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AMORIS LAETITIA

Comunione ai divorziati risposati? Una menzogna

Il dibattito sull'ottavo capitolo della Amoris Laetitia dimentica generalmente la teologia sacramentale, ovvero il legame teologico che esiste tra sacramento del matrimonio e sacramento dell'Eucaristia. È qui che si capisce l'assurdità di permettere l'accesso alla comunione a chi è divorziato e risposato.

Famiglia 28_12_2016
Divorziati

Un giorno i farisei chiesero a Gesù se era lecito ripudiare la propria moglie, dal momento che Mosè lo aveva permesso in alcuni casi. Gesù non si fece intrappolare dalla casistica farisaica e ricordò loro che Dio aveva creato l’uomo e la donna perché fossero “due in una sola carne” (Gen 2,24) e quindi l’uomo non può separare ciò che Dio ha unito (Mc 10,2-9; cfr. Mt 5,31; Lc 16,18; De 24, 1-4]. Alla visione limitativa moralistico-legale dei farisei (legge di Mosé), Gesù oppone una ben più ampia visione teologica (il significato del progetto creativo di Dio).

Le discussioni sull’interpretazione del cap. VIII dell’Esortazione Apostolica Amoris Laetitia, particolarmente sulla possibilità per i fedeli divorziati e risposati (o in genere per tutte le coppie cosiddette irregolari) di accedere - almeno in alcuni specifici casi - all’Eucaristia, insistono troppo – a mio parere - sugli aspetti morali o pastorali, e poco su quelli teologici, col rischio di perdere di vista il legame tra i vari sacramenti e di essi con il progetto creativo e redentivo di Dio in Cristo.

Questo non vuol dire che la questione morale sia secondaria, ma che - trattandosi appunto di sacramenti - bisogna far riferimento anche alla teologia sacramentale. La domanda allora è questa: Quale legame teologico esiste tra il sacramento del Matrimonio e il sacramento dell’Eucaristia?

Cercherò qui solo di introdurre il tema, essendo l’argomento bisognoso di ben altra trattazione. Nella Lettera agli Efesini (5,31-32) l’Apostolo afferma: «Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» Il mistero della Chiesa è – secondo Paolo - in stretto rapporto col mistero dell’unione sponsale tra uomo e donna. Infatti, il vero sposalizio, il vero “grande mistero” (tradotto sacramentum nella Vulgata latina) è il rapporto sponsale tra Cristo e la Chiesa, chiamati a diventare – nel progetto d’amore di Dio - una sola carne. Del resto, l’immagine sponsale del rapporto tra Dio e l’umanità attraversa tutta la Bibbia.

Possiamo dire – in estrema sintesi – che il “mistero” di Dio comincia con una coppia (Adamo-Eva) si sviluppa con un’altra coppia (Jahvé-Israele) e, dopo il fallimento di queste a causa dell’infedeltà umana, si realizza finalmente con la coppia Cristo-Chiesa. Questo definitivo “matrimonio” ha una dimensione storica e una escatologica: in quella storica lo Sposo-Cristo dovrà continuamente purificare la Sposa-Chiesa attraverso i secoli con numerose prove (soprattutto il martirio), mentre in quella escatologica la Sposa-Chiesa, resa santa e immacolata dal sangue dell’Agnello, la Gerusalemme celeste, celebrerà le nozze eterne e definitive con Lui.

E’ questo il “mistero della fede” che viene celebrato e attuato nella vita della Chiesa  attraverso l’Eucaristia, “memoriale della morte e risurrezione del suo Signore nell’attesa della sua venuta”. Lo Sposo Cristo-Eucaristico continua, attraverso questo mistero-sacramento, a offrire la sua vita per purificare, santificare e unire a sé la Sposa-Chiesa presente nell’assemblea convocata, e poi la unisce a sé diventando con lei “una sola carne” attraverso la Comunione eucaristica.

La Santa Comunione è dunque un atto nuziale. Essa realizza e trascende il significato ultimo dell’unione “nella carne” di due sposi cristiani. I sacramenti del matrimonio e dell’Eucaristia sono dunque ordinati l’uno all’altra, l’uno non può esistere senza l’altra, l’uno senza l’altra perde di significato. Di più: tutti i sacramenti hanno una dimensione sponsale, perché tutti esprimono le diverse maniere con cui Cristo unisce a sé la sua Sposa e questo non è strano, perché la stessa Chiesa è “sacramento universale di salvezza”.

Joseph Ratzinger, in una lezione tenuta al Congresso eucaristico di Como il 10 settembre 1997, affermava: «Ricevere l’eucaristia […] significa: fusione delle esistenze, profonda analogia spirituale con ciò che avviene nell’unione di un uomo e di una donna sul piano fisico-psicologico-spirituale. […] L’«eros» della creatura viene assunto dall’«agape» del Creatore e diviene così quel beatificante abbraccio, di cui parla sant’Agostino. La lettera agli Efesini […] cita interamente e con esattezza la profezia di Adamo del divenire una sola carne di uomo e donna come la visione del mysterion che sta all’inizio dell’umanità e allo stesso tempo la spinge continuamente in avanti, per la quale l’amore di un uomo e di una donna costituisce l’analogia concreta fondamentale”. […] Fare la comunione significa diventare Chiesa, perché significa divenire un solo corpo con Lui. Naturalmente questo essere-un-solo-corpo deve essere pensato secondo la modalità dell’essere una cosa sola di un uomo e di una donna: una sola carne e tuttavia due persone, due e tuttavia una cosa sola. La differenza non viene eliminata, ma assunta in un’unità più profonda».

Quando un uomo e una donna cristiani celebrano validamente il sacramento del matrimonio, che ne siano consapevoli o meno, significano e annunciano, attraverso la loro unione fisica-psichica-spirituale il “mistero della fede” attualizzato nel sacramento eucaristico in tutte le sue dimensioni. Di conseguenza, se si spezza liberamente quell’unione col divorzio e se ne forma un’altra, civile o di fatto, questa seconda unione, anche se fosse più piena e felice della precedente, non avrà niente a che fare con quel “sacramentum-mysterion” e quindi non avrà più nessun rapporto col “sacramento” eucaristico, cioè l’essere una sola carne con Cristo. Pretendere di accedere alla Santa Comunione in tale situazione sarebbe perciò, piaccia o non piaccia, una vera e propria menzogna. Si facciano pure tutte le casistiche possibili: nessuna situazione concreta potrà mai contraddire questo fondamentale dato teologico.