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EDITORIALE

Comunicazione vaticana, parliamone

La debolezza della risposta della Santa Sede all'Onu è una strategia saggia o semplice improvvisazione? Alcuni lettori propendono per la prima ipotesi, ma i fatti ci dicono altrimenti: la mitezza non può essere confusa con la remissività.

Editoriali 18_02_2014
Lo stemma del Vaticano

Caro direttore,

leggo i suoi articoli sulla vicenda Onu-Vaticano (clicca qui e qui). Lei sostiene che la Santa Sede ha "problemi di comunicazione". Provi invece a valutare l'ipotesi che si tratti di una nuova "strategia di comunicazione": tutti impariamo già da bambini che se si vuole fare a botte bisogna avere una buona probabilità di darle anziché prenderle. La Santa Sede ha potere di deterrenza nei confronti dell'ONU? Assolutamente no. Dunque se la Santa Sede avesse scatenato il putiferio che lei chiede ne avrebbe potuto ottenere un vantaggio? No. Chi ci vuole eliminare dalla storia ha molti più soldi, più giornalisti, più divisioni corazzate (ricorda Papa Giovanni e Stalin?) di noi. Quindi la cosa più saggia è fare di tutto perché il fuoco si spenga per mancanza di combustibile.

La strategia di Papa Francesco è chiarissima: grida quando ha buone possibilità di ottenere il bene per i fratelli (come quando si è opposto vigorosamente all'intervento armato in Siria) e sta zitto in tutti gli altri casi seguendo il motto francescano della perfetta letizia.

Noi non possiamo convincere nessuno "a parole" e gridando. E non dobbiamo farlo: non è la nostra missione. Possiamo solo sforzarci di operare bene e chi vuole capire capirà. "Non resistere al malvagio" vorrà pur dire qualcosa.

Seguo da sempre assiduamente la "Bussola" che è una fonte di dati molto utile anche se, in vari casi, io non concordo con la "strategia".

Cordiali saluti.

P.M.

Caro direttore,

Le scrivo per esprimere la mia solidarietà al Papa per la saggia pazienza che ha mostrato nei confronti delle provocazioni dell'Onu. Parolin è stato rigoroso e misericordioso... Lascia all'Onu lo spazio per la conversione...

Stimo la Bussola e combatto anche io la buona battaglia della fede perciò vi invito a considerare la strategia del Papa come vincente perché  improntata a quella mitezza che - sola - fa ereditare la terra. La Parola di Dio non passa...

Grazie per l'attenzione. Buon lavoro e complimenti

A. M.

 

Ho scelto queste due lettere, tra quelle che sono arrivate sull’argomento,  perché mi permettono di chiarire il mio pensiero a proposito della risposta della Santa Sede al durissimo attacco da parte della Commissione Onu sui fanciulli.

Avevo volutamente separato due questioni, quella sui contenuti della risposta della Santa Sede dalla modalità con cui è stata comunicata, perché credo che siano due problemi diversi.

Intanto chiariamo sul tipo di risposta: non pretendevo che la Santa Sede dichiarasse guerra all’Onu; in realtà non ce ne è neanche bisogno visto che è l’Onu ad aver dichiarato guerra; quindi piaccia o no, in guerra già ci siamo e non certo da oggi. Forse in Segreteria di Stato farebbero bene a farsi raccontare dal cardinale Renato Martino, che all’Onu di New York è stato nunzio per 16 anni – dal 1986 al 2002 –, che cosa ha dovuto vedere e di quali e quanti attacchi la Santa Sede è stata fatta oggetto nel lungo periodo delle Conferenze internazionali dell’Onu (parlo soprattutto degli anni ’90), di cui quello che accade oggi è diretta conseguenza.

