Cina e Cristianesimo, poche illusioni, molta speranza
Si conclude alla Gregoriana il convegno sui rapporti tra la Cina e il Cristianesimo. Oltre le parole di Jinping sulla necessità per le religioni di adattarsi ad una società socialista, c'è un confronto che va avanti tra studiosi. E che non è privo di richiami di speranza per il futuro.
Forse mai come in questi giorni si è tanto parlato di Cina e Cristianesimo. Talvolta il tono della discussione si è fatto acceso, ma la realtà è che questo è comprensibile se si pensa che la posta in gioco è in effetti molto alta: il destino di milioni di fedeli cinesi che si trovano a dover attendere decisioni che provengono da un livello di potere a cui non hanno accesso e che forse neanche ben comprendono. Certo il tema della Cina e del Cristianesimo non è tema secondario.
Una nazione di così grande tradizione culturale deve trovare, se possibile, un incontro con la Chiesa Cattolica. Ma questo incontro è in effetti possibile alle condizioni attuali? Qui le idee divergono e anche in modo molto marcato dalla parte Cattolica, tra coloro che pensano che fare un accordo è comunque importante anche se si deve concedere molto alla controparte e coloro che pensano che se si deve fare un cattivo accordo è meglio non farlo.
Si potrà pensare che da parte cinese esiste un fronte estremamente compatto e coeso su questo argomento, ma in realtà così non è e non potrebbe essere. In effetti, voci che provengono dalla Cina stessa fanno sapere che le resistenze sono molte, resistenze di persone che si chiedono perché ora bisogna tornare indietro visto che la situazione si considerava risolta con la istituzione della Chiesa patriottica controllata dal governo. Se si può controllare tutto internamente, perché concedere qualche capacità di controllo a forze che vengono da fuori? Se anche a noi questo sembra strano, ma nella loro prospettiva non è un ragionamento illogico. Questo perché, sia detto chiaramente, per il governo il "problema della religione" non è veramente una priorità, come lo è per noi per motivi culturali e storici.
Nel 19° congresso del partito comunista cinese, il presidente Xi Jinping ha detto, nell'ottobre 2017: "Noi metteremo pienamente in atto le politiche base del partito sugli affari religiosi, basate sul principio che le religioni in Cina devono essere cinesi nel loro orientamento e provvederemo una guida attiva alle religioni affinché possano adattarsi ad una società socialista". Questa frase, estratta da un discorso che nella sua versione stampata misura 66 pagine, ci dice chiaramente comunque quale è il tipo di apertura religiosa che ci possiamo aspettare dall'attuale leadership cinese e su questo sarà molto utile riflettere da parte di coloro che sono chiamati a prendere decisioni tanto importanti concernenti le anime di milioni di fedeli.
Di Cina e Cristianesimo si è parlato all'Università Gregoriana per un convegno dal titolo: "Christianity in the Chinese Society: Impact, Interaction and Inculturation", organizzato dalla Università Gregoriana e dalla Yuan Dao Study Society di Hong Kong. L'incontro (che si concluderà oggi) ha visto un'ampia partecipazione di studiosi da varie parti del mondo e si è aperto con i saluti del rettore della Gregoriana, padre Nuno da Silva Gonçalves, dal Segretario Vaticano per il rapporto con gli stati, Mons. Paul Richard Gallagher e dal Vescovo emerito di Hong Kong, Cardinal John Tong.
Anche presenti, fra le varie autorità accademiche e religiose, il vescovo Claudio Maria Celli, il padre Federico Lombardi, responsabile della fondazione Ratzinger ed ex portavoce vaticano e il padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica. Questo convegno, che non aveva a che fare direttamente con il problema delle relazioni fra Cina e Vaticano ma con l'impatto culturale del Cristianesimo in Cina, è stato senz'altro importante perché ha permesso di ascoltare molti studiosi anche dalla Cina stessa che ci hanno dato una prospettiva veramente nuova su alcune questioni.
Per esempio, vale la pena menzionare in modo speciale una interessante relazione del Professor Yang Huilin della Renmin University of China in Pechino, relazione dal titolo: "“Diffusion” and “Kerygma”: A Reflection on Erik Zürcher’s The Buddhist Conquest of China". In questa presentazione si è riflettuto sul ruolo del Buddismo in Cina e sul suo "successo" (virgolette ci sono perché il Prof. Yang ha poi rivelato che lui non vede il Buddismo come particolarmente di successo in Cina) rispetto al fallimento del Cristianesimo. Anche su questo "fallimento" bisognerebbe naturalmente fare molte distinzioni.
Quello che è certo è che il rapporto fra la Cina e il Cristianesimo è stato molto spesso tormentato. E l'accostamento con il Buddismo non è affatto peregrino se si pensa che il primo contatto di cui possiamo dare un resoconto storico fra il Cristianesimo e la Cina (se si considerano al momento come leggende quelle relative all'evangelizzazione dell'apostolo Tommaso compiuta nel primo secolo ma su cui non ci sono prove certe) è quello relativo alla Chiesa siriaca dell'est, anche definita "Nestoriana" (ma questo appellativo è contestato da alcuni studiosi). Di questa Chiesa abbiamo una testimonianza dalla stele di Xian (VIII secolo), che ci riferisce del cammino di questi missionari cristiani arrivati nel 635. La stele usa un linguaggio mutuato dal lessico buddista. Un esempio veramente interessante e affascinante di incontro fra le due culture.
E di incontro tra cultura cristiana e cinese si è naturalmente parlato moltissimo, essendo questa una delle direttive principali su cui si è svolto il convegno. In questo senso si è citato molto il nome di Matteo Ricci e degli altri gesuiti e questo è senz'altro giusto se si pensa allo sforzo enorme che questa compagnia ha compiuto per l'evangelizzazione dell'Asia. Certamente un ruolo anche molto importante lo hanno avuto i francescani prima di loro, pensando specialmente a quello che fu il primo vescovo di Pechino al tempo di Marco Polo e della dominazione mongola, Giovanni da Montecorvino. E non fu il solo.
Tra le altre relazioni è il caso di segnalare gli interventi di padre Peter Choi del Holy Spirit Seminar di Hong Kong dal titolo "The Interaction of Christianity and the Chinese Society" e quella del Vescovo Yang Xiaoting del National Catholic Seminary in Pechino che ha presentato una relazione dal titolo "On the Positive Role Models and Influences of the Catholic Church in the Modern Society of China".
Questa conferenza, che in precedenza si è svolta in altre città dell'Asia, tra cui Macao, è certamente importante non solo per ciò che viene detto, ma per offrire a studiosi di diverse nazionalità una possibilità di incontro e di confronto. E la speranza è che questo confronto rimanga sempre aperto alle diverse anime della Chiesa, alle diverse prospettive con cui la complessa questione del rapporto con la Cina e con il mondo cinese viene affrontata.