Contraccezione, nello scontro tra gesuiti perde la Civiltà cattolica
Un libro di padre Pierre de Charentenay difende le legislazioni che promuovono i contraccettivi. La pronta risposta di padre Jospeh Fessio, fondatore della Ignatius Press, viene ridicolizzata dal direttore della Civiltà cattolica. Ma padre Fessio, che si rifà a una lunga tradizione da S. Agostino a Giovanni Paolo II, ha perfettamente ragione.
In occasione del recente viaggio del Papa nelle Filippine il portavoce della sala stampa vaticana, il gesuita padre Lombardi, ha invitato i giornalisti a leggersi il libro recentemente pubblicato da un altro gesuita, il francese Pierre de Charentenay, incluso tra i collaboratori della Civiltà Cattolica dal direttore padre Antonio Spadaro, anch'egli gesuita, che si è premurato di segnalare il medesimo testo via tweetter.
In un estratto del libro riportato da Sandro Magister nel suo blog si legge che l'autore plaude al presidente filippino battezzato nel rito cattolico Noynoy Aquino per avere tirato fuori dal cassetto e fatto approvare il Responsible Parenthood and Reproductive Health Act. Si tratta della legge sulla salute riproduttiva che garantisce l'accesso universale alla contraccezione e all'educazione sessuale a partire dai dieci anni ed obbliga le aziende con più di 200 dipendenti ad assicurare loro preservativi, pillole e spirali direttamente nelle infermerie aziendali, mentre le aziende più piccole dovranno convenzionarsi con le strutture sanitarie.
Mediante l'uso della particella avversativa padre Charentenay ha accostato l'opposizione alla legge da parte della conferenza episcopale filippina alle indicazioni fornite da Papa Francesco su quelle che considera le priorità del Suo ministero, lasciando così intendere che i vescovi filippini si siano discostati da esse "per ragioni di principio".
Gli argomenti a favore del varo della legge sulla contraccezione addotti da padre Charentenay sono cinque:
1. L'opposizione alla contraccezione è principalmente motivata dalla fede cattolica.
2. È necessario separare morale e legge, scindere l'argomento religioso dal ragionamento politico in un contesto caratterizzato dalla pluralità di fedi e di idee; tale esigenza non sarebbe stata compresa dai vescovi filippini.
3. Il finanziamento pubblico, consentendo l'accesso ai contraccettivi anche alle fasce meno abbienti, ottempererebbe ad un principio di giustizia.
4. La diffusione della contraccezione consentirebbe di "combattere" l'aborto.
5. Diffondere contraccettivi promuoverebbe la qualità di vita delle fasce più povere riducendo la natalità.
Leggere queste argomentazioni da parte di un funzionario dell'UNFPA, o di qualche dirigente di Population Council, Planned Parenthood, Guttmacher Institute o qualsiasi ente promotore della cosiddetta "salute" riproduttiva non stupirebbe affatto; leggerlo cinquant'anni fa sarebbe in qualche modo scusabile, ma vederlo scritto nel 2015 da un gesuita chiamato a collaborare con una rivista che ha potuto vantare una storia gloriosa di cultura e fedeltà teologica al Magistero lascia basiti.
Vediamo di rispondere nello stesso ordine.
1. L'argomento a sostegno della contraccezione come male non è affatto religioso. Se così fosse come poteva nel 1970 il filosofo marxista Max Horkheimer scrivere che la pillola avrebbe portato "alla morte dell'amore"? Come avrebbe potuto il futuro San Giovanni Paolo II svolgere nel 1969 sull'Osservatore Romano la difesa di Humanae vitae partendo dalla posizione ostile alla contraccezione del Mahatma Gandhi? Quella legge iscritta nel cuore dell'uomo da Dio con la creazione che anche un non cristiano come Cicerone riconosceva e che il beato Paolo VI richiamava in Humanae vitae (HV 11), è bastevole per potere comprendere il male della contraccezione.
