Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santissima Trinità a cura di Ermes Dovico
Ora di dottrina / 167 – Il supplemento

Comunione sulla mano, quegli argomenti che non reggono

Gli argomenti, pur in buona fede, a sostegno della Comunione sulla mano non reggono alla prova della storia e della dottrina, dove la Comunione sulla lingua è la naturale erede della forma antica. Ne vediamo sei e rispondiamo.

Catechismo 15_06_2025
SS. Eucaristia

Chi sostiene la “bontà” della Comunione sulla mano lo fa avvalendosi, spesso in buona fede, di argomenti che non reggono né alla prova della storia né a quella della dottrina della fede. Vediamo di esaminarne i principali e offrire una risposta adeguata.

Un paio di argomenti maggiori sono stati l’oggetto degli articoli precedenti (cui rimandiamo), ma per completezza li riprendiamo brevemente. Il primo, più “classico”, è la pretesa di aver recuperato l’uso di una non meglio precisata “Chiesa antica”, uso andato perduto per varie ragioni presunte e non comprovabili. La realtà è però ben diversa, come a lungo dimostrato: l’attuale modalità di distribuzione della Comunione sulla mano differisce dall’antica su dettagli di grande importanza, la cui mancanza espone la forma vigente a tutta una serie di problemi che i Padri esortavano a scongiurare o persino vietavano espressamente. In particolare, la forma antica non prevedeva di portare da sé l’Eucaristia alla bocca con le dita della mano destra, ma di inchinarsi verso la mano sinistra, sostenuta dalla destra, e assumere direttamente l‘Ostia consacrata. Sparito anche il rito delle abluzioni e l’uso del “domenichino”, un telo di lino da porre sulle mani delle mulieres per ricevere la santa Comunione.

A questo presunto recupero della forma antica, quale maggiore fedeltà alla Tradizione (secondo argomento), è sottesa una concezione errata di quest’ultima. Si è visto come in realtà sia proprio la Comunione sulla lingua ad essere l’erede coerente della forma antica, inverando in sé le giuste preoccupazioni dei Padri ed esprimendo in modo migliore gli atteggiamenti del fedele di fronte al mistero dell’Eucaristia. La Comunione sulla lingua raggiunge ciò verso cui la forma antica tendeva e che i Padri auspicavano; un’inversione di rotta al riguardo costituisce a tutti gli effetti un’involuzione ed è espressione di quel malsano archeologismo condannato dall’enciclica Mediator Dei (1947).

Vi è poi chi sostiene (terzo argomento) che la Comunione sulla mano sia frutto di una migliore comprensione della partecipazione attiva dei fedeli alla liturgia della Chiesa. Ricevere la Comunione direttamente sulla lingua sarebbe un atteggiamento passivo, retaggio di una concezione che considera il laicato come infantile, muto spettatore, ai margini di una liturgia intesa come “faccenda del prete”. A ben vedere, una primaria passività è la realtà di ogni creatura; l’atto creativo procede dal Creatore, mentre la creatura riceve il proprio essere dalle Sue mani, senza alcuna propria attività previa. Anche il respiro e il nutrimento sono realtà primariamente passive: l’uomo trasforma attivamente ciò che riceve. Nella vita spirituale questa passività primaria (ma non esclusiva) è ancora più forte, come esprime efficacemente san Paolo: «Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come non l'avessi ricevuto?» (1Cor 4, 7). E ancora: «Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso» (1Cor 11, 23).

Dunque, sia la vita creaturale che quella cristiana sono marcate da una primaria ricezione, da una sorta di passività che è la condizione per la nostra attività. È questo uno dei sensi più profondi della via dell’infanzia spirituale: più il cristiano progredisce nella santità e più si diletta di ricevere tutto dal Padre; più cresce la vita di Dio in lui e più egli ricerca questa passività fondamentale. Nessun “infantilismo”, nessun quietismo, ma semplicemente la presa di coscienza che la condizione di una santa attività, di un autentico portare frutto sta nel rimanere uniti a Cristo, per ricevere da Lui, istante dopo istante, tutta la linfa della sua vita divina. Senza questa prospettiva, la vita del cristiano diventa una grande agitazione, una mania di protagonismo, fino al delirio di ricercare una “santità adulta” emancipandosi da Dio e dai mezzi della grazia. La Comunione sulla lingua ristabilisce, anche nella dimensione sacramentale, questa fondamentale recettività del cristiano.

