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COMUNISMO

Cina, la Rivoluzione Culturale contro la religione

La Rivoluzione Culturale di Mao Zedong durò dieci anni e fece tre milioni di morti. Fu una vera e propria guerra civile, scatenata dal “grande timoniere” contro il suo stesso partito, una purga contro i dirigenti comunisti spacciata per rinnovamento giovanilistico. E' sconosciuto il numero delle vittime cattoliche. Soprattutto perché la Rivoluzione Culturale contro la religione è tuttora in corso.

Libertà religiosa 19_05_2016
Zhejiang, rimozione di una croce

La Rivoluzione Culturale di Mao Zedong durò dieci anni e fece tre milioni di morti. Fu una vera e proprio guerra civile, scatenata dal “grande timoniere” contro il suo stesso partito, una purga contro i dirigenti comunisti spacciata per rinnovamento giovanilistico, una “lotta di classe” pilotata e diretta dall’alto in una società in cui, teoricamente, le classi sociali dei borghesi e dei proprietari terrieri erano già state eliminate fisicamente nei due decenni precedenti. A cinquant’anni di distanza dal suo inizio (1966) è ancora sconosciuto il numero delle vittime cristiane di questa gigantesca epurazione.

Lo è per tre motivi. Il primo è che i documenti sono ancora coperti da segreto o sono stati distrutti. Tutta la drammatica realtà della Rivoluzione Culturale sta emergendo molto lentamente, soprattutto grazie a carte letteralmente trafugate e conservate di nascosto, testimonianze personali e qualche rivelazione ufficiale. Secondo: i membri del clero della vecchia Cina erano già stati ufficialmente eliminati con la “Riforma delle Religioni” degli anni ’50, una violenta campagna contro tutte le fedi per imporre l’ateismo di Stato. Terzo: almeno in fatto di religione, la Rivoluzione Culturale non è mai terminata realmente.

Tutti gli attuali dirigenti cinesi, a partire dal presidente Xi Jinping, hanno subito persecuzioni durante la Rivoluzione Culturale. Quel che il Partito ha appreso e non intende ripetere è il caos della guerra intestina, il pericolo e l’orrore di un’epurazione continua di membri comunisti delle istituzioni. Ciò che invece è ancora fuori discussione, è l’idea che sia giusto eliminare le influenze culturali esterne al Partito, prima fra tutte la religione. La repressione del culto non ha più le sembianze di una campagna violenta e radicale. L’apparato al potere ha adottato metodi più sofisticati. Quando demolisce una chiesa si cela dietro a ragioni tecniche, urbanistiche o legali. Non arresta e uccide indiscriminatamente preti e vescovi, suore e diaconi, ma preferisce creare le “sue” chiese, controllandole dall’interno. Per un cattolico o per un protestante è sicuramente più sicuro vivere oggi che non negli anni ’60, ma la possibilità di essere arrestati o di scomparire dalla circolazione è ancora alta.

Nel 1966 religione era nel mirino della Rivoluzione, in quanto iscritta a tutte le “Quattro Cose Vecchie”, quelle che le giovani Guardie Rosse avrebbero dovuto eliminare. Gli anni ’60 videro un’escalation della persecuzione: non solo vennero assassinati i sacerdoti e le religiose delle chiese “sotterranee” (fedeli al Papa, nel caso dei cattolici), ma anche i membri del clero riconosciuto, quello “patriottico”, che aveva aderito al regime rivoluzionario. All’uccisione dei fedeli e degli uomini del clero, si aggiunse anche una furia iconoclasta senza precedenti, con la distruzione di chiese, i roghi dei libri e degli articoli religiosi, l’annientamento dei simboli religiosi. L'agenzia Asia News ricorda le vicende drammatiche dei martiri di allora. Ma il problema è che la storia continua. E i cristiani temono che in futuro vi possa essere una nuova escalation. E’ un timore che traspare dalle parole di un’anziana fedele di Sanjiang, intervistata dal quotidiano britannico Guardian dopo una retata della polizia e la demolizione della chiesa locale (un edificio di culto “patriottico”, ufficialmente riconosciuto dal regime, ora ricostruito e adibito a uso industriale): “Durante la Rivoluzione Culturale bruciavano le Bibbie, ma non rimuovevano le croci”. La distruzione iconoclasta continua. Nello Zhenjiang, una provincia orientale, è ancora in corso la campagna delle "Tre rettifiche e una demolizione".

Episodi di arresti e sparizioni accadono letteralmente tutti i giorni. Lo scorso 15 aprile, ad esempio, Yang Jianwei, un prete cattolico della provincia di Hebei è stato convocato per un test di guida ed è scomparso. I suoi parenti non ne sanno più nulla, al cellulare non risponde, il personale della locale motorizzazione non risponde alle domande. Si teme che sia un “desparecido” politico, perché viene dalla comunità di Baoding, la cui chiesa è stata demolita alla fine del 2015, senza troppe spiegazioni. L’ultima notizia sui cristiani in Cina che ha catturato l’attenzione anche dei media internazionali è una buona notizia: la scarcerazione di un pastore protestante, Zhang Chongzhu, nello Zhejiang. Tuttavia, c’è da ricordare che è rimasto in carcere per 8 mesi, per colpe incredibili quali “furto, spionaggio, teppismo, collaborazione con l’intelligence straniera”, mentre la sua colpa reale era di opporsi alla campagna di demolizione delle croci. L’avvocato, Wang Xiaowu, noto per il suo impegno per i diritti umani, è stato arrestato lo scorso 25 aprile per “disturbo all’ordine pubblico”, assieme a moglie (anche lei avvocato) e figlio. Questa settimana è stata scarcerata solo la moglie Xiang Lihua, mentre l’avvocato e suo figlio restano in carcere. La loro colpa reale? Aver fornito consulenza legale alle comunità cristiane, per permettere loro di opporsi alla campagna di demolizione di chiese e croci, ai lavoratori per opporsi agli abusi di potere, al professor Ilham Tohti, accusato di separatismo uiguro. Dal 9 dicembre è in carcere il pastore protestante Yang Hua, per “furto di segreti di Stato”. I suoi avvocati, in base alle informazioni che hanno raccolto, ritengono che sia stato picchiato e torturato in carcere. Si tratta, appunto, solo degli ultimi episodi di una persecuzione molto più vasta.

Sono circa 2000 le chiese demolite nella sola provincia dello Zhejiang negli ultimi due anni. Nel solo marzo 2016, sono state distrutte 50 croci nella città di Wenzhou. Quello dello Zhejiang potrebbe essere una sorta di avvertimento. Le autorità comuniste locali hanno esplicitamente spiegato che si tratta di una battaglia ideologica e di immagine, perché quelle croci, quelle chiese sono troppo “alte”, sfidano l’iconografia comunista. In realtà i timori sono anche demografici: il numero di cristiani ha superato quello degli iscritti al Partito ed è in rapida espansione. Per questo si teme che si possa scatenare in futuro una nuova Rivoluzione Culturale contro la religione: il Partito unico non ammette concorrenti.