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MANOVRE AL QUIRINALE

Come azzoppare Renzi prima del voto per il Presidente

Nella corsa al Quirinale non si azzoppano solo potenziali aspiranti, ma anche “grandi elettori” in grado di rivelarsi decisivi nell’elezione del successore di Sergio Mattarella. Se ne sta accorgendo in queste ore anche Matteo Renzi, che è abituato ad essere attenzionato dalla magistratura. 

Politica 09_11_2021
Matteo Renzi

Nella corsa al Quirinale non si azzoppano solo potenziali aspiranti, ma anche “grandi elettori” in grado di rivelarsi decisivi nell’elezione del successore di Sergio Mattarella. Se ne sta accorgendo in queste ore anche Matteo Renzi, che è abituato ad essere attenzionato dalla magistratura (peraltro nella sua famiglia è in buona compagnia), ed è parimenti esposto alle critiche da parte dei media, che amano metterlo nel loro tritacarne.

Colui che ha fatto eleggere Mattarella al Quirinale e che ha già fatto cadere tre governi, quello di Enrico Letta nella scorsa legislatura e quelli gialloverde e giallorosso in questa, potrebbe ragionevolmente aspirare ad essere il king maker dei giochi quirinalizi. E allora meglio depotenziarlo fin da ora, prima che possa pretendere di scegliere il candidato vincente per il Colle.

E’ il vecchio metodo della tenaglia mediatico-giudiziaria che negli anni passati non ha risparmiato Silvio Berlusconi e che, per stessa ammissione di molti esponenti della sinistra, ha condizionato l’evoluzione del quadro politico sulla base di presupposti discutibili e di accuse quanto meno ardite. All’epoca delle scissioni dentro Forza Italia, in particolare quella orchestrata da Angelino Alfano, si disse che il Cavaliere era finito e che il neonato contenitore politico avrebbe potuto attrarre moltissimi esponenti di Forza Italia. Così non fu e quello che si rivelò un minuscolo partitino per andare al governo con la sinistra ebbe poi vita breve. Ma intanto ostacolò l’avanzata del centrodestra. Analogo disegno la sinistra portò avanti manovrando l’allora Presidente della Camera, Gianfranco Fini in funzione antiberlusconiana. Ora la storia sembra ripetersi con Renzi. L’asse sinistra ideologica-Procure vorrebbe neutralizzarlo per impedirgli di essere decisivo nell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. E’ la stessa finalità perseguita negli ultimi mesi nei confronti di Matteo Salvini, che ampi settori della sinistra, e anche della destra, vorrebbero tenere fuori dalla maggioranza per eleggere il Capo dello Stato. Si tratta, infatti, di una elezione strategica che produce effetti per sette anni e quindi sia in questa che nelle prossime due legislature.

Matteo Renzi è un politico abile e spregiudicato, non ha praticamente più voti, ma dispone di 43 parlamentari che possono essere decisivi per far pendere la bilancia in favore di uno o di un altro candidato per il Quirinale. Dunque il Pd sta puntando a provocare l’implosione di Italia Viva, al fine di poterne raccogliere i cocci in Parlamento, magari promettendo la ricandidatura ad alcuni deputati e senatori renziani in cambio dell’appoggio a un candidato dem per il Colle.

Unica speranza che questo disegno riesca è far passare il messaggio che l’ex premier sia sul viale del tramonto e che dunque sia conveniente abbandonarlo e tornare all’ovile del Pd. Inchieste come quelle in corso finiscono per danneggiare l’immagine del leader di Italia Viva, ma non è detto che ciò possa davvero sfociare nel “liberi tutti” per i suoi deputati e senatori, che mostrano in realtà di essergli ancora molto fedeli.

Piuttosto si parla con insistenza dello scioglimento di Italia Viva subito dopo l’elezione del Quirinale e della sua confluenza in un nuovo cartello di centro, il cui esperimento sarebbe già in corso in Sicilia, con i renziani che vanno a braccetto del forzista Gianfranco Miccichè.

Da un punto di vista strettamente giuridico e della tutela dei diritti della persona, ciò che sta subendo Renzi nelle ultime ore è un vero e proprio linciaggio, con evidente violazione dei suoi diritti. Che abbia incassato 2,6 milioni di euro, come emerso dalle carte dell’inchiesta fiorentina sulla Fondazione Open, può essere certamente disdicevole per un politico che dovrebbe fare gli interessi del suo Paese. Tanto più se si tratta di un politico che soltanto tre anni fa portò in tv il suo conto corrente per dimostrare che per lui la politica era una missione e che lui non voleva trarne profitto.

Però in quell’occasione fu lui a rinunciare spontaneamente alla privacy su un suo dato sensibile, mentre negli ultimi giorni il suo conto corrente è stato spiattellato ai quattro venti dai media, per supportare le critiche nei suoi confronti e nei confronti della sua prassi di viaggiare all’estero per affari, trascurando probabilmente il suo ruolo di parlamentare. Ma questo accanimento sul senatore di Scandicci è un dejà vu che non può coglierci di sorpresa. Sono i soliti rituali di una vecchia politica che tenta di raggiungere con l’aiuto di toghe e mezzi di informazione quanto non riesce a raggiungere con il consenso popolare. E certamente, di qui a gennaio, quando inizieranno le votazioni per il nuovo Presidente della Repubblica, i colpi bassi potrebbero succedersi e colpire altri potenziali protagonisti della delicata e avvincente partita quirinalizia.