Condannare Berlusconi: audio di interferenze e ombre
L'audio del giudice su Berlusconi da condannare a tutti i costi è l’ennesima conferma delle permanenti interferenze tra politica e giustizia e delle ombre che si allungano sulla effettiva imparzialità di alcune toghe, chiamate a pronunciarsi su personaggi pubblici, con la possibilità di incidere in maniera decisiva sull’evoluzione del quadro politico nazionale.
Dopo i veleni del caso Palamara e le ammissioni dello stesso ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e degli ex magistrati Antonio Di Pietro e Luigi De Magistris, ora sindaco di Napoli, sui due pesi e le due misure adottati dalle toghe nei confronti di imputati di destra e di sinistra (penalizzati i primi, sovente risparmiati i secondi), arriva l’ennesima rivelazione-choc.
È una registrazione audio di uno sfogo di un magistrato del processo che portò alla condanna definitiva, 7 anni fa in Cassazione, di Silvio Berlusconi per frode fiscale nella vicenda dei diritti Mediaset. A mandarla in onda, lunedì sera, Nicola Porro, conduttore di “Quarta Repubblica”, su Rete 4. Nell’audio il magistrato Amedeo Franco, relatore in Cassazione nel processo Mediaset in cui il Cavaliere riportò la condanna per evasione fiscale passata in giudicato il 30 luglio 2013, si abbandonava a considerazioni amare. Purtroppo non può confermarle, essendo deceduto nel maggio 2019. Il quotidiano Il Riformista, autore dello scoop, però è certo della correttezza della sua ricostruzione della torbida vicenda. Non si conosce la paternità di quella registrazione, ma pare sia stata fatta da un testimone di un incontro tra lo stesso magistrato Amedeo Franco e Berlusconi.
Franco, con la sua nitida voce, riferendosi al sentiment dei colleghi del collegio giudicante, parla del leader di Forza Italia come “mascalzone da condannare a priori” e di “plotone di esecuzione” per punire il Cavaliere. Come si ricorderà, il 27 novembre di quello stesso anno (2013), Berlusconi fu espulso dal Senato in forza della legge Severino e quindi, di fatto, fu estromesso dalla vita politica del Paese. Forza Italia, all’epoca, aveva ancora percentuali di consensi superiori al 20%. Da quel momento il Cavaliere ha continuato a lottare contro quella che ha sempre definito una condanna ingiusta e ha fatto ricorso a Strasburgo, alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ora riceverà anche questo audio, visto che il ricorso è di fatto ancora pendente. Nel frattempo, però, la riabilitazione è arrivata, da parte del Tribunale di sorveglianza di Milano nel maggio 2018, e Silvio Berlusconi ha riacquistato, quindi, la sua agibilità politica. Attualmente, però, è solo parlamentare europeo, essendosi potuto candidare nel maggio 2019, ma non ha ruoli nella politica nazionale perché la riabilitazione è arrivata due mesi dopo lo svolgimento delle elezioni politiche del marzo 2018. Sicuramente falsata, quindi, la storia politica nazionale, in forza di un verdetto giudiziario dai contorni più che mai dubbi.
Il compianto magistrato Franco, in quello sfogo registrato, circostanziava le sue parole: «A mio parere Berlusconi è stato trattato ingiustamente e ha subito una grave ingiustizia... L'impressione è che tutta questa vicenda sia stata guidata dall'alto. In effetti hanno fatto una porcheria perché che senso ha mandarla alla sezione feriale? Voglio dirlo per sgravarmi la coscienza, perché mi porto questo peso del... ci continuo a pensare. Non mi libero... Io gli stavo dicendo che la sentenza faceva schifo». Il senso di quell’audio-choc è che «sussiste una malafede del presidente del Collegio, sicuramente», con riferimento alla tesi secondo cui il magistrato Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Cassazione (ora collaboratore del quotidiano Il Fatto), che emise la sentenza di condanna, sarebbe stato “pressato” perché il figlio, anche lui magistrato, era indagato dalla Procura di Milano per «essere stato beccato con droga a casa di...».
