Contro Woelki i media, i vescovi e ora anche la polizia
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Il cardinale di Colonia non subisce solo il fuoco "amico" dei confratelli per il mancato allineamento al Synodaler Weg. Ora anche gli inquirenti, che lo sospettano di falsa testimonianza. Il tutto sotto lo sguardo delle telecamere.
«Potrebbe essere il primo giorno della fine di Woelki». Queste parole, pronunciate dall'inviato della televisione pubblica della Renania Settentrionale-Vestfalia, raccontano bene il clima instaurato attorno al cardinale che Francesco volle come successore di Joachim Meisner.
Woelki è sotto attacco da quasi tre anni, da quando cioè decise di bloccare con l'accusa di carenze metodologiche la pubblicazione di un'indagine sui casi di abusi nell'arcidiocesi di Colonia inizialmente commissionata ad uno studio legale di Monaco, salvo poi rendere noto più tardi i risultati di un nuovo report commissionato ad un altro team di avvocati. Dopo l'assalto dei media e quello dei confratelli vescovi a lui ostili per motivi ideologici, ieri è arrivata la giustizia tedesca a complicare la situazione del prelato: in mattinata, infatti, la polizia si è presentata ai cancelli dell'arcivescovado per una perquisizione disposta dalla procura di Colonia nell'ambito di un'indagine per falsa testimonianza contro Woelki.
C'era una telecamera ad immortalare il momento dell'ingresso degli inquirenti nell'edificio. Ad aprire i cancelli è stato proprio l'arcivescovo, in camicia, poi ripreso nel cortile a consultarsi con qualcuno al telefono. Non è mancata, poi, la conferenza stampa del procuratore Ulf Willuhn che ha confermato che le perquisizioni sono legate all'indagine penale sul cardinale avviata in relazione a dichiarazioni fatte sotto giuramento al tribunale distrettuale di Colonia. L'arcivescovo è sospettato di aver mentito davanti all'autorità competente sul periodo in cui sarebbe venuto a conoscenza delle segnalazioni sui presunti abusi ai danni di vulnerabili commessi da un sacerdote dell'arcidiocesi.
Ieri mattina, oltre che in arcivescovado, gli inquirenti tedeschi sono piombati in altri cinque locali diocesani, tra Colonia, Kassel e Lohfelden in cerca di una lettera che il cardinale avrebbe mandato nel 2018 al cardinale prefetto dell'allora Congregazione per la Dottrina della Fede e che dimostrerebbe come le accuse contro il prete gli fossero già note prima del giugno 2022, data in cui l'alto prelato aveva collocato la scoperta del fascicolo nella testimonianza in tribunale.
Il tintinnio di manette sulla porpora di Woelki sembra aver galvanizzato i suoi numerosi nemici che sono tornati a chiederne la rinuncia all'incarico. Il loro auspicio è che il Papa, di fronte al clamore mediatico provocato dalle perquisizioni di ieri, si decida ad accettare le dimissioni dell'arcivescovo già firmate lo scorso marzo e fino ad oggi non accettate. Ma nemmeno rifiutate. Qualora venisse accertata la sua colpevolezza, Woelki rischierebbe fino ad un anno di reclusione per violazione dell'articolo 156 del codice penale tedesco.
Dopo l'arresto del cardinale George Pell, costretto a trascorrere 444 giorni da innocente in un penitenziario di massima sicurezza in Australia, vedere un altro principe della Chiesa sbattuto dietro alle sbarre in circostanze dubbie e con la presenza pressante delle telecamere stupirebbe ben poco. Magari non mancherebbero gli applausi degli altri vescovi tedeschi che in questi anni hanno dato prova della loro ostilità nei confronti di Woelki per le sue resistenze al processo del cammino sinodale.
Una prospettiva che fa tornare alla mente la drammatica profezia del cardinale Francis Eugene George, ex arcivescovo di Chicago: «io mi aspetto di morire in un letto, ma il mio successore morirà in prigione e il suo successore morirà martire in una piazza pubblica». E dalla morte di George, avvenuta nel letto della sua residenza in arcidiocesi, sono passati otto anni.