Il quarto argomento di solito si accompagna al precedente: la Comunione sulla mano metterebbe maggiormente in risalto il sacerdozio battesimale di tutti i fedeli. Tuttavia, non si deve dimenticare che è solo il sacerdozio ministeriale che conferisce il potere sopra il Corpo e il Sangue di Cristo. Per questa ragione, prendere con le mani il divino Sacramento spetta solo a chi riceve l’unzione delle proprie mani e il potere di consacrare mediante il sacramento dell’Ordine. Poiché la Chiesa insegna che sacerdozio battesimale e sacerdozio ministeriale differiscono «essenzialmente e non solo di grado» (Lumen Gentium, 10; Congregazione per la Dottrina della Fede, Sacerdotium ministeriale, 1), anche i segni esterni devono esprimere questa diversità, specie in riferimento all’Eucaristia. Per questa ragione la Chiesa (vedi qui) non ha mai ammesso che i fedeli potessero autocomunicarsi, ossia prendere da sé la sacra Particola e portarla alla bocca. La nuova modalità della Comunione sulla mano favorisce invece una forma ibrida, che stabilisce dapprima una ricezione dell’Ostia dal sacerdote, ma poi prevede che sia lo stesso fedele ad afferrarla con le dita e portarla alla bocca. Sotto questo aspetto, nella Comunione sulla mano, il sacerdozio dei fedeli non è maggiormente sottolineato, ma frainteso. Esso viene esercitato nell’offerta di se stessi e di ogni realtà creata insieme alla Vittima divina, non mediante l’imitazione di gesti che sono propriamente sacerdotali.

Un quinto argomento critica la Comunione sulla lingua e in ginocchio come esito di uno spostamento dall’Eucaristia intesa e vissuta come convivio all’Eucaristia come oggetto di adorazione. L’Eucaristia, si sostiene, è stata voluta dal Signore come nutrimento, non come oggetto di adorazione. Nel suo Discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005, Benedetto XVI mostrava come l’aut-aut tra Eucaristia come cibo ed Eucaristia da adorare fosse una falsa alternativa: «Nell’esperienza di preghiera della Chiesa – diceva – si è ormai manifestata la mancanza di senso di una tale contrapposizione. Già Agostino aveva detto: “…nemo autem illam carnem mandúcat, nisi prius adoráverit;… peccémus non adorándo – Nessuno mangia questa carne senza prima adorarla; … peccheremmo se non la adorassimo” (cfr Enarr. in Ps 98,9 CCL XXXIX 1385)». E la ragione appare con evidenza non appena si abbandona il “che cosa” è l’Eucaristia e si pone mente a Chi è: «Di fatto, non è che nell’Eucaristia riceviamo semplicemente una qualche cosa. Essa è l’incontro e l’unificazione di persone; la persona, però, che ci viene incontro e desidera unirsi a noi è il Figlio di Dio. Una tale unificazione può soltanto realizzarsi secondo le modalità dell’adorazione. Ricevere l’Eucaristia significa adorare Colui che riceviamo». La ricezione della Comunione in ginocchio e sulla lingua esprime in modo eminente questa adorazione. La Comunione sul palmo la prevedeva proprio nell’inchino profondo che il fedele era “costretto” a compiere, per portare l’Ostia consacrata direttamente dal palmo della mano sinistra alla bocca. Nella forma attuale essa è semplicemente sparita, sostituita (da quei pochi che se ne ricordano) con un semplice inchino del capo, che è tradizionalmente segno di riverenza e non di adorazione.

