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ABISSO DEMOGRAFICO

Cina: "vendi sperma, compri un iPhone"

Dopo quasi 40 anni di stretto controllo delle nascite con la "politica del figlio unico", in Cina si ammette la crisi demografica e il governo rilassa le regole. E cresce il mercato della fertilità... artificiale. Ultimo esempio è una bizzarra campagna di due banche del seme: se vendi sperma diventi ricco.

Vita e bioetica 18_09_2015
Lo spot cinese

Una bizzarra pubblicità sta proliferando in Cina, provocando le prime polemiche: “Non hai bisogno di dare via un rene per comprare un iPhone6s: puoi fare abbastanza soldi donando sperma!” Lo riferisce l’agenzia Asia News riportando anche la critica di studenti della facoltà di medicina, secondo i quali “è sbagliato usare il fascino degli smartphone per incoraggiare nuove donazioni di seme maschile”. Ma da questo episodio si evincono due cose: che “dare via un rene” per comprare uno smart phone, in Cina potrebbe non essere solo una battuta, ma soprattutto: le banche del seme sono in piena attività, nonostante sia ancora in vigore una politica di controllo delle nascite molto restrittiva.

In Cina, nel 2013, è stata introdotta una riforma alla “politica del figlio unico”, che imponeva un solo figlio per coppia. Gradualmente, provincia per provincia, a partire da quelle con il più basso tasso di natalità, sempre più famiglie hanno il permesso di portare a termine una seconda gravidanza. Difficilmente, però, questa parziale inversione di rotta, riuscirà a fermare la crisi demografica. La politica del figlio unico era in vigore dal 1979, voluta da Deng Xiaoping per controllare l’espansione della popolazione e, sulla carta, garantire un maggior benessere a tutti. Al 2012 si poteva già predire un “abisso demografico” nel decennio successivo. Secondo l’Ufficio Nazionale delle Statistiche di Pechino, la popolazione in età da lavoro avrebbe iniziato un declino sensibile nel 2016. La crisi manifatturiera che la Cina sta attraversando quest’anno è un primo sintomo di quel che avverrà a breve. Benché la Cina sia tuttora la nazione più popolosa del mondo, con 1,3 miliardi di abitanti, il tasso di fertilità, a seconda delle stime, è attualmente fermo da un minimo di 1,4 a un massimo di 1,7: per il ricambio generazionale occorre un 2,1. Questo declino demografico implica che sempre meno giovani dovranno mantenere sempre più anziani. Non solo: con la diffusione delle indagini pre-natali, buona parte degli aborti sono stati selettivi e mirati all’eliminazione di nasciture femmine. Col risultato che, al giorno d’oggi, ci sono 118 maschi ogni 100 femmine. Sempre più uomini andranno inutilmente in giro all’inutile ricerca di donne che non ci sono più.

La politica del figlio unico ha avuto un costo umano immenso, con una media di 13 milioni di aborti all’anno, 35.616 al giorno. Per toccare con mano le dimensioni dell’aborto di massa cinese, è come se ogni anno fosse scomparsa una nazione europea popolosa quanto la Grecia o il Portogallo. Queste cifre non rendono ancora l’idea di quel che è avvenuto, ogni anno, ogni giorno, e tuttora avviene sotto il diktat del “figlio unico”, soprattutto nelle aree rurali: aborti forzati, sterilizzazioni forzate, veri infanticidi commessi dalle autorità quando una donna si “ostina” a portare a termine la gravidanza, denunce e delazioni di vicini di casa, multe impossibili e sequestri di case per chi trasgredisce alla regola. Una delle ragioni della riforma del 2013 era stata proprio la percezione del pericolo di rivolte sempre più estese contro la politica di denatalità forzata.

Ma come si spiega, allora, che esista un mercato della fertilità, talmente esplicito da promettere lauti pagamenti per le vendite di sperma? Perché è l’altra faccia della medaglia dello stesso fenomeno. Non appena si è aperto uno spiraglio per una maggiore natalità, i cinesi ricorrono anche alla fecondazione assistita. La campagna pubblicitaria di cui si parla, non è il caso più eclatante: nel marzo del 2013, le autorità avevano chiuso una clinica che faceva crescere embrioni in vitro e reclutava sia donatori che madri surrogate, promettendo lauti pagamenti. Si commerciano embrioni per le coppie che possono permettersi un figlio in più, sia economicamente che legalmente. Sono traffici clandestini in Cina, ma esistenti da anni. Per decenni, insomma, si è ricorso allo strangolamento artificiale della natalità, ora c'è il boom di una fertilità altrettanto artificiale. Entrambi i fenomeni rispondono a una disumanizzazione della persona non ancora nata: dopo quasi 40 anni di pianificazione familiare diventa mero oggetto da sopprimere o vendere, a seconda delle necessità.