qualificabili, come minimo, come dottrina comune. Benedetto XV, per esempio, nella lettera Inter sodalicia (22 marzo 1918), riconobbe come «comune insegnamento dei Dottori» che la partecipazione della Madonna alle sofferenze del Figlio fondano a ragione l’affermazione che «ella, insieme con Cristo, ha redento il genere umano».
Ancora più imbarazzante sarebbe stato presentare, anche solo a mo’ di sintesi, l’insegnamento di Giovanni Paolo II; il quale ebbe modo sia di spiegare ampiamente «il ruolo corredentore di Maria» (31 gennaio 1985), che di impiegare il titolo di “corredentrice” per più volte. È piuttosto curioso che, nella nota 36 del documento del Dicastero, si abbia premura di affermare che «dopo la Feria IV, dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede, del 21 febbraio del 1996, San Giovanni Paolo II non impiegherà più il titolo di Corredentrice»; ma ci si dimentichi di ricordare che, poco più di un anno dopo, il 9 aprile 1997, Giovanni Paolo II tornò nuovamente sulla cooperazione di Maria all’opera della salvezza, dicendo: «Qualcuno ha temuto che si volesse porre Maria sullo stesso piano di Cristo. In realtà l’insegnamento della Chiesa sottolinea con chiarezza la differenza tra la Madre e il Figlio nell’opera della salvezza, illustrando la subordinazione della Vergine, in quanto cooperatrice, all’unico Redentore» (corsivo nostro). In uno studio che intende fare il punto sulla questione, è semplicemente impossibile che i redattori non siano stati a conoscenza di questo passo, che, coincidenze della vita, smonta alla radice tutta la preoccupazione della Nota che il titolo di corredentrice possa «oscurare il ruolo esclusivo di Gesù Cristo» (§ 22)…
Nella stessa occasione, dunque dopo la “mitica” Feria IV, Giovanni Paolo II tornò a ribadire la dottrina di fondo della corredenzione mariana; a differenza della collaborazione di tutti i cristiani alla salvezza, «il concorso di Maria […] si estende alla totalità dell’opera salvifica di Cristo. Solamente Lei è associata in questo modo all’offerta redentrice che ha meritato la salvezza di tutti gli uomini. In unione con Cristo e sottomessa a Lui, Ella ha collaborato per ottenere la grazia della salvezza all’intera umanità» (corsivi nostri). Proprio la dottrina della corredenzione di Maria, ma il Dicastero si è scordato di riportarla.
Altro segnale di poca onestà è la liquidazione dell’insegnamento di Lumen Gentium. La Nota afferma che «il Concilio Vaticano II evitò di impiegare il titolo di Corredentrice per ragioni dogmatiche, pastorali ed ecumeniche» (§ 18). Si scordano però due verità importanti. La prima e più fondamentale sta nel fatto che proprio il capitolo ottavo di LG esprime a livello del Magistero solenne la cooperazione attiva di Maria SS. alla salvezza di tutti gli uomini, il suo servizio all’opera della redenzione «sotto di Lui [Cristo] e con Lui» (§ 56), «associandosi con animo materno al sacrificio di Lui» (§ 58), fino all’asserzione che ella «cooperò in modo tutto speciale all’opera del salvatore […] per restaurare la vita soprannaturale delle anime» (§ 61).
La seconda verità che i redattori della Nota dimenticano di riportare è che i padri conciliari decisero sì di omettere il titolo di corredentrice del genere umano, ma si riconobbe nel contempo la verità dell’espressione Corredemptrix humani generis: «Sono state omesse alcune espressioni e vocaboli usati dai Sommi Pontefici che, pur essendo in sé verissimi, potrebbero essere solo difficilmente comprensibili ai fratelli separati (in questo caso i protestanti)». Il titolo di “corredentrice” è dunque riconosciuto «in sé verissimo» e non «inappropriato» e «sconveniente», come invece afferma la Nota. Tra l’altro, l’unica ragione di questa scelta (più o meno condivisibile, poco importa) è quella ecumenica, mentre invece la Nota vi aggiunge arbitrariamente anche «ragioni dogmatiche, pastorali».
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