Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
THE ECONOMY OF FRANCESCO

Con S. Francesco, contro la decrescita "misericordiosa"

Ad Assisi, nell'evento Economy of Francesco (marzo 2020), si dovrebbero evitare utopie tratte abusivamente dal pensiero di S. Francesco, volte a proporre decrescita “misericordiosa”. Si deve pertanto ricordare che l’economia è solo un mezzo in mano all’uomo, ed è un mezzo “segno di contraddizione” perché può creare benessere ma può confondere. Ed è compito della Chiesa aiutare l’uomo a non confondere mezzi con fini.

Economia 21_05_2019
San Francesco (ritratto da Cimabue)

La NBQ il 17 maggio ha introdotto con un bell’articolo di Guglielmo Piombini un evento definito (chissà perché) in inglese: "Economy of Francesco". Questo evento, che dovrebbe proporre un modello economico nuovo, sostenibile e giusto, nel nome di S. Francesco “economista”, si terrà ad Assisi nel marzo 2020. Poiché temiamo che ad Assisi si possano elaborare una serie di utopie economico-morali (tratte abusivamente dal pensiero di S. Francesco), coerentemente con il pensiero economico corrente in questo pontificato, vorremmo (senza fare processi alle intenzioni) evitare il rischio che si possa arrivare a proporre decrescita economica “misericordiosa”, magari in senso malthusiano-ambientalista.

Troppo spesso e per troppi temi ci si è impossessati impropriamente della figura e del pensiero di S. Francesco, ma premetto che è necessario fare attenzione a distinguere San Francesco dai francescani, che nel XV secolo, con grandissimo merito, inventarono i banchi di pegno (Monte di Pietà) e persino le regole della ragioneria (la partita doppia). Propongo ora tre punti di riflessione.

Primo: San Francesco d’Assisi siamo abituati a vederlo utilizzato quale testimonial impossibile per indubbie sciocchezze. Lo si rappresenta come rivoluzionario, quando invece fu un restauratore della Chiesa di Cristo. Lo si indica come pacifista, quando cercava solo ed unicamente la Pax Cristi. Lo si dichiara egualitarista, quando predicava solo l’uguaglianza degli uomini davanti a Dio, quali figli di Dio. Lo si simboleggia quale animalista, quando Francesco cantava solo le lodi al Creatore delle creature.

Secondo: per le ragioni dette, appare giustificato il sospetto che in questo convegno di Assisi si corra il rischio di vedere indicare San Francesco anche come “pauperista”. Attenzione, S. Francesco non fu pauperista, perché ben sapeva che per aiutare i poveri si deve attingere dai ricchi. Magari anche insegnando loro il distacco dai beni e l’uso solidaristico degli stessi, per il loro stesso bene. Per San Francesco il problema povertà non consisteva nell’aiutare i poveri ad esser meno poveri, bensì nell’essere lui povero. San Francesco voleva esser povero perché voleva essere ricco solo di Dio, e la sua scelta fu una scelta mistica, non sociale o politica, come mi pare si stia pensando oggi di proporre. San Francesco sposò sì “Madonna Povertà”, ma non sposò mai la povertà, né i poveri, S. Francesco sposò Cristo.

Terzo: conseguentemente si corre il rischio di cercare forzatamente nell’insegnamento di S. Francesco ricette di soluzione ai problemi economici attuali, volendo compiacere l’intenzione buona di papa Francesco di trovare soluzioni ai problemi economici attuali che impediscono il rispetto alla dignità dell’uomo. Ma per trovare soluzioni ai problemi economici attuali è necessario conoscerne prima le cause vere. Solo ben analizzando e capendo le cause del problema si possono proporre soluzioni efficaci senza rischiare di produrre danni maggiori. Ci poniamo una domanda provocatoria, ma lecita. Si vuole studiare ed elaborare un modello economico sul pensiero di S. Francesco o di Papa Francesco? Se l’intento fosse quello di cercare di riferirsi al pensiero di S. Francesco, la sola base di riflessione è quella di riferirsi allo spirito soprannaturale di S. Francesco. Si deve pertanto ricordare che l’economia è solo un mezzo in mano all’uomo, ed è un mezzo “segno di contraddizione” perché può creare benessere ma può confondere. Ed è compito della Chiesa aiutare l’uomo a non confondere mezzi con fini. E deve farlo formando l’uomo con un magistero adeguato che insegni il senso della vita e delle azioni. Deve insegnare all’uomo che in un clima impregnato di nichilismo come oggi, è indispensabile riferire ai valori evangelici le scelte di come operare, altrimenti lo strumento economico prenderà autonomia morale e farà dell’uomo un mezzo. In pratica, per risolvere il problema, è necessario convertirsi e convertire.

Ma il convincimento oggi è che esista una economia che uccide o che sia la inequità (nella ripartizione delle ricchezze) il peggior male sociale. Non è vero, e non esiste neppure una “finanza che depreda e uccide”. Questo tipo di economia non esiste e non è mai esistita, esiste invece il peccato originale, obliato, trascurato, persino negato. E’ questo che fa sì che l’uomo mal utilizzi uno strumento neutro quale l’economia o la finanza. Perciò Papa Francesco stesso nella sua prima Enciclica, dimenticata, Lumen Fidei (conclusione di Caritas in Veritate), ricorda che è il cuore dell’uomo che va cambiato affinché ben gestisca gli strumenti. Non sono gli strumenti a produrre il bene o il male, è chi li usa bene o male, dando o no loro un senso. E il compito di formare il cuore dell’uomo è della Chiesa, che ha tre mezzi: la preghiera, i Sacramenti, il Magistero (vedi Lumen Fidei). Questi dovrebbero essere gli argomenti da proporre ad Assisi nel marzo del 2020. Ma come suggerimento invito anche a studiare quale economia han fatto altri santi: per esempio San Benedetto da Norcia, ben prima di S. Francesco. Oppure, recentemente, il beato Toniolo e il beato Tovini, per non parlare di don Sturzo. Che hanno persino fondato Banche vere e proprie, che funzionavano per il bene comune, quello vero, quello che produce risultati veri, che producono ricchezza, non decrescita. Perché benessere e ricchezza sono un po’ come l’acqua di Lourdes che sarà anche piena di germi, ma fa miracoli. Certo la ricchezza è anche come il letame, non serve se non è sparso… Anche i francescani del XV secolo sarebbero d’accordo.