Un’ultima ragione poco profonda ma molto diffusa è quella igienica. Ci sia permesso di tagliare la testa al toro: la liturgia non ragiona per presunti criteri igienici, ma per la convenienza dei segni. Ad ogni modo, è bene ricordare che il tocco della lingua del fedele da parte delle dita del sacerdote sta diventando tanto più frequente quanto meno viene praticata la Comunione sulla lingua. Non è un paradosso. Molto semplicemente, i sacerdoti non sono quasi più capaci di dare la Comunione sulla lingua e i fedeli non sanno più riceverla; perché l’Ostia non dev’essere messa in bocca al fedele, ma appoggiata sulla lingua adeguatamente esposta. Seguendo queste indicazioni la possibilità di un accidentale contatto diventa molto più rara. Se guardassimo ad Oriente, resteremmo stupiti dalla straordinaria manualità dei sacerdoti di Rito bizantino nel porre nella bocca del fedele la piccola porzione di Pane consacrato insieme al Sangue di Cristo con un piccolo cucchiaio; e anche dalla semplice abilità dei fedeli di porsi in modo da agevolare il sacerdote. Con un pochino di buona volontà e di consuetudine, tutto può essere superato. Resta il criterio fondamentale che la priorità per la Chiesa è la custodia della Santa Eucaristia da ogni profanazione e dalla dispersione dei frammenti.



Ora di dottrina / 167 – La trascrizione

La sepoltura di Cristo – Il testo del video

15_06_2025 Luisella Scrosati

San Tommaso dà tre ragioni di convenienza della sepoltura di Cristo, che è il prototipo della nostra: morendo in Lui, risorgeremo alla gloria. Perché la sua sepoltura fu onorifica e perché sono importanti i dettagli del giardino e del sepolcro nuovo (e altrui).

Ora di dottrina / 166 – Il supplemento

La Comunione sulla lingua e il legame con il mistero eucaristico

08_06_2025 Luisella Scrosati

La Chiesa ha nel tempo riconosciuto e “selezionato” la Comunione sulla lingua come la modalità più adeguata per esprimere la sua cura verso questo mirabile sacramento, tutto il suo amore e la sua riverenza per Gesù nell’Eucaristia.

Ora di dottrina / 165 – Il supplemento

La Comunione sulla lingua, le ragioni di un gesto

01_06_2025 Luisella Scrosati

Diverse importanti ragioni portarono la Chiesa a preferire di evitare che l’Eucaristia entrasse in contatto con le mani dei fedeli: la preoccupazione per la perdita dei frammenti, il rischio di profanazioni, il senso del sacerdozio. La lezione dei Vangeli.

Ora di dottrina / 164 – Il supplemento

L’autocomunione e il divieto della Chiesa antica

25_05_2025 Luisella Scrosati

Fin dai primi secoli vigeva nella Chiesa il divieto per i fedeli di autocomunicarsi, eccezion fatta per le situazioni di persecuzione. L’attuale pratica della Comunione sulla mano, ben diversa da quella antica sul palmo, è una forma ibrida di ricezione e autocomunicazione. L’equivoco sul verbo, polisemico, λαμβάνω (lambáno).

Ora di dottrina / 163 – Il supplemento

La Comunione sulla mano e la visione distorta della Tradizione

18_05_2025 Luisella Scrosati

La Chiesa, specie in ambito liturgico, ha avuto modo di mettere in guardia da due visioni distorte della Tradizione, entrambe componenti del “progressismo”: l’archeologismo e la smania di cambiare. La Comunione sulla mano è figlia proprio di una deviazione archeologista. Spieghiamo perché.

Ora di dottrina / 162 – Il supplemento

Comunione sulla mano e sulla lingua, una ricostruzione storica

11_05_2025 Luisella Scrosati

In base alle fonti antiche, più che sulle mani si dovrebbe parlare di Comunione sul palmo. Le modalità non erano come quelle attuali, perché i Padri si preoccupavano della riverenza all’Eucaristia. E questa cura ha portato, come logico sviluppo, alla Comunione direttamente sulla lingua.

Ora di dottrina / 161 – Il supplemento

Negare la Comunione sulla lingua è un abuso giuridico

04_05_2025 Luisella Scrosati

Il divieto di mons. Forte di dare l’Eucaristia sulla lingua non è giuridicamente vincolante perché è contrario alle leggi superiori della Chiesa, dalla Memoriale Domini alla Redemptionis Sacramentum. È perciò il vescovo di Chieti a porsi in disobbedienza. Consigli per i fedeli.

diktat

"Chieti" e non ti sarà dato: Forte nega la comunione in bocca

Nell'arcidiocesi abruzzese è obbligatorio ricevere l'Eucaristia sulle mani. L'arcivescovo si scaglia contro l'uso tradizionale e ammanta di obbedienza la pretesa di imporre la sua personale visione, forzando le norme e anche la lingua greca.