Cina: la libertà della Chiesa fa bene anche al potere politico
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Il vescovo di Hong Kong si recherà a Pechino. L'evento rievoca un passo della Lettera a Diogneto e un altro della Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi, mostrando che la Chiesa non è di ostacolo allo Stato, ma se libera di agire concorre all'edificazione dell'uomo.
Ha suscitato una certa attenzione la notizia diffusa lo scorso 9 marzo per cui il Vescovo di Hong Kong, mons. Stephen Chow, accompagnato dal Vescovo ausiliare, mons. Joseph Ha e dal Vicario generale della diocesi, padre Peter Choy, si recherà il prossimo 17 aprile in visita a Pechino su invito del locale Vescovo, mons. Joseph Li. La visita durerà 5 giorni e includerà varie iniziative, come la partecipazione a cerimonie liturgiche e la visita alla tomba di Matteo Ricci.
Mons. Joseph Li fu consacrato Vescovo nel 2007 su iniziativa dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese (non riconosciuta dalla Chiesa di Roma) ma con l’approvazione di Benedetto XVI. È il successore di Michele Fu Tieshan, che fu invece in forte contrasto con la Santa Sede, che a volte contestò apertamente, come in occasione della canonizzazione dei martiri cinesi a Roma nel 2000.
Questa visita sarà certamente occasione di incontro e di scambio e il Vescovo gesuita di Hong Kong sarà probabilmente in grado di affrontarla con quell’equilibrio e sano realismo che fino a questo momento ha contraddistinto la sua azione di governo. Come lui ha fatto notare, questa sarà un occasione per mostrare come Hong Kong si vuole porre come un ponte fra la Santa Sede e il governo cinese, un ponte che per essere percorribile ha bisogno di essere aperto al passaggio in entrambe le direzioni. Immaginiamo che mons. Chow e i suoi collaboratori incontreranno molti cattolici cinesi che, come loro, sanno che la Chiesa cattolica il cui capo è Cristo, ha come fondamento il ministero del Vescovo di Roma, successore dell’apostolo Pietro. La Chiesa cattolica in Cina ha una storia gloriosa, persone di fede eroica ne hanno fatto parte.
Chissà se a qualcuno verranno in mente alcuni paragrafi della Lettera a Diogneto, uno dei più antichi testi cristiani risalente forse al secondo secolo. In questo testo troviamo detto quanto segue:
[I cristiani] vivono nella carne, ma non secondo la carne. Vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo. Osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. Anche se non sono conosciuti, vengono condannati; sono condannati a morte, e da essa vengono vivificati. Sono poveri e rendono ricchi molti; sono sprovvisti di tutto, e trovano abbondanza in tutto. Vengono disprezzati e nei disprezzi trovano la loro gloria; sono colpiti nella fama e intanto viene resa testimonianza alla loro giustizia. Sono ingiuriati, e benedicono; sono trattati in modo oltraggioso, e ricambiano con l’onore. Quando fanno dei bene vengono puniti come fossero malfattori; mentre sono puniti gioiscono come se si donasse loro la vita. I Giudei muovono a loro guerra come a gente straniera, e i pagani li perseguitano; ma coloro che li odiano non sanno dire la causa del loro odio”.
È un passaggio molto bello che dovrebbe farci ben riflettere su qual è la visione della storia umana che un cristiano dovrebbe avere, anche i cristiani cinesi, quella di colui che nella carne appartiene alla storia di tutti gli uomini, ma che nello spirito è cittadino del cielo. Ecco che il cristiano deve essere un buon cittadino delle due città, quella terrena e quella celeste, preoccupandosi che la città terrena non sia impedimento per lui per andare nella città celeste. Ricordiamo quanto diceva Benedetto XVI nella sua Lettera ai cattolici cinesi: «Pertanto, anche la Chiesa cattolica che è in Cina ha la missione non di cambiare la struttura o l'amministrazione dello Stato, bensì di annunziare agli uomini il Cristo, Salvatore del mondo, appoggiandosi — nel compimento del proprio apostolato — sulla potenza di Dio».
Bisogna obbedire alle leggi, ma ricordando questa frase letta in precedenza e che riguarda i cristiani: «Osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi». Che significa, che un cristiano può fare quello che vuole? Certamente no, significa che in definitiva il cristiano deve rispondere ad una legge più grande di quelle della terra. È inevitabile che la Chiesa come società visibile debba essere in relazione con il potere politico ma sempre mantenendo un’indipendenza di fondo. Il cristiano è nel mondo ma non del mondo.
Questa indipendenza della Chiesa è anche garanzia per lo stesso potere politico, in quanto quando la Chiesa è libera di “animare” la società, se fedele alla sua storia, alla sua tradizione e alla sua missione, essa contribuisce all’edificazione dell’uomo su valori fondamentali, costituenti anche del buon cittadino.
Del resto anche Confucio insegnava: «Se il popolo è regolato dalle leggi ed uniformato attraverso le punizioni, esso cercherà di evitarle ma non sentirà alcun senso di vergogna. Se esso è invece guidato dalla virtù e uniformato attraverso le norme di buon comportamento e attraverso i riti, il popolo coltiverà il senso di vergogna, e quindi progredirà». Una lezione non solo per i cinesi, ma per tutti gli uomini di buona volontà.