Cina, la politica Zero Covid non ha sconfitto il virus
La Cina riapre da due settimane. Dopo le proteste contro i lockdown continui nelle maggiori città cinesi, le prime su scala nazionale, Xi Jinping ha consentito una parziale retromarcia. E potrebbe averlo fatto, perché la Cina sta entrando in crisi economica. La versione ufficiale è che il virus è stato sconfitto, ma gli ospedali sono pieni.
La Cina riapre, con cautela, da due settimane. Dopo le proteste contro i lockdown continui nelle maggiori città cinesi, le prime su scala nazionale, Xi Jinping ha consentito una parziale retromarcia sulle misure anti-pandemiche più rigide del mondo. Dal 7 dicembre non sono più richiesti il passaporto sanitario e il test obbligatorio, se non nelle zone più vulnerabili, come ospedali, case di riposo, scuole. In queste ultime le lezioni sono riprese, a meno che non ci siano casi confermati. Da una settimana, però, si registra un’ondata di contagi che sta intasando gli ospedali. Ed è iniziata una nuova battaglia sul conteggio del numero dei decessi.
Come mai Xi Jinping, dopo aver vantato i successi del modello cinese di lotta alla pandemia, ha deciso di tornare indietro? La spiegazione ufficiale è che il Covid sia stato sconfitto e sia ora meno pericoloso. Dunque, dopo il “successo” della politica Zero Covid, i cinesi possono finalmente tornare liberi. Un po’ di apprensione per le proteste anti-lockdown si legge, però, fra le righe delle dichiarazioni ufficiali dei funzionari. Ad esempio, l’ambasciatore cinese in Francia, Lu Shaye, ha denunciato le interferenze dei nemici esterni della Cina, a suo dire colpevoli di aver strumentalizzato una protesta nata spontanea e di averla trasformata in un tentativo di rovesciare il governo comunista. Chiaramente, l’ambasciatore Shaye non può ammettere che la protesta, benché nata spontanea, sia stata originata da errori del governo. Quindi, per la prima fase, ritiene che sia stata originata da errori delle autorità locali che avrebbero mal interpretato le direttive di Pechino. Quando la protesta è dilagata, invece, la colpa è da attribuire interamente alle “forze ostili”, occidentali.
Secondo un’analisi economica pubblicata sul Wall Street Journal a firma di Simone Gao, la spiegazione per la marcia indietro di Xi sarebbe molto più semplice: sono finiti i soldi. Una politica Zero Covid è costosissima, non solo perché paralizza l'economia delle città in cui viene applicata (e basti pensare a Shanghai e alla sua importanza di porto commerciale affacciato sul mondo), ma soprattutto perché tutti i cittadini devono costantemente sottoporsi al test. L’operazione di test di massa era già stata scaricata dal governo centrale ai governi locali, ma questi ultimi starebbero finendo le ultime risorse a disposizione. Anche perché sono colpiti dallo sgonfiamento della bolla immobiliare, la cui crisi si era già vista nell’estate del 2021. Ed era dal settore immobiliare che le autorità locali traevano quasi la metà delle loro risorse. Quindi la politica Zero Covid non è al momento sostenibile. Eliminandola si pensa e si spera che l’economia riparta.
È però ormai chiaro che sia ripartito anche il contagio, considerando che gli ospedali cinesi stanno riempiendosi. Vi sono molte testimonianze in merito e il caso è all’attenzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sta succedendo quel che molti temevano: la politica Zero Covid ha reso i cinesi molto più vulnerabili, perché, isolandoli, li ha resi immuno-deficienti. Oltre al fatto che il vaccino Sinovac, monopolista in Cina, come dimostrano anche Hong Kong e i Paesi democratici che lo hanno adottato (e che possono diffondere i dati sulla sua efficacia), è risultato uno dei più inefficaci.
Ora però inizia la battaglia sui numeri. La Cina, che da mesi dichiarava zero vittime per Covid, adesso ha ricominciato ad ammettere qualche decesso: due lunedì e cinque martedì. In tutto il Paese da un miliardo e mezzo di abitanti, sette morti. L’unica verifica possibile è contare le urne cinerarie. Un corrispondente del Financial Times lo ha fatto e ha riscontrato che siano sei volte superiori rispetto alla media. Ammettere una crescita di casi, soprattutto una crescita di morti, è impossibile per Xi Jinping: vuol dire che ha ritirato le restrizioni della politica Zero Covid prima di aver battuto il virus.
Ma la propaganda cinese rischia di entrare in cortocircuito. Perché, prima delle riaperture, incoraggiava la diffusione di dati sulla mortalità prevista in caso di fine prematura del lockdown, con numeri da capogiro. L’Università Fudan di Shanghai prevedeva, la scorsa primavera, fino a 1,6 milioni di morti in sei mesi se il governo avesse deciso di riaprire tutto. Ora tutti gli istituti scientifici saranno obbligati a dire che i morti sono pochi, da contare sulla punta delle dita. Come per il passato: da gennaio 2020 ad oggi la Cina ammette solo 5235 decessi.