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PECHINO

Comunismo cinese a Hong Kong: giornalisti condannati per sedizione

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Patrick Lam e Chung Pui-kuen, giornalisti del quotidiano di Hong Kong Stand News, sono stati condannati per sedizione. Si tratta della prima condanna per questo reato. Ma la persecuzione è molto vasta.

Esteri 30_08_2024
Chung Pui-kuen (a destra) a processo (La Presse)

Mentre anche in Occidente si intensifica il dibattito sulla libertà di stampa e di espressione, a Hong Kong uno zelante giudice ha condannato due giornalisti per “sedizione”. Ed è la prima volta che accade, nella città, dal 1997, dunque da quando venne restituita dal Regno Unito alla Cina.

I giornalisti in questione sono Patrick Lam e Chung Pui-kuen, rispettivamente direttore esecutivo e direttore editoriale di Stand News, un quotidiano indipendente chiuso dalle autorità di Hong Kong il 29 dicembre 2021, a seguito di un raid condotto da 200 poliziotti nei suoi uffici. A seguito della chiusura, sono stati anche congelati i conti dell’editore. La sentenza verrà emessa a settembre, ma già ieri, 29 agosto, il giudice Kwok Wai-kin li ha giudicati colpevoli per “sedizione”. Il magistrato ha definito Stand News come “un pericolo per la sicurezza nazionale”. La pena potrebbe arrivare a due anni di carcere. Poteva sicuramente andare peggio, l’editore e imprenditore Jimmy Lai, di Apple Daily, sta già scontando molto più e rischia il carcere a vita. Ma per il governo l’obiettivo è stato raggiunto: due voci critiche del regime comunista sono state messe a tacere. E il loro giornale, in ogni caso, non esiste più.

La colpa di Stand News e dei suoi direttori, infatti, è solo quella di aver parlato male del regime comunista cinese. Sono stati accusati per diciassette articoli, in cui erano stati intervistati dissidenti, manifestanti per la democrazia nelle grandi manifestazioni del 2019 ed esponenti dell’opposizione democratica. Il reato di sedizione è di origine britannica, era una legge coloniale. Ma da quando a Hong Kong è stata introdotta (da Pechino) la Legge per la Sicurezza nazionale, nel 2020, il significato di “sedizione” e l’interpretazione del reato, si sono notevolmente espansi. Passibile di accusa di sedizione, ad esempio, è perorare la causa della democrazia a Hong Kong, contro la deriva totalitaria. La condanna, così come è scritta dal giudice, recita che Stand News è colpevole di aver sostenuto la “autonomia locale di Hong Kong”, che pure, ufficialmente, è una Regione Autonoma. Ma il giornale “È anche diventato uno strumento per deridere e denigrare l’autorità centrale e il governo della regione autonoma”.

Che vi sia una deriva totalitaria è dimostrato anche dal numero di quotidiani che hanno dovuto chiudere i battenti o trasferirsi all’estero. Oltre ai due giornalisti condannati, altri 28 sono stati accusati di aver violato la sicurezza nazionale. Assieme al caso Stand News si consumava quello molto più celebre di Apple Daily, il popolarissimo quotidiano fondato da Jimmy Lai, imprenditore cattolico, fuggito dalla Cina quando era un ragazzino e divenuto un protagonista della lotta per la libertà a Hong Kong. All’inizio del 2022, Citizen News ha interrotto le pubblicazioni, citando come motivazioni i rischi per il suo personale. Nel 2023, uno dei più diffusi quotidiani, il Ming Pao, pur non chiudendo, ha chiuso la sua striscia comica quotidiana disegnata dal vignettista noto con lo pseudonimo di “Zunzi”, a seguito di rimostranze da parte del governo locale. Lo scorso marzo, la statunitense Radio Free Asia ha dovuto chiudere il suo ufficio di Hong Kong dopo 28 anni di servizio, citando come causa sempre i crescenti rischi per il suo personale. Anche il New York Times ha preferito chiudere il suo ufficio di corrispondenza nella ex colonia britannica, trasferendo la sua sede asiatica a Seul. In totale, dal 2020, 63 corrispondenti stranieri e 29 testate si sono trasferite da Hong Kong a Taiwan, dove vige ancora una piena libertà di stampa.

Difficile misurare quanta libertà di stampa sia stata perduta in un territorio in cui i giornalisti potevano parlare della Cina e dell’Asia senza timore di essere censurati. La Ong Reporters sans Frontières, nel suo indice sulla libertà di stampa, ha declassato Hong Kong dal 18mo al 135mo posto su 180 paesi scrutinati (ma nel 2022, anno delle chiusure più eclatanti, era finito al 148mo). La percezione di non poter più scrivere nulla è diffusa fra i giornalisti intervistati dall’Associazione dei Giornalisti di Hong Kong: più della metà dei rispondenti dichiara che la libertà di stampa si è ridotta nell’ultimo anno, ma più del 90% ritiene che si sia ridotta negli ultimi cinque.