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AMBIENTE

Clima, vulcani, risorse: non c'è nulla di nuovo

La fine dell’anno è stata l’occasione per fare i soliti bilanci catastrofici sulla situazione ambientale e climatica, ma la realtà ci insegna qualcosa di diverso.

Cultura 08_01_2011
freddo polare

La fine dell’anno è stata l’occasione per fare i soliti bilanci catastrofici sulla situazione ambientale, soprattutto prendendo spunto dalle condizioni meteorologiche, che nelle ultime settimane sono state indubbiamente inclementi. E’ il caso però di verificare con lucidità alcune di queste affermazioni, per capirne la reale fondatezza e quali suggerimenti allora ci offre la realtà.

Ci sono stati segnali forti di un “cambiamento climatico” rispetto agli anni passati?
La variabilità del clima è una caratteristica naturale, ci sono stati eventi estremi come l’inaspettato ed intenso caldo in Russia, le piogge in Pakistan, le nevicate ed il freddo che non si osservava da un secolo negli Stati Uniti e nel Nord Europa. Grazie ai sistemi tecnologici evoluti come i satelliti ed ai mass-media viviamo ogni giorno quello che accade in ogni parte del globo e questo ci colpisce come se accadesse tutto nel posto dove abitiamo. In realtà anche in passato sono accaduti eventi “straordinari”: addirittura il freddo in estate, come quando nevicò a Roma il 5 Agosto (358 d.C.) o “l’anno senza estate” nel 1815, il quale ispirò il libro “Frankestein”, o le carestie epocali come quella descritta da Padre Daniele Comboni dell’Africa Centrale nel 1878-79 . Purtroppo ogni anno si possono annoverare eventi meteorologici estremi: quando colpiscono le zone ricche solitamente causano prevalentemente danni economici, quando si abbattono su zone sottosviluppate uccidono molte persone. Per quanto riguarda il ghiaccio dei poli l’Artico è in diminuzione da decenni e quest’anno, pur non avendo toccato i valori minimi di pochi anni fa, ha raggiunto una estensione sensibilmente inferiore a quella dei freddi anni 70-80; anni in cui i satelliti hanno iniziato le loro misure . L’Antartide  contemporaneamente invece continua a mantenersi stazionario ed in alcuni periodi in crescita . Per quanto riguarda gli uragani si era prevista una delle peggiori estati per il Golfo del Messico, ma la realtà ha smentito le previsioni.

Il vulcano islandese che ha bloccato il traffico aereo sull’Europa.
L’eruzione vulcanica è un fenomeno naturale imprevedibile. Dal punto di vista climatico Benjamin Franklin (1706-1790) fu uno dei primi, nel XIX secolo, a mettere in relazione cambiamento del clima ed eruzioni vulcaniche. Ma in questo caso l’eruzione non sembra degna di particolare nota per gli effetti sul clima, lo è invece perché forse per la prima volta si è bloccato il traffico aereo solo sulla base di previsioni e non di osservazioni sperimentali. Questo ha creato moltissime polemiche: l’adozione del “principio di precauzione” ha comportato che è divenuto scientifico e sufficiente non già il dato reale ma quello virtuale. In altri paesi meno sviluppati si continua ancora a volare in condizioni ben peggiori, lontano dall’Europa i vulcani hanno continuato ad eruttare senza avere effetti sulla navigazione aerea, con dispersione di ceneri ben più visibili di quanto fossero in Italia in quel periodo. Finita l’eruzione sono finite le polemiche; il problema però della differenza tra verosimile e vero per valutare i modelli rimane ancora da approfondire,  ed è una questione che ricade anche sulla modellistica climatica o meteorologica a lunga scadenza. Per rimanere ai vulcani, durante l’anno ha colpito osservare come le persone che vivono alle pendici del Vesuvio siano maggiormente angosciate per la presenza di una discarica che non di quella del vulcano.

