"Consolazione e fortezza ai perseguitati"
Il buio della persecuzione religiosa non è scomparso con la fine dei grandi massacri nei regimi comunisti. Si è semplicemente spostato in altri lidi, si è dilatato ed esteso in molte altre zone del mondo. L'intervento di Alfredo Mantovano, nuovo presidente di Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia.
"Signore, manda lo Spirito Santo a dare consolazione e fortezza ai cristiani perseguitati". Il tweet diffuso qualche ora fa Papa Francesco avvia la Veglia di Pentecoste che i Vescovi italiani dedicano in ogni Diocesi della Penisola ai martiri di oggi. Mentre l’attenzione dei media sembra concentrata sui resti – certo, importanti dal punto di vista storico e culturale – della città di Palmira, paiono contare solo delle pur rilevanti rovine, e non anzitutto migliaia di donne e uomini vittime dell’odio.
Vescovi, sacerdoti, seminaristi, religiosi, uno dopo l’altro, vengono rapiti, torturati, eliminati: l’ultimo in ordine di tempo, a meno di due anni dal sequestro di padre Paolo Dall’Oglio (scomparso senza lasciare tracce a Raqqa il 29 luglio 2013), è il padre Jacques Mourad, rapito a Qaryatayn - piccola città della Siria centrale ad un centinaio di chilometri da Palmira - dove da dodici anni guidava la parrocchia siro-cattolica e viveva nel monastero Mar Elias. Il monaco si trovava assieme a un suo collaboratore quando due moto si sono accostate alla sua auto: i sequestratori si sono impadroniti dei veicolo, portando con loro il gesuita. Si colpisce chi resta, soprattutto se è un Pastore: chi ha parlato con padre Mourad negli ultimi giorni lo ha descritto come fortemente preoccupato per la presenza degli ultrafondamentalisti a Qaryatayn; eppure, nonostante avvertisse il pericolo, egli non ha inteso abbandonare i fedeli e i tantissimi rifugiati che accoglieva nel suo monastero: in passato aveva perfino negoziato con al Nusra la liberazione di alcuni ostaggi. Accanto ai rapimenti di padre Dall’Oglio e dei due vescovi di Aleppo, Yohanna Ibrahim e Bulos Yazigi, vanno ricordate solo in quell’area le uccisioni di padre François Mourad, assassinato a Ghassanieh il 23 giugno 2013, e di padre Frans Van Der Lugt, freddato ad Homs il 7 aprile dello scorso anno: i sacerdoti che operano lì sono consapevoli dei rischi, ma non lasciano i siriani, sia cristiani che musulmani. Sanno di essere spesso il loro unico punto di riferimento.
Secondo i dati forniti ad ACS-Aiuto alla Chiesa che Soffre dal patriarcato melchita di Damasco, almeno duemila cristiani sarebbero rimasti uccisi in quell’area dal 2011 ad oggi. La guerra ha distrutto più di cento chiese e costretto centinaia di migliaia di cristiani ad abbandonare il paese o a vivere in Siria nella condizione di rifugiati, cercando una pur minima tranquillità nelle regioni costiere o nella Valle dei Cristiani. L’ultimo nostro Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo documenta che i Cristiani rappresentano il gruppo religioso maggiormente discriminato e perseguitato: eppure sembriamo rassegnati e assuefatti di fronte all’orrore, nonostante il Santo Padre esorti a non abbandonare la preghiera per questi nostri fratelli della fede, oggi più numerosi che nei primi secoli della vita della Chiesa. La copertura mediatica, e quindi la sensibilità e la percezione della gravità della questione, restano quasi sempre circoscritte al momento immediatamente seguente a massacri, come quello di Garissa in Kenya. Ma i cristiani nel mondo sono perseguitati ogni giorno! E quindi ogni giorno devono essere nella nostra mente e nel nostro cuore.
ACS è stata fondata nel 1947 da padre Werenfriend van Straaten e conta attualmente 21 sedi nazionali. Da un lato essa svolge una organica e capillare informazione sui cristiani perseguitati, dall’altro raccoglie risorse finanziarie che indirizza a migliaia di progetti in oltre 140 Stati. Esempio di intervento del primo tipo è, fra gli altri, la pubblicazione biennale del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo: un volume articolato in schede-Paese, che dà conto nel dettaglio del livello di rispetto del diritto a professare la fede in ciascuno Stato. Esempi del secondo sono, fra tante altre, le strutture che attualmente permettono ai 50.000 Cattolici costretti a fuggire da Mosul di non morire per strada, e di avere scuole – oltre che cibo e riparo – per i loro 15.000 minori. Attualmente 250 fra sacerdoti, religiosi e seminaristi provenienti da aree nelle quali la Chiesa vive una condizione di persecuzione o di discriminazione, studiano in seminari o atenei pontifici a Roma grazie a borse di studio della Fondazione. Non si contano le chiese e i conventi ricostruiti, o realizzati ex novo, l’aiuto a media di impronta cattolica, la diffusione di testi religiosi, in primis la S. Bibbia, in versioni sintetiche e leggibili dai bambini.
Come ha ricordato Papa Francesco dopo il suo viaggio a Tirana nel settembre 2014, in Albania, come in tante Nazioni della ex Cortina di ferro, si sono vissuti “anni bui, durante i quali è stata rasa al suolo la libertà religiosa ed era proibito credere in Dio, migliaia di chiese e moschee furono distrutte, trasformate in magazzini e cinema che propagavano l’ideologia marxista, i libri religiosi furono bruciati e ai genitori si proibì di mettere ai figli i nomi religiosi degli antenati”.
Oggi il buio non è scomparso: si è spostato, dilatato ed esteso in molte altre zone del Globo. È un buio disumano che colpisce con virulenza le comunità cristiane, da quelle antiche, che parlano ancora l’aramaico, la lingua di Nostro Signore, a quelle di recente evangelizzazione, come in Kenia. La Veglia di oggi è un importante passo – di cui essere grati ai Vescovi italiani – perché si rinnovi e cresca la generosità nei confronti di questi nostri fratelli: per permettere a chi non ha più un luogo per pregare di vederlo ricostruito a breve, a chi preferisce morire piuttosto che non partecipare alla S. Messa di continuare ad avere sacerdoti, a chi spera contro ogni speranza di sapere che in un’altra parte del mondo c’è chi pensa a lui in modo concreto.
*Presidente Aiuto alla Chiesa che Soffre, Italia