Consenso informato, stop al cavallo di Troia del gender
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La nota del Miur vuole evitare che la scuola statale si occupi di materie che diventerebbero il cavallo di Troia per diffondere idee, come quelle legate al gender, che sono diseducative e che dunque contraddicono le finalità dell’istruzione.

Il 30 aprile scorso il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha presentato presso il Consiglio dei Ministri una proposta che prevede il consenso dei genitori in relazione a qualsiasi attività didattica extracurriculare legata ai temi della sessualità. La nota Miur prot. n. 19534 del 20 novembre 2018 prevedeva il consenso per le attività extracurriculari rientranti nel Piano Triennale dell’offerta formativa solo «ove occorra», lasciando quindi ampia discrezionalità alle scuole. Ora la musica è cambiata perché il consenso, limitatamente alle tematiche legate alla sessualità, è sempre necessario.
Tale consenso deve essere espresso entro sette giorni dall’attività didattica e la scuola deve prevedere attività diverse per quegli studenti che non hanno ottenuto il consenso dai genitori. Affinché il consenso sia valido sarà necessario che le scuole informino i genitori sulla natura dell’iniziativa, i suoi scopi, i materiali didattici adottati e i soggetti terzi coinvolti.
A questo proposito, qualora la scuola si voglia avvalere di esperti esterni o di associazioni e di enti del terzo settore, occorreranno il via libera del collegio dei docenti e del consiglio di istituto e l’indicazione previa dei criteri di selezione dei soggetti invitati. Per la scuola dell’infanzia e primaria i temi trattati dovranno essere solo quelli previsti dai programmi nazionali di scienze e biologia. Insomma, niente gender theory all’asilo e in prima elementare.
La proposta mira essenzialmente ad evitare di imporre alle giovani menti degli studenti le derive ideologiche arcobaleno, ossia ad evitare che in classe vengano insegnate senza il consenso dei genitori l’omosessualità, la transessualità e tutti i loro corollari: l’omogenitorialità, le teorie della fluidità dei generi sessuali, la carriera alias, la bontà di avere bagni neutri o dedicati alle persone trans o non binarie, le “nozze” gay e via dicendo. L’obbligo del consenso potrà esonerare i figli anche dal dovere di seguire corsi sulla sessualità che in realtà sono solo ore dedicate a promuovere l’aborto e la contraccezione.
Gli anticorpi delle opposizioni si sono subito attivati appena la proposta di Valditara è stata resa pubblica. Il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione cultura alla Camera Antonio Caso ha reso noto che «è lo Stato che deve garantire un'educazione libera e laica, non delegarla alle famiglie a seconda delle opinioni personali». È vero l’esatto opposto. Sono i genitori i primi soggetti competenti dell’educazione dei figli e come tali possono delegare il compito educativo a soggetti terzi, tra cui anche la scuola di Stato. Lo dice, come ha ricordato lo stesso Valditara in conferenza stampa, l’art. 30 della Costituzione: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli». Dunque, ciò che afferma l’on. Caso è incostituzionale.
Per quale motivo i genitori sono i soggetti più competenti, almeno sulla carta, nell’educare i figli? Perché li hanno voluti, li amano e li conoscono, almeno così si spera, meglio degli altri, soprattutto meglio degli insegnanti. Il diritto di educarli spetta a loro perché deriva dal dovere di educarli, una responsabilità legata alla natura della figura genitoriale. In particolar modo l’educazione alla sessualità e all’affettività spetta soprattutto a loro perché tali tematiche interessano l’intimità dei loro figli, la parte più recondita della loro persona, nonché il loro vissuto, carattere, inclinazioni, interessi, sensibilità etc... Meglio di altri sapranno cosa, come e quando dire, attraverso una comunicazione a tu per tu che non può che avvenire da cuore a cuore – quindi tra papà-mamma e figli – seguendo i tempi e il grado di maturità di questi ultimi. Queste tematiche non si prestano, se non nei loro meri profili scientifici, ad un insegnamento di gruppo, svolto in modo necessariamente distaccato, asettico e non empatico. Se si deve parlare di amore che sia tra persone che si amano.
Irene Manzi, responsabile nazionale scuola Pd, in un comunicato stampa invece dichiara che il Ministro «alimenta ragionamenti complottisti sull’educazione all’affettività […] ledendo e comprimendo ulteriormente le scelte didattiche dei docenti, producendo
un ulteriore, ennesimo, vulnus all’autonomia scolastica e alla libertà di insegnamento costituzionalmente garantita». La risposta è facile: l’autonomia scolastica è subordinata al principio primo espresso che vede i genitori i primi soggetti competenti nell’educazione. Autonomia non significa che la scuola ha il diritto di sequestrare i figli ai genitori per educarli in modo dissonante ai valori di questi ultimi. Libertà di insegnamento sì, ma nel rispetto dei desiderata dei genitori.
Passiamo al segretario di +Europa, Riccardo Magi: «Al ministro Valditara l’ossessione del gender ha dato alla testa e oggi è arrivato a stravolgere il senso stesso della proposta di istituire ore di lezione dedicate alle relazioni sessuali e affettive imponendo il consenso informato dei genitori, come se ci fossero studenti che possono essere esentati da lezioni che hanno l’obiettivo di favorire una sessualità consapevole e rispettosa di se stessi e degli altri». La sessualità e l’affettività non sono materie obbligatorie a scuola, tanto è vero che sono materia extracurriculari, perché la scuola deve fornire prima di tutto una formazione culturale. Ciò non toglie che la scuola, nelle sue attività didattiche, si debba ispirare ai principi valoriali validi, quali il rispetto, la responsabilità, l’autonomia di giudizio, etc. Ma questi principi devono informare il modo di insegnare non devono diventare l’oggetto dell’insegnamento. Guai, ad esempio, ad una scuola che facesse corsi sull’apprendimento delle virtù. L’insegnante richiamerà ad esempio lo studente indisciplinato, ma non sarebbe opportuno istituire un corso di buona educazione. Non sta alla scuola avviare corsi sul rispetto, la fortezza, la prudenza, la responsabilità, l’autenticità, la maturità, la saggezza, etc. Queste virtù si apprendono prima di tutto, ma non solo, in famiglia, la vera scuola per crescere come uomini e donne. Inoltre, i corsi di questo tipo servono a poco. Il bene si apprende soprattutto facendolo.
Dunque, non è proprio opportuno che la sessualità e l’affettività diventino corsi obbligatori senza possibilità di esonero come vorrebbe il deputato Magi. Potrebbero diventare facoltativi con il permesso dei genitori se ad esempio proposti da scuole realmente cattoliche, pur sempre nel rispetto del compito educativo dei genitori. Ciò a dire che, nell’educazione, alcuni aspetti di queste tematiche rimarranno sempre e doverosamente prerogativa esclusiva di questi ultimi. Soprattutto ora è assolutamente da evitare che la scuola statale si occupi di queste materie perché diventerebbero il cavallo di Troia per diffondere idee, come quelle legate al gender, che sono diseducative e che dunque contraddicono le finalità dell’istruzione. Questo è, alla fine, il senso ultimo della proposta di Valditara.