2. È vero che è classica la dottrina che distingue la legge morale dalla legge civile, è vero che anche per S. Tommaso la legge non deve proibire tutti i vizi, ma solo i più gravi, ma che la contraccezione non sia un atto grave padre de Charentenay lo dovrebbe spiegare a S. Agostino che chiama "prostituta del marito" e "adultero della moglie" moglie e marito che utilizzano i contraccettivi; dovrebbe spiegarlo a S. Tommaso che li definisce "fornicatori"; lo spieghi a San Paolo, all'autore della Didaché, a San Clemente d'Alessandria, a San Giovanni Crisostomo, a S. Ambrogio, a San Girolamo. Lo spieghi a Papa Benedetto XV che inserì la proibizione nel Codice di diritto canonico e non si dimentichi di dirlo al beato Paolo VI e ai santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. E lo dovrebbe spiegare anche a tutti coloro che subiscono l'allungamento dell'età pensionabile e la crisi economica generata dall'inverno demografico. È esattamente lo stesso ragionamento erroneo di padre de Charentenay che in una riunione tenutasi nel 1984 mosse i gesuiti Joseph Fuchs e Richard McCormick, insieme al reverendo Charles Curran, a rassicurare la cattolica famiglia dei Kennedy che «un politico cattolico può in buona coscienza votare a favore dell’aborto» e che indusse il gesuita padre Robert Drinan, eletto deputato tra le file del Partito democratico, a sostenere la legalizzazione dell'aborto fino ad approvare il presidente Clinton nella sua difesa dell'aborto a nascita parziale. Non è un caso che le leggi e le sentenze a favore della contraccezione abbiano invariabilmente funzionato da apripista concettuale per le legislazioni abortiste. Negli USA, nazione leader mondiale della promozione dei diritti riproduttivi, il diritto di privacy usato dal giudice Blackmun nella sentenza abortista Roe v. Wade era stato anticipato dal giudice Douglas nella sentenza pro-contraccezione Griswold v. Connecticut.
3. Se quanto ho detto è vero, ed è vero, allora ho seria difficoltà ad accettare che diffondere il male rendendolo quanto più trasversalmente accessibile possa essere considerato un esercizio della virtù cardinale della giustizia. Ho il vago sospetto che si tratti invece di una collaborazione formale al male.
4. Riguardo alla presunta prevenzione dell'aborto realizzata dalla contraccezione, non so se il gesuita francese abbia preso in considerazione il particolare che le pillole contraccettive e le spirali che saranno distribuite con soldi pubblici dal governo delle Filippine abbiano tra i loro meccanismi d'azione quello d'impedire l'annidamento dell'embrione, cioè realizzano cripto-aborti non conteggiati, ma per questo non meno reali. Forse sfuggono i dati di Bajos in Francia, di Dueñas in Spagna, di Paton per il Regno Unito, del premio Nobel Akerlof negli Stati Uniti, tutti concordi nel dimostrare che la diffusione della contraccezione non è affatto un calmiere dell'aborto, ma semmai agisce da promoter. È sempre poco elegante e dispiace essere costretti a citarsi, ma se me ne sarà data l'opportunità sarò lieto di recapitare a padre Charentenay una copia de "I veleni della contraccezione", che offre sovrabbondanza di dati affinché possa riconsiderare quel suo giudizio.
5. Leggere infine la difesa di un provvedimento legislativo che dichiaratamente si rifà a stantie tesi neomalthusiane amareggia e sconcerta. Se avere pochi figli fosse il motore della ricchezza, allora l'Italia dovrebbe essere il paese col più alto tasso mondiale di Paperoni e Rockerduck. La fertilità totale delle Filippine è 3,2 figli per donna, un valore che se comprendiamo bene le parole pronunciate da Papa Francesco possiamo considerare una sorta di minimo sindacale della procreazione. Ad esempio lo studio dell'economista della Banca Mondiale Levine e del docente di Harvard Renelt pubblicato sull'American Economivc Review è stato condotto su ben 130 paesi per 30 anni dimostrando la relazione diretta tra crescita della popolazione e benessere. Lo studio dell'Università delle Filippine adottato dai sostenitori della legge era invece condotto su sole tre nazioni (Tailandia, Indonesia e Filippine) osservate per pochi anni. La previsione della Hong Kong and Shanghai Banking Corporation è che le Filippine diventeranno nel 2050 la sedicesima economia mondiale soprattutto grazie alla disponibilità di manodopera ed il Wall Street Journal ha segnalato nel 2012 che la politica antinatalista del governo rischia di mettere il paese in una trappola. Che ci sia un'associazione tra più alta natalità e maggiore povertà in una determinata area non significa affatto che la prima sia la causa della seconda e ancora meno che riducendo la natalità si otterrà un incremento della ricchezza materiale.