Qualcuno potrebbe dire che ormai è acqua passata o che, in qualche modo, la frittata è stata fatta. Tuttavia, le reazioni a questa rivelazione non si sono fatte attendere.
Il giudice Ferdinando Esposito, figlio di Antonio, smentisce in modo categorico un proprio qualunque coinvolgimento, a 360 gradi, nei fatti, totalmente inventati, raccontati dallo 'scoop' del Riformista, «poiché risulta totalmente estraneo, a qualunque titolo e sotto ogni profilo, alle gravissime e diffamatorie insinuazioni, prive di logica, che sono state fatte, prima, da Sansonetti e poi raccontate in maniera ulteriormente distorta da Quarta Repubblica». Esposito, tramite una nota, preannuncia nuove querele.
L'ex presidente della sezione di Corte di Cassazione che nel 2013 emise la sentenza, in una nota precisa che Esposito non ha mai «in alcun modo, subito pressioni né dall'alto né da qualsiasi altra direzione, neppure dalla Procura della Repubblica di Milano con la quale mai ebbe contatto alcuno». Nella nota si afferma che la sentenza "fu adottata all'unanimità" e che «il giudice Amedeo Franco prese parte, unitamente agli altri componenti, alla stesura della motivazione, approvata all'unanimità, in un'apposita camera di consiglio di cui venne redatto verbale sottoscritto da tutti i componenti che poi sottoscrissero la motivazione firmando ogni foglio della sentenza». Di diverso avviso Franco Coppi, che nel 2013 era tra gli avvocati di Berlusconi e che ribadisce: «Sono sempre stato sorpreso da quella sentenza, una decisione che andava contro la giurisprudenza».
Probabilmente ci vorrà ancora del tempo per capire da che parte stia la verità ma, al netto dei dubbi sull’autenticità e l’attendibilità di quella registrazione, rimane l’ennesima conferma delle permanenti interferenze tra politica e giustizia e delle ombre che si allungano sulla effettiva imparzialità di alcune toghe, chiamate a pronunciarsi su personaggi pubblici, con la possibilità di incidere in maniera decisiva sull’evoluzione del quadro politico nazionale.
Immediate sono state le reazioni del centrodestra. Il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, parla di «golpe giudiziario non solo contro Berlusconi ma contro la democrazia» e invoca, insieme ad altri esponenti azzurri, l'istituzione di una commissione d'inchiesta. E alla Camera il gruppo parlamentare forzista ha esposto cartelli e striscioni “Verità per Berlusconi” e “Giustizia per Berlusconi”. Al Senato, invece, la capogruppo Anna Maria Bernini e Licia Ronzulli hanno rilanciato la proposta di nominare Berlusconi senatore a vita «per ripagarlo in parte dall'indegna cacciata dal Parlamento del 2013». Tra le altre reazioni quella di Matteo Salvini, che esprime la sua «solidarietà a Silvio Berlusconi per il processo farsa di cui è stato vittima» e promette una “profonda riforma della giustizia”.
Per Giorgia Meloni, la vicenda conferma «che in Italia esiste un pezzo di magistratura che fa politica e attacca avversari politici, invece di cercare la giustizia e dare risposte ai cittadini. Fa rabbrividire - ha proseguito - l'idea che la legge non sia uguale per tutti e che ci siano giudici che utilizzino il loro potere per colpire qualcuno. È un affronto a tutti quei servitori dello Stato che ogni giorno fanno il loro lavoro e sono in trincea per difendere i diritti degli italiani. Perché senza giustizia non c'è libertà».
Imbarazzo anche nel centrosinistra, dove Matteo Renzi commenta: «Non so dove sia la verità ma so che un Paese serio su una vicenda del genere non può far finta di nulla».