Corpus Domini
I tanti miracoli eucaristici aiutano a ricordare la grandezza del mistero che la solennità del Corpus Domini onora in modo speciale. È il mistero dell’Eucaristia, il cuore della nostra fede e il sacramento dei sacramenti istituito da Gesù nell’Ultima Cena, come cibo e bevanda di salvezza
«Come avete fatto a estrarre da una persona un pezzo di cuore vivente?», è la domanda che pose nel 2005 Frederick Zugibe (1928-2013), esperto di medicina legale e docente alla Columbia University, dopo aver analizzato un frammento di Ostia consacrata, che nel 1996 si era tramutata in carne sanguinante nella parrocchia di Santa Maria, a Buenos Aires. Il professor Zugibe aveva ricevuto un campione della Sacra Particola, ma senza che gli fosse rivelato di cosa si trattasse. Ad anni di distanza le analisi, condotte in precedenza da altri scienziati e sempre con gli stessi esiti, mostravano che quel campione era in tutto e per tutto un frammento vitale di cuore umano. In particolare si manifestava la presenza di globuli bianchi intatti e gruppo sanguigno AB, lo stesso riscontrato dalle ricognizioni (l’ultima delle quali svolta negli anni Settanta del XX secolo) sulle reliquie del miracolo eucaristico di Lanciano, avvenuto nell’VIII secolo.
Questi fatti aiutano a ricordare la grandezza del mistero che la solennità del Corpus Domini onora in modo speciale. È il mistero dell’Eucaristia, il cuore della nostra fede e il sacramento dei sacramenti istituito da Gesù nell’Ultima Cena, come cibo e bevanda di salvezza. Sono proprio le parole solenni di Nostro Signore, scolpite in tutti e quattro i Vangeli e trasmesse pure da san Paolo (Mt 26, 26-29; Mc 14, 22-25; Lc 22, 19-20; Gv 6, 53-58; 1 Cor 11, 23-29), a non lasciare dubbi sulla sua presenza reale nell’Eucaristia. A questo miracolo, che attualizza il sacrificio di Cristo ogni volta che viene celebrata una Messa, la Chiesa ha dato il nome di transustanziazione, per esprimere quanto avviene all’atto della consacrazione: le specie del pane e del vino, pur mantenendo inalterate le loro caratteristiche sensibili, si convertono interamente nel Corpo e Sangue di Gesù.
La solennità del Corpus Domini fu celebrata per la prima volta nel 1247 nella diocesi di Liegi. Alla sua origine vi furono le esortazioni di santa Giuliana di Cornillon (c. 1192-1258), una monaca agostiniana che intorno ai 16 anni ebbe una prima visione, poi ripetutasi altre volte, mentre adorava il Santissimo Sacramento. Giuliana vide una luna nel suo pieno splendore, simboleggiante la Chiesa pellegrina sulla terra, attraversata da una striscia scura, a indicare la mancanza di una festa. Come le spiegò poi lo stesso Gesù, la festa sarebbe servita per accrescere la fede e riparare le offese al Santissimo Sacramento. Per diversi anni la santa non parlò a nessuno di queste rivelazioni. Si decise poi a rivolgersi ad alcuni dei maggiori teologi ed ecclesiastici dell’epoca (tra cui l’arcidiacono di Liegi, Jacques Pantaléon, futuro Urbano IV), esortandoli a istituire la festa, come farà per primo il vescovo di Liegi, Roberto di Thourotte.
Nel 1263 avvenne il celebre miracolo eucaristico di Bolsena. Un sacerdote boemo, Pietro da Praga, giunse in pellegrinaggio in Italia perché assalito dai dubbi sulla presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Questi dubbi svanirono solo dopo che ebbe celebrato Messa nella chiesa di Santa Cristina, a Bolsena: qui, al momento della consacrazione, l’Ostia iniziò a sanguinare sul corporale. Urbano IV, che si trovava nella vicina Orvieto, fece subito verificare l’accaduto. L’anno successivo lo stesso pontefice incaricò san Tommaso d’Aquino di scrivere l’ufficio liturgico del Corpus Domini, dando al Doctor Angelicus l’occasione di comporre sublimi inni eucaristici, come l’Adoro Te devote, il Pange Lingua, il Sacris Solemniis e il Verbum supernum prodiens. Inoltre, con la bolla Transiturus de hoc mundo (11 agosto 1264), estese la solennità a tutta la Chiesa, fissandola al primo giovedì dopo l’Ottava di Pentecoste.
Così scrisse Urbano IV nella bolla: «Sebbene l’Eucaristia ogni giorno venga solennemente celebrata, riteniamo giusto che almeno una volta l’anno se ne faccia più onorata e solenne memoria. Le altre cose di cui facciamo memoria, noi le afferriamo con lo spirito e con la mente, ma non otteniamo per questo la loro reale presenza. Invece, in questa sacramentale commemorazione del Cristo, anche se sotto altra forma, Gesù Cristo è presente con noi nella propria sostanza. Mentre stava infatti per ascendere al cielo disse: Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo».
Per questo il beato Carlo Acutis (1991-2006) chiamava l’Eucaristia «la mia autostrada per il Cielo». E, sapendo di poter adorare Gesù in qualsiasi momento nel silenzio del tabernacolo, insegnava che siamo più fortunati delle persone vissute duemila anni fa in Terrasanta, perché loro dovevano continuamente spostarsi per seguirlo, mentre noi no, perché «Gerusalemme ce l’abbiamo sotto casa».
Per saperne di più:
Mostra sui miracoli eucaristici, allestita da Carlo Acutis
Il ritorno dei miracoli eucaristici, inchiesta del Timone, giugno 2016