Como, lettera da una città di frontiera
Lettera da Como, ormai città di frontiera, con centinaia di immigrati in transito e invasa dai "no borders" che cercano solo lo scontro e distruggono l'opera di volontariato. Cronache di quotidiane piccole violenze e di una città che sta diventando un luogo di frontiera
Caro Direttore,
Ti scrivo per descrivere la situazione che si è venuta a creare a Como, ormai uno dei punti caldi della lotta politica sull'immigrazione. Faccio una debita premessa: sono di Como e vivo a Como. Secondo: non sono razzista. Terzo: nell'aiuto ai profughi (tutti i media nazionali hanno parlato degli ormai quattro, cinquecento migranti stabilitisi da due mesi nel parco della stazione comasca) ho fatto volontariato. Quindi conosco la situazione e vi racconto la cronaca di quello che so sull'argomento, senza commenti, il lettore commenterà da solo.
Sono stata più volte in stazione, ho parlato con chi c'era, ho curiosato la settimana scorsa alla manifestazione di "Como ai comaschi" in pratica organizzata da Forza Nuova (era aperta a tutti ma c'erano solo loro), e poi sono andata in stazione dove in contemporanea i molti "no borders" erano riuniti in assemblea, seduti in circolo per terra, per decidere "democraticamente" se andare "a farla pagare a questi fascisti e nazisti di m.": in mezzo ai due gruppi (tra loro, centocinquanta metri), fisicamente, i poliziotti, quelli comaschi, bravi, bravissimi, ma negli anni il loro compito più impegnativo è stato quello di tenere a bada, all'uscita dallo stadio, la voglia dei tifosi della Curva Ovest del Como di scontrarsi con i tifosi della squadra avversaria. Robetta, e infatti nei giorni scorsi è intervenuta la Digos, per far smontare una cucina autogestita dai "no borders", che si autodefiniscono "solidali".
La "storia" oggi è arrivata a questo punto: i "no borders" giunti un po' da tutta Italia, insieme ai "no borders" arrivati dalla Svizzera, e sicuramente almeno uno dalla Francia, un ragazzo parlava francese, stanno strumentalizzando - anzi: hanno già strumentalizzato - i migranti, li hanno convinti che non tutti quelli che li aiutano (leggi l'ottima Caritas, con la quale i "no borders" hanno cercato lo scontro, come da copione) lo fanno per il loro bene. Conseguenza: questa frangia politicizzata che odia le regole e le forze dell'ordine, che odia l'Europa e chi non la pensa come loro, che in generale odia, ha distrutto il lento, paziente e fondamentale lavoro di costruzione di un rapporto tra i migranti e la città. Lo so che si passa per razzisti a scriverlo: fondamentale perchè Como è una città che in gran parte non li ama, che non li vuole, a differenza - questo va detto - dei tanti volontari (cristiani, atei, professionisti e casalinghe, pidiessini, i disgustati dalla politica e i forzanuovisti) che hanno "lavorato per loro", vedi alla mesa della parrocchia di Sant'Eusebio per la preparazione e distribuzione dei pasti. Gestioni che i "no borders" vorrebbero sfilare dalle mani della Caritas. Risultato: oltre duecento migranti domenica sera e lunedì non si sono presentati alla mensa: un mini sciopero della fame?
Questo gruppo di "no borders" - che sono molto ben organizzati - ha scritto due comunicati. Del primo sorvolo, riporto solo il titolo: "Contro le deportazioni. Solidarietà con i migranti". Passiamo al "report assemblea", tre lunghe pagine che sono una dichiarazione di guerra: ribadiscono che il centro di accoglienza è governativo, quindi la gestione non è affidata al Comune ma alla Croce Rossa. In altre parole: la Caritas non deve gestire niente. Secondo: se la prendono con il Prefetto perchè i "no borders" non sono stati invitati i giorni scorsi ad un incontro ufficiale. Ma il bello viene dopo. Ecco due dei loro obbiettivi: "fare informazione tra le persone, metterle in una condizione di provocazione", "prendere una posizione sulla criminalità organizzata, tenendo conto però che spesso determinate politiche costringono i migranti a rivolgersi ad essa".
Ho detto che avrei fatto la cronista. E allora riporto - me lo hanno raccontato le dirette interessate - cosa è accaduto a due ragazze comasche. La prima era seduta in piazza Volta, centro città, con il suo ragazzo. A un certo punto con la coda dell'occhio ha visto muoversi la borsa che aveva appoggiato sulla sedia accanto. Mi ha raccontato che c'era un uomo di colore (riporto solo le sue parole) accucciato per terra: vistosi scoperto si è alzato ed é scappato. La seconda ragazza verso l'una di notte mentre tornava a casa a piedi attraverso il centro di Como (a Como si è sempre andate in giro da sole anche all'una di notte) si è accorta che due ragazzi di colore a distanza la seguivano. Ha allungato il passo, e l'hanno allungato anche loro. Si è messa a correre, e si sono messi a correre anche loro. Ha iniziato a gridare aiuto. Sono spuntati due ragazzini i quali, vista la situazione, hanno cominciato a correre con la ragazza. Fortunatamente è arrivata una pattuglia della Polizia. Conclusione della storia: i due ragazzi di colore sono stati fermati e (per forza) lasciati andare, tra l'altro non avevano uno straccio di documento. Mi spiace scriverlo, potrei continuare e raccontare, ad esempio degli spinelli che ho visto in stazione... Questo è quello che sta accadendo a Como, città turistica, e sottolineo il turistica.
Poi certo, per fortuna, ci sono molti Jonathan, 27 anni, arrivato dal Camerun. Che studia italiano, si è iscritto alle medie, ha fatto uno stage lavorativo di tre mesi e si sta preparando per il battesimo. Un'ultima notizia sempre da cronista: a Como sono arrivati i primi container per ospitare trecento migranti, che i "no borders" stanno cercando di convincere a non andare. E il 16 in pieno centro città (e vicino alla stazione e ai "no borders") ci sarà un presidio della Lega Nord, con comizio alle 14 di Matteo Salvini.