Conte suona il gong: governo in panne all'ultimo round
L’ultimatum era nell’aria: il premier evoca le dimissioni. Salvini e Di Maio ora sono davanti a un bivio. Dovranno valutare se sia più utile prolungare la vita del governo, oppure se valga la pena di far saltare il tavolo e di misurarsi in una nuova competizione elettorale.
L’ultimatum era nell’aria ed è arrivato. Il premier non intende farsi cuocere a fuoco lento da due alleati sempre più rissosi e nell’attesa conferenza stampa di ieri evoca le dimissioni e, rivolgendosi agli italiani, dice chiaramente di non voler vivacchiare e di essere pronto a dimettersi.
Giuseppe Conte ha perso la pazienza e ha voluto mettere i puntini sulle “i”, parlando dalla sala dei galeoni a Palazzo Chigi. E’ stufo della perenne campagna elettorale di Lega e Cinque Stelle, che sembrano badare più al loro tornaconto in termini di voti che non al futuro di un Paese a rischio spread e speculazioni. E sulle regole europee l’”avvocato del popolo” ha chiarito che vanno rispettate finchè non saranno cambiate. Ha ricordato che per evitare procedure d'infrazione da parte dell'Unione europea serve coesione. E ha avvertito: «Una procedura ci farebbe molto male». Dunque nessuna sfida a Bruxelles. Occorre fare una manovra concordata con i vertici europei, rispettando le regole.
Dalle due forze di maggioranza Conte attende «una risposta chiara e rapida», pur non indicando una scadenza precisa. Alla vigilia della conferenza stampa di ieri si era parlato di otto giorni, mentre nelle sue parole non c’è stata una scadenza precisa, nonostante i toni perentori. «Il mio motto è sobri nelle parole e operosi nelle azioni –ha detto il Presidente del Consiglio - Ma se continuiamo nelle provocazioni per mezzo di veline quotidiane, nelle freddure a mezzo social, non possiamo lavorare. I perenni costanti conflitti comunicativi pregiudicano la concentrazione sul lavoro». Se dunque Matteo Salvini e Luigi Di Maio non diranno chiaro e tondo che vogliono andare avanti e proseguire nell’azione di governo e se, soprattutto, alle loro parole non seguiranno “atti conseguenti”, Giuseppe Conte rassegnerà le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica.
Si sentirebbe, infatti, delegittimato e senza più il sostegno dei due partiti di governo. Non ha potuto dare garanzie sulla durata del governo, ma ne ha elogiato l’operato: «In questo anno abbiamo realizzato misure per rispondere soprattutto alle esigenze sociali dei cittadini, da quota cento al reddito di cittadinanza». Ha detto che è stata rafforzata anche la sicurezza, anche se bisogna fare di più - ha precisato - sul piano dei rimpatri degli irregolari. A molti questa frase è apparsa una critica al Ministro dell’Interno. Così come è apparso uno stop ai progetti salviniani anche l’avvertimento sull’autonomia delle Regioni, «che – ha puntualizzato il premier - non deve aggravare il divario nord-sud».
Poi ha difeso il contratto e i suoi elementi qualificanti: «Il decreto legge Sblocca cantieri e quello Crescita costituiscono due passaggi determinanti del contratto del governo. Siamo fortemente orientati a rafforzare il piano di investimenti e stiamo lavorando per ammodernare le infrastrutture per l’ammodernamento delle opere pubbliche».
E ha quindi esortato Lega e Cinque Stelle ad abbandonare l’atteggiamento di contrapposizione permamente che ha caratterizzato la loro attività politica degli ultimi mesi: «I provvedimenti che il governo deve mettere in campo richiedono visione, coraggio, tempo, impongono di uscire dalla dimensione della campagna elettorale e entrare in una visione strategica e lungimirante, diversa dal collezionare like nella moderna agorà digitale. Purtroppo il clima elettorale non si è ancora spento, è un clima che non giova all’azione di governo».
La replica del Ministro dell’Interno non si è fatta attendere. «Il voto europeo è stato molto significativo. Gli europei hanno parlato. Il governo va avanti se tutti mantengono la parola data. Tempo da perdere non ne abbiamo. Io non ho litigato con nessuno. Noi vogliamo andare avanti, la Lega c'è», ha detto Matteo Salvini, a Porto Mantovano, durante un comizio.
Pure i Cinque Stelle ribadiscono piena fiducia nel premier e a parole dicono di voler andare avanti nella realizzazione dei singoli punti del contratto di governo. Conte con l’iniziativa di ieri ha voluto uscire dall’angolo in cui l’avevano confinato in campagna elettorale Lega e Cinque Stelle e ha lasciato intendere che dopo di lui c’è soltanto il voto anticipato. Il Quirinale, infatti, ben difficilmente potrebbe tirare fuori dal cilindro un altro premier in grado di mettere d’accordo le due forze di maggioranza.
Ecco perché ora il pallino è nelle mani di Salvini e Di Maio. Dovranno valutare entrambi se sia più utile per loro archiviare almeno temporaneamente i toni accesi dell’ultimo periodo e tentare di prolungare la vita del governo, oppure se valga la pena di far saltare il tavolo e di misurarsi in una nuova competizione elettorale.