Con "Checcoro" i gay si prendono in giro. O no?
I gay milanesi si prendono in giro e liberano dal sospetto di omofobia l'uso di alcune parole finora tabù. Per celebrare il "Natale Arcobaleno", si esibirà "Checcoro", cioè il Coro delle checche. Autoironia e svolta? Non fidatevi: è solo un'operazione di marketing natalizio. Da lunedì per torna il metodo Scalfarotto.
Ma chi l’ha detto che i gay non sanno sorridere, non sono ironici e a volte anche un po’ auto-omofobi? D'accordo, non sempre li trovi disposti a farsi quattro risate sui paradossi del gender correct o con le battute sull’amore gay. Lino Banfi, nell’esilarante interpretazione del commissario Lo Gatto oggi non potrebbe più cantare il suo scandaloso stornello «Non sono frocione, non mi chiamo Fri Fri…» nè Christian de Sica rilanciare le barzellette raccontate nei suoi cinepanettoni. Come quella che dice: «So che tu sei gay e ho sentito che anche i tuoi due fratelli sono gay. É vero?- Sì, è vero.- Ma c’è qualcuno nella tua famiglia cui piacciono le donne?- Si, a mia sorella». Difficile sarà pure rivedere sulle reti Mediaset lo Sgarbi furioso mentre prende a calci il Trio Medusa delle Iene con quel magistrale: «Culattoni raccomandati».
Ok, forse stiamo esagerando con queste parole già da tempo “fuori legge” e ci potrebbe succedere quello che capitò a Giuliano Ferrara, oscurato dall’algoritmo di Facebook per aver titolato “Oggi froci” un suo editoriale. Cretini, protestò, l’Elefantino, ricordando che sul Foglio esisteva una storica rubrica curata da uno scrittore gay (Daniele Scalise) che aveva per titolo, appunto, “Froci”. Rubrica nata sull’Espresso, settimanale della sinistra intellettuale e intelligente, con il titolo “Gay”. Inutile, contro la deviazione omofoba oggi vigilano gli Scalfarotto boys e l’auto censura algoritmica di giornaloni e giornalini non permette più certe libertà.
Eppure, da Milano arriva una notizia che potrebbe invertire la rotta a questo andazzo del pensiero unico e riaprire nuovi orizzonti al lessico quotidiano, oggi imbragato dai mutandoni dei gendarmi Lgbt. Nella metropoli lombarda debutta “Checcoro”, il coro Lgbt che si esibirà all’interno delle iniziative del “Natale Arcobaleno”, il mercatino organizzato dalle Famiglie Arcobaleno e da Arcigay. Il simpatico nome gioca sul doppio senso, interpretabile a piacere come contrazione delle parole “checca” e “coro”, oppure, con meno malizia, ma con più improbabilità, quale espressione di meraviglia per la presunta bravura dei maschi cantori: “Che coro!”. Ma è buona la prima: il Coro delle checche.
Sdoganata, dunque, dall’interno l’espressione “checca” (decisamente più sciccosa e raffinata del volgarotto “frocio”), c’è solo da augurarsi il seguito. Che sia pure concesso ridere e barzellettare sul questo demi-monde senza il rischio di incorrere nel reato di omofobia e lesa maestà al pensiero gay friendly. Che la fantasiosa ideologia gender ha elevato al rango di nuova categoria antropologica e sociale, corteggiata e riverita dai media, ma soprattutto “satira free”. Con l’ironico “Checcoro”, i gay milanesi escono dal sacro recinto degli “intoccabili” e delle generalità protette come i panda del Wwf, pur non essendo affatto in via d’estinzione. Svolta epocale, se consideriamo che solo pochi mesi fa il settimanale Visto fu istericamente assalito per aver pubblicato un piccolo allegato con le migliori barzette sui gay. Un libello di disegni e fumetti che pigliava per i fondelli (e dove se no?) coppie e single omosex. Un cadeau un po’ particolare, confezionato all’unico scopo di alzare le vendite. Ne sortì un caso editoriale: al grido di chi tocca i gay muore, sul web si rovesciò contro la rivista una valanga d’insulti e minacce di blogger e associazioni arcobaleno. Non mancarono neppure gli appelli al boicottaggio e alla denuncia dell’editore per incitamento al bullismo, all’omofobia e all’apartheid sessuale.
Dopo “Checcoro” non sarà più così: il canto è cambiato. Dobbiamo crederci? Ma dai, scherziamo. Sarebbe bello, però non andrà così, i gay non se lo possono permettere. Il diritto alla beffa e a prenderli per il lato che a loro è più caro resta un privilegio per pochi, riservato a chi fa parte dell’esclusivo club Lgbt, una gentile concessione limitata al solo periodo del “Natale Arcobaleno” e dei mercatini Arcigay. Vi immaginate il casino tanto se su “Checcoro” ci fosse stato il copy right di qualche etero- buontempone? Gliel’avrebbero suonata per le feste. Allora, becchiamoci ‘sta corale di voci bianche che allieteranno i milanesi sulle note di “Coming out for Christmas“, mentre babbi natali gay (si potrebbe ribattezzarli Babbomo) si aggireranno tra bancarelle e stand di associazioni «che si occupano di integrazione e lotta alle discriminazioni».
Ti pareva che tra abeti, palle colorate e ragazzi campanellino non si nascondesse la solita retorica della discriminazione e dell’emergenza omofoba. Inesistente e farlocca, ma che questi gioiosi Babbomo, Checcori e Grattachecche, tutti amore e fantasia, usano come mazza ferrata contro chi non la pensa come loro. Citofonare per informazioni a Sentinelle in Piedi e insegnanti di religione ne sanno qualcosa. Insomma, sotto la barba bianca dei gaybab il solito spirito nero. Baci, canti e abbracci solo per la domenica dello shopping: da lunedì per tutti torna il metodo Scalfarotto.