Quindi non si tratta di scatenare un putiferio, ma di rendere ragione con fermezza della propria posizione, che poi niente altro è che il disegno di Dio sull’uomo. Del resto è anche quello che farebbe qualsiasi buon padre di famiglia: può darsi che il proprio figlio abbia commesso un errore anche grave, e per questo lo punirà severamente. Ma allo stesso tempo reagirebbe con fermezza se i vicini di casa o colleghi volessero usare l’errore del figlio per distruggerlo o per calunniare l’intera famiglia. E lo farebbe anche se non avesse potere o soldi da investire in avvocati, solo per dignità.

Anche nel Vangelo da nessuna parte trovo ragioni e comportamenti che giustifichino il silenzio o una risposta inadeguata alla gravità della provocazione: quando Gesù, davanti alle provocazioni dei farisei e degli scribi, risponde a muso duro dando loro anche degli ipocriti, sepolcri imbiancati e razza di vipere, non è che stia lì a fare molti calcoli sulla convenienza o se i farisei sono più potenti e anche in grado di metterlo a morte. Né per questo si può affermare che Gesù non sia mite: la mitezza è ben altro che la remissività e l’accettazione di qualsiasi sopruso. E non credo neanche che questa sia una strategia di Papa Francesco, succedeva anche prima; credo piuttosto che ci sia qualcosa da mettere a punto nella Segreteria di Stato e in qualche Pontificio Consiglio: negli ultimi anni ci sono stati molti avvicendamenti e probabilmente si è persa molta dell’esperienza e della conoscenza dei problemi che invece caratterizzava personaggi che hanno rappresentato la Chiesa nelle sedi internazionali negli anni precedenti.

E anche il problema della modalità della comunicazione non nasce certo ora; ha accompagnato anche il pontificato di Benedetto XVI. Tanto è vero che questo dovrebbe essere uno dei primi problemi che papa Francesco affronterà nello sforzo di riformare la Curia. La questione della comunicazione è importante, perché da questa dipende tutto il messaggio della Chiesa. In un mondo che già è tutto teso a strumentalizzare dichiarazioni del Papa e dei cardinali ed eventi ecclesiali, presentare nel modo più inequivocabile possibile ciò che si vuole comunicare è fondamentale. Nulla ci può salvare dalla voglia di distorcere e strumentalizzare, ma almeno evitare di fornire anche materia.

Nella fattispecie, davanti a un attacco come quello dell’Onu il comportamento di chi gestisce la comunicazione dovrebbe essere assolutamente chiaro sia che – davanti a un attacco - si voglia scatenare un putiferio sia che si preferisca il silenzio. Invece nell’occasione - ma non è la prima volta – abbiamo avuto tre interventi nell’arco di tre giorni, da tre soggetti diversi che hanno parlato in diverso modo. Per non parlare poi dei cardinali – anche quelli della Commissione degli otto – che intervengono su tutto tirando il Papa di qua e di là e magari attaccandosi fra di loro, come stiamo vedendo ultimamente. Ripeto: non c’entra nulla Papa Francesco, è qualcosa che succede da alcuni anni e non fa che creare confusione.

Nel mio articolo facevo riferimento a un esempio positivo, sul piano della comunicazione, che ha caratterizzato il pontificato di Giovanni Paolo II. Non credo che primariamente sia un problema di valore delle singole persone ma di organizzazione. Basti un esempio: anche l’ultimo presidente di Consiglio regionale in Italia – e sicuramente anche qualche sindaco – ha almeno un portavoce che fa solo questo lavoro a tempo pieno – a stretto e costante contatto con il politico di riferimento - e in genere ha anche una struttura di ufficio stampa di supporto. L'attuale portavoce vaticano invece – dicasi il portavoce della Santa Sede e del Papa – è a mezzo servizio, avendo anche il ruolo di direttore di Radio Vaticana (e con Benedetto XVI aveva anche il terzo incarico come direttore del Centro Televisivo Vaticano) e il suo contatto con il Papa non è certo costante. Figurarsi poi se può essere in grado di controllare ciò che esce da Congregazioni e Pontifici Consigli.

Ci si può allora poi stupire se accadono “incidenti”? E’ pensabile che la comunicazione vaticana possa funzionare in questo modo?