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APPROPRIAZIONE IDNEBITA

Com’è andato il golpe islamista in Egitto che ora imbarazza Obama

I morti, le censure in tv, l’appello contro i copti. I militari de Il Cairo alleati di Washington ora sono peggio dei Fratelli Musulmani. Così la vede
e la racconta Il Foglio.

 

Il Cairo, dal nostro corrispondente. I ragazzini copti tirano le pietre e si fanno il segno della croce, tirano altre pietre e fanno un altro segno della croce. Credono tutti, i copti della grande processione di domenica sera, con i preti con le stole, le croci illuminate dalle lampadine e lo striscione bianco “martiri a richiesta”, che l’unico attacco sia   quello di benvenuto che subiscono appena varcati i confini di Shoubra, uno dei quartieri in cui sono maggioranza. Piovono sassi da sopra il cavalcavia, loro rispondono, poi nient’altro. Cantano contro al Mushir, come lo chiamano con cautela piena di cerimonie le radio e le tv, ovvero il maresciallo di campo generale Tantawi, e cantano anche “Questa è la nostra terra”. Passano piazza Galaa al tramonto, questa volta dal corteo vola un solo colpo di pietra simbolico contro la porta della redazione di al Ahram, per gli articoli troppo a sfavore quando – e se – racconta le violenze sui copti.

A Maspiro, sul lungo Nilo, c’è la fila di vecchi blindati sovietici alti due metri. L’esercito di al Mushir Tantawi ha mezzi molto più moderni, americani, ma per non imbarazzare la Casa Bianca, che ogni anno dona due miliardi di dollari ai militari egiziani, non li usa in città e soprattutto non per i compiti antisommossa. Tira fuori i mezzi più obsoleti, per evitare che le tv possano inquadrare veicoli americani in azione contro gli egiziani. Dall’altra parte della strada c’è il palazzo della televisione, uno degli edifici più brutti del mondo, circondato da filo spinato e cancelli di ferro. In mezzo i copti. I militari non contengono più la folla, si fanno prendere dal panico. I blindati partono e muovono su e giù sulla strada, chi non riesce ad appiattirsi ai lati sparisce sotto le ruote. Dalla cima delle torrette sparano. Morti e feriti finiscono all’ospedale dei copti, dove si capisce subito che tipo di “scontri” sono: soldati contro civili a piedi.

La corrispondente del Christian Science Monitor, Kristen Chick, racconta di corpi scoppiati dal peso dei blindati e di Vivian che tiene la mano del fidanzato morto Maikel, la foto dei due per terra nell’obitorio sta diventando l’immagine simbolo. Dai ponti sul Nilo centinaia di egiziani osservano Maspiro attraverso il velo dei lacrimogeni: le fiamme, le macchine, le manganellate. I copti reagiscono, salgono su un blindato, lo incendiano, muoiono quattro soldati.

Dopo i morti, le cose prendono la forma di un golpe: le forze di sicurezza occupano le sedi di due emittenti televisive che stanno trasmettendo in diretta le immagini: una, al Hurra, è finanziata dagli americani. Accade così che l’esercito finanziato da Washington censura una tv pagata da Washington. I soldati occupano le strade del centro e sgombrano piazza Tahrir sparando in aria, circolano voci insistenti di corpi di manifestanti gettati in acqua per sottrarli alla vista della gente. Il governo dichiara il coprifuoco tra le 2 e le 7 di mattina. La tv di stato sostiene con un titolo rosso a tutto schermo e senza vergogna: “Diciannove soldati uccisi dai copti”; lo speaker invita la gente a scendere nelle strade per difendere l’esercito dell’Egitto dall’agressione dei copti – anche se è chiaro che la maggioranza dei morti è copta. Ieri mattina, infine,  è arrivata anche l’immancabile allusione alla “mano straniera” che giustificherebbe la mano pesante dei militari. Addirittura circola la voce di truppe americane pronte a essere schierate in difesa delle chiese.
Si è trattato di un coup anomalo, perché il regime militare il potere l’ha già e sta tentando ora di prolungarlo e di conservare un ruolo autonomo al di sopra del potere civile. L’appello all’islam e al pericolo inesistente del dilagare dei cristiani è stato infallibile: in piazza sono davvero scese bande di cittadini aizzati dalla polizia, s’è scatenata una caccia ai cristiani, “cristiani dove siete, qui c’è l’islam”, gridavano. I copti si sono difesi vigorosamente, aiutati da altri giovani musulmani che cantavano “cristiani e musulmani una sola mano”, come ai tempi che oggi sembrano remoti della rivoluzione ecumenica di febbraio.

La Fratellanza musulmana sta facendo le cose con un proprio partito, nell’ambito della gara politica, e per questo negozia e si scontra quasi ogni giorno con i generali. Questa del Supremo consiglio delle Forze armate è invece una deriva autoritaria, che s’alimenta di tensioni religiose e ideologiche (come nel caso dell’assalto all’ambasciata d’Israele). Si crede che l’Egitto possa essere diretto verso il modello turco, un partito islamico di maggioranza impegnato a contendere legge dopo legge il territorio ai laici. Invece è più diretto verso il modello algerino: una giunta militare disposta alla violenza, in questo caso a passare con i mezzi blindati sopra a una processione dei cristiani copti pur di mantenere il potere. La settimana scorsa il capo del Pentagono, Leon Panetta, è arrivato al Cairo per fare sentire di nuovo l’influenza dell’Amministrazione Obama, ma da ieri il dossier egiziano finisce a fare compagnia a quello pachistano nel cassetto dei più delicati.

Da Il Foglio dell'11 ottobre 2011.