Italia: oltre le alluvioni di Genova e Vicenza, molte sono state le frane.
Migliaia di anni fa, gli egiziani quando esondava il Nilo facevano festa ed aspettavano speranzosi che accadesse, da noi ogni ruscello che si gonfia per le precipitazioni crea allarme. Quasi sempre il problema non è la precipitazione, ma come si è utilizzato il territorio per negligenza, incuria, imperizia ed in numerosi casi interesse economico. Certe volte si è costruito sulle sponde dei fiumi come se questi potessero essere “imprigionati” per secoli; sulla sabbia lungo le coste pensando che il mare fosse immobile: sulle pendici dei vulcani pensandoli inattivi; in prossimità dei terreni franosi sperando che il cemento fermasse la forza della natura, e così via. Questo modo di pensare la natura come qualcosa da poter tenere in un museo e che si modifica solo, o prevalentemente, grazie all’azione umana, ha agevolato scelte dannose di cui prima o poi si pagheranno i danni. Purtroppo sempre il colpevole diviene l’evento naturale “straordinario”, ma in realtà i responsabili quasi sempre sono la superficialità e l’egoismo, se non l’avidità, dell’uomo.
 
Cosa insegna la fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico.
La BP, colosso petrolifero responsabile della piattaforma imputata del disastro del Golfo del Messico, è una delle multinazionali maggiormente impegnate contro il cambiamento climatico, tanto da aver cambiato il significato del proprio acronimo, da British Petroleum a Beyond petroleum (Oltre il petrolio) . Forse era più preoccupata del clima che dell’inquinamento del mare, tanto che si dice abbia risparmiato sui sistemi si sicurezza per evitare fuoriuscite. Se c’è da imparare da quest’evento, è di stare attenti ai molti in politica, aziende, mass-media, che sfruttano la questione ambiente solo per presentarsi nel modo migliore per poter portare avanti solo i propri interessi. Si tratta del cosiddetto fenomeno del “greenwashing” (riciclaggio verde). Per anni ci è stato raccontato che il petrolio era finito, invece si scavano nuovi pozzi, più il prezzo di questo salirà e maggiori saranno i giacimenti da cui diverrà conveniente estrarre. E’ inutile e dannosa la politica energetica che vede in un’unica fonte la strada del paese, da ricercare è un mix energetico equilibrato e sicuro che cerchi di utilizzare tutto al meglio e non demonizzi petrolio e nucleare. Unica illusione scomparsa nel 2010 è quella di un’era dell’idrogeno: nessuno più ne parla mentre fino a pochi anni fa i pochi che ne mettevano in mostra gli aspetti negativi erano trattati da faziosi pagati dai petrolieri. Il suo maggiore sostenitore, Jeremy Rifkin, rimane a galla parlando di tutt’altro. Per quanto riguarda i biocombustibili, Al Gore, dopo una decina d’anni, ha ammesso candidamente che il suo sostegno da vice-presidente per le sovvenzioni all’etanolo dal mais, sono state un errore che aveva più a che fare con il suo desiderio di ottenere i voti dei coltivatori nelle elezioni presidenziali del 2000 che non per far bene all’ambiente. In Europa analogamente si dice che il +10% di biocarburanti sia stato inserito nel famoso pacchetto clima energia – chiamato 20-20-20 - più per sostenere l’agricoltura, specie francese, che per l’ambiente.

La fine delle risorse.
Il mondo secondo i dati FAO già produce cibo per 12 milioni di persone, il problema di chi muore di fame non è a mancanza di cibo ma di soldi per comprarlo. Spesso si sente dire che nel 2030 serviranno “2 Terre”. Ma che significa? Se analizziamo l’evoluzione dell”overshoot day”  (il giorno dell’anno in cui, secondo gli ecologisti, andremmo in debito di risorse) dal 1987 ad oggi, le date  permettono di calcolare ogni anno quanto abbiamo consumato in più del “disponibile”, “i debiti annui” poi possono essere cumulati. Non ci si crederà ma dal 1987 ad oggi abbiamo già consumato quasi 3,5 pianeti in più del nostro: se fossero stati soldi per coprire avremmo dovuto fare un debito con una banca di 3,5 volte il nostro patrimonio. Visto che però a livello globale non ci sono banche, da dove sono uscite fuori risorse aggiuntive pari a 3,5 pianeti? Probabilmente con “pianeta” s’intende “la sola presunta quota di rigenerazione”. E’ cioè profondamente scorretto usare questa espressione perché induce le persone a credere che ad essere consumate sono “tutte le risorse disponibili sul pianeta”. Vale a dire che, pur ammettendo la correttezza di certi calcoli – cosa su cui ci sarebbe comunque da discutere -  al massimo si può affermare che consumiamo più del reddito, ma che il patrimonio gode di una non pessima salute. Non è che il problema scompare, ma assume una diversa e più reale connotazione.

*Fisico