Come l'islamismo vuol introdurre la sua legge
La Costituente Islamica è ancora in corso. Nasce all’indomani della firma del Patto nazionale con l’islam italiano, sottoscritto dal Ministero dell’Interno con i rappresentati di 11 differenti entità. La Costituente nasce in dissenso con quella firma. E allora a cosa mira? E' molto più ambiziosa. Obiettivo finale potrebbe essere l'ingresso nella magistratura per introdurre la legge coranica. Ne parliamo con Maryan Ismail, firmataria del Patto.
La Costituente Islamica è ancora in corso. Nata su iniziativa, fra gli altri, di Hamza Roberto Piccardo, traduttore del Corano in Italiano e già segretario nazionale dell’Ucoii, la Costituente nasce all’indomani della firma del Patto nazionale con l’islam italiano, sottoscritto dal Ministero dell’Interno con i rappresentati di 11 differenti entità. La Costituente nasce in dissenso con quella firma.
Forse troppo frettolosamente, parte della stampa italiana l’ha definita come una costituente politica, intesa in senso classico: l’embrione di un partito islamico italiano. Gli organizzatori stessi smentiscono, come leggiamo sul sito della Costituente: “Quello che leggiamo in questa menzognera ed odiosa campagna è la volontà di negare ai musulmani d’Italia la possibilità di intraprendere un percorso democratico e trasparente che realizzi quello che la Costituzione prevede per tutte le Comunità religiose: un’Intesa ex articolo 8 della Costituzione che definisca il quadro legale in cui 2,6 milioni di musulmani e musulmane in Italia (900mila dei quali cittadini italiani) potranno godere della piena libertà di culto prevista dall’art.19 della Costituzione e partecipare, rispettosi e rispettati, allo sforzo dei sinceri, di altre o nessuna religione, al benessere del Paese.”. Però il Patto nazionale è già stato firmato. Che bisogno c’è di una “costituente”?
Per capirne di più, La Nuova Bussola Quotidiana ne ha parlato con una firmataria del Patto nazionale con l'islam italiano, Maryan Ismail Mohammed, presidente dell’Associazione Mamme e Bimbi Somali. Antropologa, somala, Maryan ha vissuto sulla pelle della sua famiglia la violenza del fondamentalismo islamico: esattamente due anni e un giorno fa, suo fratello Yusuf, ambasciatore della Somalia alle Nazioni Unite, veniva assassinato dagli Shebaab, gli jihadisti somali nati all’ombra di Al Qaeda e attualmente affiliati allo Stato Islamico. Nell’arena politica italiana, Maryan Ismail era candidata nelle liste del Pd alle elezioni amministrative di Milano, ma ha lasciato il partito in polemica con il poco spazio lasciato ai musulmani più laici e moderati, a favore della candidatura di Sumaya Abdel Qader, espressione del Caim. Maryan ha costituito l’Associazione dei Musulmani Laici, proprio in contrapposizione alla Costituente Islamica. Della quale ci dice: “E’ una ricerca democratica, allargata alla base, di individuare persone da sostenere politicamente, perché portatrici di istanze della comunità islamica. O meglio: di quella parte della comunità islamica che non si riconosce nel percorso fatto finora con lo Stato. Ed è una contrapposizione evidente”.
In Olanda ha partecipato alle elezioni il partito Denk, guidato da cittadini musulmani di origine turca, ma secondo Maryan Islamail l’obiettivo della Costituente italiana non è affatto quello di costituire un partito: “Non si parla di partito, almeno allo stato attuale delle cose. Si parla piuttosto di scegliere chi possa rappresentare la comunità. Ma la contraddizione sta proprio qui: continuare a insistere sul concetto che vi sia una e una sola comunità islamica. Mentre noi sosteniamo il contrario: ci sono più comunità musulmane italiane e la nostra pluralità è una ricchezza. Non deve essere omologata nel nome di un’esigenza che tutti quanti abbiamo, come musulmani, perché siamo l’ultima e unica religione non ancora riconosciuta dallo Stato. Ma se iniziamo un cammino democratico, dobbiamo rispettare diritti e doveri, non puntare a una continua contrapposizione. E’ la richiesta di un diritto legittimo, ma a mio avviso è chiesto in modo errato”.
