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FOCUS

Cipro, l'ultimo muro d'Europa

Viaggio nell'isola divisa che la Turchia non ha mai riconosciuto come indipendente. E ora minaccia di bloccare le relazioni con l'Ue.

Attualità 29_09_2011
cipro Una corsa in macchina al di là di uno dei check point che separano in due il territorio di Cipro. Da un lato, la Nicosia greco – cipriota, dall'altro, il resto della città e parte dei territori abitati dalla comunità turco-cipriota, fino a Famagosta. Un veloce, banale passamano di passaporti, che i militari delle due zone esaminano piuttosto stancamente, chiusi nei loro containers, a distanza ravvicinata. Pochi minuti di attesa all’una all’altra frontiera, due passi a piedi e un cambio di taxi. Ma il paesaggio ci appare subito molto diverso.

Dalla frenesia dei caffè e dei loro avventori, dal rumore delle vetture che invadono le strade, dallo scintillare delle vetrine delle moderne vie dello shopping della Nicosia greco-cipriota sembrano passati mille chilometri e alcuni lustri all’indietro nel tempo appena ci si addentra nel territorio, che solo per la Turchia è la repubblica della Cipro-Turca. L' isola di Cipro è così di fatto suddivisa in due Stati: la Repubblica di Cipro, aderente all' Unione Europea, e la Repubblica turca di Cipro del Nord, riconosciuta solo dalla Turchia. Ora la Turchia minaccia di bloccare qualsiasi relazione con l' Ue, qualora la Repubblica di Cipro dovesse assumere (come previsto) la Presidenza dell' Unione dal 1° luglio 2012 (cfr. La Turchia gioca all'impero ottomano).

Anche il nostro taxi è più sgangherato come i negozi degli artigiani con pochi arnesi per svolgere il loro lavoro, gli spacci di souvenirs polverosi e i bar sguarniti di tutto. Ci sorprende ancora di più la campagna: da Nicosia nord fino a Famagosta, il famoso porto veneziano dove Shakespeare immaginò le sanguinarie gelosie di Otello, non c’è nulla. Una pianura grandissima, ma i campi riarsi dal sole non sono stati coltivati e in mezzo all’erba, che cresce ovunque indisturbata, solo qualche pecora o capretta interrompe la monotonia di un paesaggio tutto identico. Meno di un’ora e non certo ad una forte velocità, ed ecco il porto di Famagosta, le sue ciclopiche mura sul mare, la magnificenza delle sue grandi cattedrali, molte abbandonate in mezzo alla stessa arida natura e abitate dai greggi di pecore e capre.

“La comunità cristiana non vive più qui” ci rispose frettolosamente l’allora leader greco-cipriota, Mehmet Talat, a cui chiedevamo una spiegazione plausibile di tanto degrado. Degrado radiografato in The occupied Churches of Cyprus, una pubblicazione uscita nel 2001 a cura del reverendo Demosthenous della chiesa ortodossa cipriota e benedetta da sua Beatitudine, Crysostomos I, patriarca di Nuova Giustinianea e di Cipro. Pagine e pagine di fotografie di ciò che resta del patrimonio della comunità cristiana nei territori della Cipro-turca, la conferma che quanto abbiamo visto a intorno a Famagosta era solo una piccola parte del problema. “Rispetto o non rispetto” aveva aggiunto Memeth Talat “non è il problema. Quanto vedete è solo una conseguenza della divisione territoriale di Cipro”.

L’ex cattedrale di san Nicola, a pochi passi dalle mura da cui Otello compì il suo destino tragico, costruita intorno tra il 1298 e il 1328 dC , con l’aggiunta di un minareto sorto su una delle sue altissime guglie, è una moschea dedicata a Lala Mustafa Pasa, il generale conquistatore della città. Nel 1571 Mustafa Pasa entrò a Famagosta, dopo un assedio di dieci mesi che distrusse le difese veneziane. Tanto indietro nel tempo bisogna tornare per arrivare al momento dell’inizio della divisione di Cipro e la fine del potere che Famagosta aveva goduto sotto i mercanti veneziani, genovesi e franchi che da qui controllavano ogni commercio con l’oriente. La maestosa chiesa di san Pietro e Paolo, quello che rimane dei ricchi palazzi sul mare, i leoni di marmo di Venezia che spuntano ogni tanto sulle pietre delle mura di cinta, tutto fa immaginare ancora quel lontano passato.

Dall’assedio fino all’inizio dell’ottocento i turchi, pochi, e i ciprioti, si mescolarono e la pacifica convivenza permise che l’arcivescovo ortodosso mantenesse il potere amministrativo su tutta l’isola. E’ con la prima guerra mondiale e le smanie coloniali inglesi che la situazione velocemente si deteriora. L’isola di Cipro come colonia inglese si trovò contro le potenze austroungariche e della Germania alleate alla Turchia; i greco-ciprioti videro vicina una riannessione dell’isola alla Grecia, i turco-ciprioti rivendicarono il loro legame di sangue con la Turchia. Inizio così un conflitto interno, che con alti e bassi alimentò l’odio dell’una contro l’altra comunità.

Alla fine della seconda guerra mondiale il colonnello Grivas, greco-cipriota, fondò l’EOKA o meglio “l’Organizzazione per la lotta cipriota”, lo scopo era creare una milizia armata anti-inglese che liberasse l’isola dai coloni che si disinteressavano delle aspirazioni dei greco-ciprioti. Nel conflitto tra i greci e i turchi ciprioti entra in scena uno dei suoi protagonisti: Michail Christodolou Mouskos, arcivescovo della chiesa ortodossa autocefala di Cipro con il nome di Makarios III. Esiliato dagli inglesi prima alle isole Seycelles con l’accusa di terrorismo e poi ritornato da Londra in Grecia, Makarios ebbe il permesso di tornare a Cipro nel 1957 e nel 1960 diventò il presidente della Repubblica unitaria greco-turca di Cipro, soggetto politico deciso a tavolino nei colloqui di Zurigo fra Grecia, Turchia e Gran Bretagna solo qualche anno prima. Un compromesso ben studiato: vice-presidente turco, allora Fazil Kucuk, a garanzia della minoranza turca, il 18 % degli allora abitanti, insieme ad un trenta per cento di seggi in parlamento, per legge.

L’occupazione
dell’area nord di Cipro di oggi è frutto degli errori commessi dalla giunta militare greca che nel 1974, insieme alla Cia, provocò un colpo di Stato a Cipro, per rovesciare Makarios reo di simpatie socialisteggianti e ultranazionaliste. Fu un disastro, la Turchia temette un’annessione dell isola alla Grecia e l’invase conquistando il territorio che ancora oggi è limitato dalla cosiddetta “linea verde”: 180 chilometri di barriera di muratura o di filo spinato che dividono in due le comunità di Cipro, circa 660.000 greci-ciprioti e 180.000 turchi-ciprioti. L’ultimo muro di Europa.