Come sarebbe bello rivedere Saba, Pirandello o Pascoli
A pochi giorni dall’inizio degli esami di maturità, è utile ricordare che è impossibile che avvengano fughe di notizie sulle tracce dei temi. In questi anni la selezione degli autori è stata ridotta, a sottovalutazione del patrimonio letterario del Novecento. Saba, Pirandello Pascoli o D’Annunzio: ecco le mie preferenze.
Pochi giorni prima dell’esame di maturità sui siti internet iniziano a circolare indiscrezioni di fughe di notizia sulle tracce dei temi oppure vengono ventilate ipotesi sugli autori più probabili e sugli argomenti più probabili per lo scritto di italiano. È inutile ricordare che è davvero impossibile che avvengano fughe di notizie di questo genere, in questi anni non si sono mai verificate le previsioni del Tototema.
Il meccanismo con cui sono scelte e selezionate le tracce rende pressoché impossibile la fuga di notizie. Aggiungiamo, poi, che nel caso in cui questa avvenisse sarebbero facilmente rintracciabili i responsabili. Anche la protezione informatica sulle tracce è tale che gli hackers non sono mai riusciti a violarla. Comunque, è bene dirlo, le tracce sono già state scelte da più di un mese. Ne ha dato notizia il ministro dell’Istruzione Giannini l’8 maggio.
Fatta questa premessa, è, però, doveroso ricordare che esistono delle linee di tendenza nelle scelte delle proposte per la prima prova. Ricordiamo a tutti che la riforma dell’esame di Stato entrata in vigore nell’anno scolastico 1998-1999 ha introdotto quattro tipologie di prova: la tipologia A o analisi di testo, la B ovvero lo svolgimento di un articolo o di un saggio breve a partire da materiale documentario a scelta tra quattro ambiti (artistico-letterario, storico-politico, socio-economico, tecnico-scientifico), la tipologia C ovvero il tema di Storia e la D (tema di attualità).
Partiamo dall’analisi di testo, di solito una delle tipologie meno affrontate dagli studenti nella media nazionale, ma, in realtà, la più semplice per chi abbia studiato letteratura durante l’anno. In questi anni la selezione degli autori prescelti è stata davvero ridotta, indice di poca fantasia e di una sottovalutazione del patrimonio letterario del Novecento italiano. Sono stati proposti: tre volte Ungaretti, tre volte Montale, due volte Quasimodo, due il Paradiso, una volta Saba, Pavese, Pirandello, Primo Levi, Svevo, Magris. In questi diciassette anni la selezione ha riguardato solo il Novecento. È stato escluso il secondo Ottocento che viene studiato in tutte le scuole in quinta superiore. Mi chiedo le ragioni di questa esclusione: forse il desiderio di affrontare la contemporaneità, dimenticandosi però totalmente della tradizione precedente? Chi insegna sa, in realtà, che molti docenti partono nell’ultimo anno ancora da Leopardi o Manzoni, raramente da Verga. L’Ottocento non compare nelle proposte della tipologia A.
Ma anche tra gli autori del Novecento incontriamo degli illustri esclusi, Pascoli e D’Annunzio su tutti. Non certo ragioni artistiche possono motivare questa esclusione, casomai motivazioni moralistiche o ideologiche. Per caso, il peso di Saba nella nostra storia letteraria e culturale può essere paragonato a quello di d’Annunzio? Si sono celebrati nel 2013 i centocinquanta anni dalla nascita di Gabriele d’Annunzio (1863-1938), un autore che è emblema del suo tempo e della Belle Époque e, nel contempo, corifeo di quell’esasperata ricerca edonistica che è propria dell’uomo contemporaneo. Forse per questo oggi non piace, perché è uno specchio in cui l’uomo di oggi rischia di riconoscersi. Forse per lo stesso motivo oggi è trascurato nelle scuole. Oppure perché non viene proposto Pascoli, uno dei più grandi poeti della contemporaneità?
