Con settanta candeline papa Leone chiude l'estate di "prova"
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Primo compleanno sul soglio di Pietro per Prevost, che in questi quattro mesi ha ripreso e ricalibrato i temi di Francesco e lanciato segnali di distensione sul fronte della guerra liturgica. Ma saranno nomine di peso e atti di governo a indicare la direzione di marcia che intende intraprendere.

Ieri Leone XIV ha spento le 70 candeline. Era dai tempi di Giovanni Paolo II che un Papa non celebrava il settantesimo compleanno. All’epoca, il 18 maggio del 1990, Wojtyla era reduce dal suo 47esimo viaggio apostolico, in Messico e Curaçao. Prevost ha invece festeggiato da poco il quarto mese di pontificato e da pochi giorni ha annunciato l’intenzione di visitare Lampedusa mettendosi sulle orme di Francesco che scelse l’isola siciliana come prima visita nel luglio del 2013.
È stata un’estate di «prova» per il nuovo Papa che a livello popolare continua a beneficiare dell’entusiasmo per la sua elezione ed ha dimostrato di non voler bruciare i tempi, «congelando» per il momento nomine e altre decisioni più scottanti. Come abbiamo scritto a luglio, Leone XIV si è dedicato alla (ri)scrittura del suo primo documento papale dedicato alla cura dei poveri ed ereditato dal suo predecessore. Ne ha voluto fare un’esortazione apostolica che sarebbe dovuta uscire a giorni ma che invece slitterà alla prima settimana di ottobre per le ultime rifiniture in tutte le lingue.
I temi cari a Leone sono stati già protagonisti nel pontificato di Francesco, ma il Papa americano li declina secondo la sua sensibilità e in una luce decisamente meno ambigua del suo predecessore. In questo senso è indicativo il discorso fatto ai vescovi di nuova nomina lo scorso 11 settembre. A qualche solerte presule che lo ha interrogato sull’inserimento dei rischi legati alle crisi ambientali nella pastorale, Prevost ha messo in chiaro che la musica è cambiata: «La Chiesa sarà presente”, senza però che a questo si mischino altre tematiche che sono contrarie all’antropologia cristiana». È già la seconda volta che Leone interviene sull’argomento e la prima volta lo aveva fatto significativamente rivolgendosi in un telegramma ai vescovi della conferenza episcopale dell'Amazzonia e ammonendoli così: «nessuno distrugga irresponsabilmente i beni naturali che parlano della bontà e della bellezza del Creatore, né, tanto meno, si sottometta ad essi come schiavo o adoratore della natura, poiché queste cose ci sono state date per raggiungere il nostro fine di lodare Dio e ottenere così la salvezza delle nostre anime». Insomma, per chi non lo avesse capito è tempo di farla finita con Pachamama e indigenismi vari.
Nel colloquio coi nuovi vescovi il Papa ha messo anche i puntini sulle «i» sul concetto di sinodalità da lui non inteso come un metodo pastorale, ma «uno stile di Chiesa, di ascolto e di comune ricerca della missione a cui siamo chiamati». D'altronde chi lo ha conosciuto negli anni da missionario in Perù ricorda come la sua idea di sinodalità risalisse a quell'esperienza e fosse dunque precedente e diversa dal totem ideologico impostosi nel pontificato bergogliano.
Leone ha dato segnali di distensione sul fronte della guerra liturgica aperta nel luglio 2021 con la pubblicazione di Traditionis custodes. Sabato 25 ottobre il cardinale Raymond Leo Burke celebrerà la Santa Messa pontificale all’Altare della Cattedra di San Pietro in forma straordinaria del rito romano per il pellegrinaggio Summorum Pontificum. Una concessione significativa se si pensa che l’avvisaglia della stretta bergogliana sulla cosiddetta Messa tridentina c’era stata qualche mese prima dell’uscita di Traditionis Custodes proprio in relazione alle celebrazioni all’interno della Basilica limitate ai soli sacerdoti autorizzati nella Cappella Clementina delle grotte. La fine del pontificato di Francesco ha archiviato anche il clima di timore sull’argomento e negli ultimi mesi sono diversi i cardinali che si sono espressi pubblicamente a favore di un’abolizione delle restrizioni: da William Goh a Kurt Koch, da François Bustillo a Angelo Bagnasco. In mezzo c’è stato anche il brusco dietrofront del vescovo Michael Martin che dopo aver deciso di vietare tutte le Messe tridentine dall’8 luglio nella diocesi di Charlotte ha improvvisamente comunicato un rinvio al 2 ottobre, molto probabilmente per un intervento di Roma.
Idee e proclami di Prevost sono buoni e lui è un autentico uomo di Dio, come si evince dalla solennità e dal raccoglimento di quando celebra. Ma le idee si concretizzano in azioni di governo sulle gambe degli uomini perché il Papa non può fare tutto da solo, come da lui stesso ammesso a braccio nell’udienza ai membri della Curia di inizio giugno. Per questo i prossimi due mesi saranno decisivi per vedere se Leone ha intenzione di affidarsi a uomini di fiducia in grado di segnare un cambio di passo rispetto al recente passato o se prevarrà il Gattopardo curiale. Come si dice nel caso delle diocesi, infatti, i vescovi si giudicano solo dopo i sei mesi dall’insediamento.
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