In modo errato, prima di tutto perché: “Non viene riconosciuto lo sforzo compiuto nel corso di un decennio per arrivare alla firma del Patto. Non si riconosce che quel Patto è una prima tappa, da cui arrivare alla stesura di un protocollo (o di più protocolli) con le comunità islamiche. E’ indicativo che si vuole andare verso una polarizzazione, anche politica. Ed è quello che si deve evitare: proprio per la delicatezza del momento, proprio per la tensione fra mondo islamico e Occidente, proprio per le guerre intestine nella comunità sunnita, nei suoi paesi d’origine, è necessario fare un cammino unitario nel rispetto delle differenze”. Polarizzare e cercare rappresentanti di una comunità unificata, ma… “E’ un progetto di una piccola parte della comunità, legata all’Ucoii, che si è irrigidita e ha condotto una trattativa con lo Stato sempre al rialzo: non ha voluto firmare la carta Amato e la carta Pisanu. Questa volta l’Ucoii ha firmato, ma questa piccola parte di dissidenti, tuttora nell’Ucoii o che comunque hanno condiviso con esso il loro percorso nell’ortodossia wahhabita, salafita e in parte nella Fratellanza musulmana, è proprio quella che tiene sotto scacco l’intera comunità musulmana. Forse non hanno capito che la maggioranza della comunità islamica si è affrancata da questo modo di fare e vuole costruire tutti i passaggi intermedi, come la formazione degli imam in Italia, la predica in italiano, il riconoscimento dello Stato unico, indivisibile e laico, i diritti fondamentali della persona, in cambio dell’istituzione dei tavoli territoriali, il riconoscimento giuridico e successivamente i protocolli di intesa”.
La parte dissidente, quella della Costituente, al contrario a cosa mira? Maryan Ismail intanto premette: “Posso fare una proiezione sui fini ultimi dell’operazione, ma si tratta solo di una mia opinione e non intendo innescare la solita diatriba sull’islamofobia (e da musulmana non vedo come mi si possa accusare di islamofobia…)”. Parliamo di questa proiezione, allora: “A mio avviso l’obiettivo è porre le proprie pedine politiche per promuovere la loro visione. E questa visione è più che esplicita: anche l’estate scorsa si è parlato di equiparare le unioni civili alla poligamia. Poligamia che, nei nostri paesi, noi stiamo cercando di sospendere, perché è una pratica in disuso, dispendiosa e non rispettosa della volontà delle parti. Il ritornare ‘sui propri passi’, posto che sia stata anche solo una boutade, ha però innescato un altro dibattito sul velo: lo si presenta come una sorta di sacra reliquia e lo si riveste di una simbologia che in realtà non appartiene all’islam. E non solo: c’è poi il rifiuto dell’adozione, perché l’islam politico riconosce solo l’affidamento. E infine, ma non da ultimo, la polemica sul tribunale islamico. E’ vero che già esistono altri tribunali religiosi delle minoranze, come il tribunale rabbinico. Ma il tribunale rabbinico, giusto per restare su questo esempio, esprime suggerimenti nella comunità ebraica, che non si contrappongono al diritto italiano, né disconoscono lo Stato. Un tribunale islamico, come vediamo già in Gran Bretagna, ha creato danni, perché è incompatibile con tutta una serie di diritti riconosciuti, soprattutto, alla donna: eredità dimezzata, diritto al divorzio, diritto alla tutela dei figli… temi fragili e importanti, che la battaglia sul velo racchiude non solo simbolicamente”.
Secondo Maryan Ismail, “sempre a mio parere”, la tappa finale, la “grande conquista” è quella della magistratura. Perché: “per attuare tutte le richieste legate al diritto islamico, il contenitore naturale è la magistratura”. Un obiettivo ambizioso, ma “non irrealizzabile”. La previsione si basa sull’esperienza in Somalia e in genere nelle società a maggioranza musulmana. “E’ un fenomeno che noi chiamiamo ‘islamizzazione dell’islam’. Nello Stato laico somalo la legge 3 del 1970, fra i reati punibili con la pena di morte (dalla quale mi dissocio nel modo più categorico) c’era anche lo sfruttamento della religione per creare disunione nazionale. Lo Stato laico di Siad Barre, pur con metodi brutali, aveva compreso che il pan-islamismo dei Fratelli Musulmani mirava a sfruttare la religione per creare disunione nazionale. Prima si consideravano islamici, poi somali. Dopo 27 anni di guerra civile, di Al Qaeda, di Al Shabaab e Isis, oggi la Somalia è irriconoscibile”. Però l’Italia non è a maggioranza musulmana: “ma questo progetto si fa forza sull’ignoranza dell’altra parte, della maggioranza. A parte pochi studiosi, nessuno è pronto a capire che esiste un progetto di islamizzazione dell’islam. L’Occidente avrebbe bisogno di un ripensamento, di un lavoro congiunto con le comunità islamiche, per creare il rispetto di uno Stato super-partes”.