All’esame di maturità la letteratura italiana del Novecento appare ridotta, povera e scarna. Abbiamo avuto tanti scrittori importanti. Tra gli altri Guido Gozzano, Ada Negri, Dino Buzzati, Federico Tozzi, Angelo Gatti, Giuseppe Tomasi de Lampedusa, Giovannino Guareschi, Pier Paolo Pasolini, Clemente Rebora, Carlo Emilio Gadda, Carlo Betocchi, Giovanni Testori, Mario Luzi, Alda Merini, Andrea Zanzotto e Grazia Deledda (premio Nobel per la letteratura prima di Pirandello). Eppure, nonostante la ricchezza della nostra tradizione e cultura letteraria il ministero nel 2013 ha offerto a mezzo milioni di studenti l’analisi di un testo tratto da un saggio di Claudio Magris. Chiaramente l’intento appare quello di separare la scuola dalla dimensione fastidiosa e noiosa della cultura, della poesia, dei classici per inserirla a pieno titolo nella dimensione della scuola delle competenze, che va tanto di moda oggi, come se l’istruzione, la preparazione culturale e la sensibilità letteraria non presupponessero competenze e, nel contempo, non portassero gli alunni a formarsele.
Penso che qui vi sia un male inteso concetto di competenza assolutizzato e svincolato dalla cultura. Dopo cinque anni di studio di superiori in cui i ragazzi hanno imparato ad apprezzare (o almeno così si spera) testi letterari di narrativa e di poesia, gli studenti devono rispondere a domande di comprensione di un testo non narrativo né tantomeno poetico. Perché sempre più importante appare il fatto che un ragazzo sappia capire qualsiasi testo, mentre è sempre meno significativo che uno studente abbia studiato, abbia una memoria letteraria, si ricordi? Mi sembra che venga assecondata un’impostazione didattica in cui la cultura e la tradizione vengono accantonate: alla base ci sta evidentemente una visione relativistica. Se la verità non esiste, non ha senso chiedere la memoria letteraria e la cultura, il passato è perdita di tempo, conta solo la capacità di agire sul reale, scevra di alcun aggancio al passato e di un’ipotesi di destino. Come può emergere la sensibilità letteraria e artistica di uno studente sulla prefazione di un libro, e ancor più di saggistica?
Queste sono le domande che mi sorgono pensando alla prima prova di quest’anno. Il ministero si indirizzerà verso una scuola delle competenze linguistiche a discapito del pregio letterario delle opere proposte, oppure tornerà a proporre i soliti autori del Novecento (quelli ritenuti grandi e importanti) trascurando tanta letteratura pregevole del secolo scorso? Dopo il 2013 si è tornati ad autori del passato, riconosciuti come grandi, Quasimodo e Calvino, ma guarda caso autori engagé, impegnati a livello politico. Troppo spesso il valore della letteratura e della poesia viene identificato con la presunta esemplarità civile dell’autore o dei testi. L’uomo, prima di essere cittadino, è una persona, con domande sull’esistenza e sulla vita. Non potrà essere un vero cittadino chi prima non avrà scoperto chi è davvero un uomo.
Se dovessi scegliere delle proposte per l’analisi di testo di quest’anno in base ai criteri seguiti dal ministero fino ad ora, selezionerei Saba. Solo una volta, infatti, e per di più nel lontano 2000, è stata scelta una poesia di Saba: La ritirata in piazza Aldrovandi a Bologna. Considerati la tendenza a ripetere i grandi della triade Ungaretti, Saba, Montale (tre volte Ungaretti e tre volte Montale) e il fatto che Saba sia stato proposto una sola volta, potrebbe essere ripresentato dopo tanti anni un componimento dell’autore triestino. Una bella esercitazione di quello che è il cantore dell’ordinario (parla anche del portiere di una squadra di calcio, della balia, della sua città, della figlia Linuccia, …) sarebbe la lettura della poesia A mia moglie, in dissonanza con tutta la tradizione cortese occidentale che ha esaltato i rapporti adulterini extra coniugali o le relazioni irraggiungibili.
Oppure la poesia Il Borgo. Ma l’esame di Stato potrebbe anche proporre il Pirandello novelliere o romanziere (nell’ottantesimo anniversario della morte), un lacerto del Paradiso (perché non il canto XXXIII, nell’anno del settecento cinquantesimo anniversario della morte di Beatrice?) o Pascoli e D’Annunzio che meriterebbero pure una presenza nel panorama degli esami per la prova di Italiano. La prossima volta dedicheremo lo spazio alle ipotesi sulle altre tipologie.