Termino con un'ultima considerazione. Una critica alle tesi di padre Charentenay è giunta da un altro membro della Compagnia di Gesù, padre Joseph Fessio, già allievo del Papa emerito, e fondatore della Ignatius Press, la più importante casa editrice cattolica anglosassone (leggi qui).
Le considerazioni di padre Fessio sono state stigmatizzate da Andrea Tornielli, il quale con pudore pari ad eleganza ha raccontato di avere reagito alla lettura della lettera di padre Fessio allo stesso modo di Fantozzi nel gustoso sketch della corazzata Potëmkin; e siccome forse il testo non pareva sufficiente, l'immagine di Fantozzi durante la dichiarazione liberatoria è stata inserita nel pezzo del vaticanista della Stampa. Il direttore della Civiltà Cattolica, padre Spadaro, ha commentato via Twitter il contenuto della lettera del confratello gesuita americano parlando di «tragica barzelletta».
Ma che cosa aveva scritto Padre Fessio per fare sì che nei suoi confronti la predicata Misericordia fosse messa un po' da parte? La tesi del fondatore del gesuita americano è questa: l'effetto della contraccezione è l'impedimento persino dell'esistenza di un'anima immortale pensata da Dio, mentre l'anima del bambino abortito, almeno potrà vivere in Dio. Padre Fessio faceva riferimento all'intenzione anti-life che la contraccezione condivide con l'aborto predisponendo ad esso, cosa evidenziata già da San Tommaso, dai neotomisti John Finnis, Germain Grisez, Joseph Boyle, William May, ma soprattutto da San Giovanni Paolo II in Evangelium vitae (EV 14).
In quello stesso passaggio il Papa polacco sviluppa il concetto che contraccezione e aborto ledono rispettivamente il bene della castità coniugale e della sacralità della vita umana innocente e per questo afferma che si tratta di mali con diverso peso morale. Padre Fessio invece, evidenziando il comune contenuto anti-life di aborto e contraccezione, sposta l'attenzione sulle conseguenze dell'azione facendo propria la stessa prospettiva consequenzialista e proporzionalista adottata da padre Charentenay, ma a differenza di questi la coglie in un'ottica estesa al soprannaturale per richiamare l'attenzione sulla gravità del male contraccettivo.
L'analogia richiamata da Tornielli con la celebre citazione di Benedetto XVI sul preservativo contenuta nell'ultimo libro intervista di Seewald, dove il pontefice analizzava l'applicazione del principio di tolleranza di un male morale restringendola all'atto sodomitico di un prostituto, non può valere per un atto di governo di promozione del male. È ancora una volta il beato Paolo VI a chiarire in Humanae vitae la proibizione del commettere il male minore (HV 14) ricordando l'insegnamento di San Paolo nella lettera ai Romani (Rm 3, 8).
Si tenga presente che il decreto "Si aliquis", in vigore dal 1234 al 1917, prescriveva che la persona che avesse volontariamente impiegato la contraccezione fosse "trattato come un omicida". Ciò non significava che la contraccezione fosse un omicidio, ma che l'intenzione anti-life sottesa realizzasse un effetto peccaminoso simile e altrettanto grave. Quel decreto fu incorporato nel Catechismo romano approvato dai padri conciliari di Trento. S. Agostino nel De nuptiis et concupiscientia esprime perfettamente il punto segnalato da padre Fessio quando scrive che la "voluttuosa crudeltà" contraccettiva fa sì che i coniugi vogliano "che il proprio figlio perisca prima di vivere".