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L'INDAGINE IN PIEMONTE/1

Ci risiamo: minori allontanati senza motivo o affidati a gay

Minori allontanati senza prove di abuso, bambini affidati a coppie gay, mamme private dei figli senza alcuna motivazione, famiglie letteralmente distrutte. E soprattutto una montagna di soldi. La Regione Piemonte pubblica l'indagine sul sistema degli affidi nata a seguito dei fatti di Bibbiano. I risultati sono sconcertanti. L'assessore Marrone alla Bussola: «Abbiamo trovato storie inquietanti. Solo il 14% degli allontanamenti motivato da abusi, il 56% dei minori via dalle dalle famiglie solo per indigenza, commissioni di vigilanza senza sanzioni, giudici collegati alle strutture residenziali e la Hansel & Gretel ancora abilitata». 

Attualità 27_09_2020

Abusi inesistenti, bambini affidati a coppie gay, mamme private dei figli senza alcuna motivazione, famiglie letteralmente distrutte. E soprattutto una montagna di soldi. Se si tratti di una Bibbiano 2 è presto per dirlo, soprattutto perché non c’è un’indagine della magistratura, ma dal punto di vista politico, il lavoro svolto dalla giunta di Alberto Cirio, governatore del Piemonte, delinea un quadro a tinte fosche del sistema affidi della Regione.

I lavori della IV Commissione permanente del Consiglio regionale del Piemonte sono stati presentati nei giorni scorsi. E il materiale raccolto dall’assessore Maurizio Marrone (Fratelli d'Italia, in foto) è imponente. Dalle 91 pagine dell’indagine conoscitiva sul sistema regionale di segnalazione e presa in carico dei casi di abuso e maltrattamento sui minori, di allontanamento dai nuclei famigliari di appartenenza e della collocazione in comunità o affido che la Bussola ha potuto leggere emergono molte dinamiche simili all’inchiesta Angeli & Demoni. Per lo meno in quelli che la Regione non ha esitato a definire “Allontanamenti facili”.

«La sinistra ci accusava di aver inscenato una caccia alle streghe contro un sistema sano, ma con questa indagine consigliare dimostriamo che non è così», ha spiegato Marrone alla Bussola.

Ma che cosa, di preciso?
«È normale che solo il 14% degli allontanamenti di minori sia motivato da presunti maltrattamenti e abusi, compresi quelli psicologici? È normale il 56% vengano allontanati dalle famiglie per ragioni come mancanza di una rete familiare adeguata, trascuratezza e incuria, problemi ovviamente legati alla fragilità sociale e indigenza delle famiglie?».

Le domande di Marrone non sono retoriche. Dall’inchiesta infatti è emerso che «le commissioni di vigilanza delle ASL sulle comunità residenziali per minori non disponessero di un sistema sanzionatorio per far rispettare le regole e che i possibili conflitti di interesse dei giudici onorari minorili, previsti come cause ostative dal CSM, non fossero verificati dal Presidente del Tribunale per i minori che si accontentava invece di autodichiarazioni».

L’indagine ha visto anche un focus particolare sulle attività dell’associazione Hansel & Gretel di Claudio Foti, realtà convenzionata con i servizi sociali della Val d’Enza al centro del processo “Angeli e Demoni” di Bibbiano.

Marrone ha notato con disappunto come «sia ancora abilitata alla formazione degli assistenti sociali dall’ordine professionale su indicazione del Ministero della Giustizia, mentre il MIUR l’ha già radiata dalla piattaforma Sofia per la formazione degli insegnanti».

«È inevitabile che in questo far west – prosegue l’assessore ai rapporti col Consiglio - capiti che 12 su 36 giudici minorili piemontesi non togati risultino - con una semplice ricerca sulla rete - collegati a comunità residenziali, case-affido e cooperative sociali che ne gestiscono». Inoltre, dagli atti si è scoperto che anche in Piemonte, dove Hansel e Gretel ha radici, «c’è un sistema che occupa con esponenti del medesimo coordinamento cui aderiva anche Claudio Foti un terzo del gruppo di lavoro regionale che ha riscritto negli ultimi giorni della giunta Chiamparino le linee guida sugli allontanamenti di minori, vincolanti per Asl e operatori».

Marrone ha promesso di darsi da fare per «limitare gli allontanamenti ai soli casi di effettivo maltrattamento e dare sostegno economico e sociale alle famiglie in difficoltà per aiutarle nella capacità educativa senza separarle attraverso l’istituzione di un Osservatorio regionale, accessibile alle famiglie, che monitori le motivazioni e l’iter di ogni singolo allontanamento deciso sul territorio piemontese».

Perché quello che sembra mancare è proprio un’attenzione specifica alla famiglia nel suo complesso, che sovente, lo abbiamo visto negli atti di Angeli e Demoni, viene smontata pezzo per pezzo a cominciare dall’allontanamento spesso immotivato del minore.

«Con questa relazione trova posto per la prima volta in un documento istituzionale la voce delle famiglie che lamentano di avere subito soprusi nell’allontanamento dei loro figli e nipoti, dopo anni di silenzi, censura, demonizzazione imposti dalla sinistra – ha detto Marrone -. Le associazioni che difendono questi genitori e nonni disperati, spesso rappresentate dalle vittime stesse, hanno avuto l’occasione di smascherare a verbale l’esistenza di un sistema che allontana i minori ben aldilà e al di fuori delle regole fissate dalla normativa nazionale, dal buon senso e dai diritti dei minori».

Nella relazione vengono descritti casi raccapriccianti. «Ma in qualità di pubblico ufficiale ho ritenuto doveroso portare la documentazione di tutti questi episodi alla nuova Garante piemontese dei minori, recentemente nominata dalla maggioranza di centrodestra in Consiglio Regionale, avvocato Ilenia Serra, così che possa verificare caso per casi eventuali soprusi su cui fare giustizia».

Raccapriccianti ed educativamente sbagliati. A cominciare dall’abitudine radicata di affidare i minori a coppie gay, chiamate “omogenitoriali”. Spesso con criteri assurdi o di comodo che gettano più di un dubbio sulla buona fede di certi servizi sociali piuttosto orientati ideologicamente.

Nell’indagine ad esempio viene ascoltato Enzo Genco della Casa dell’affido Comune di Torino. Marrone gli chiede se sussistano affidamenti a coppie omosessuali. La sua risposta lascia di sasso: «Può succedere, abbiamo due-tre situazioni che sono così».

In effetti, guardando alcuni allegati, si scopre che la pratica di affidare minori a coppie omogenitoriali è piuttosto radicata, anche se contraria alla legge, oltre che immorale e contraria ai principi educativi.

In una comunicazione di aggiornamento del 2016 dei servizi sociali di Torino al Tribunale per i minorenni si comunica la seguente situazione: «E’ stata reperita come risorsa affidataria idonea all’accoglienza di (omissis) la coppia formata dai signori Federico e Stefano. Si sta procedendo alla conoscenza graduale tra (omissis) e i signori». Due nomi maschili e neanche un cognome. Nessun’altra informazione se non quella che i servizi hanno ritenuto idonea la loro capacità genitoriale, eppure il Tribunale non ritenne mai di dover fare verifiche su chi fossero queste due persone promosse da funzionari pubblici al rango di genitori sostitutivi.

La cosa non deve stupire. Nel 2018 infatti la stessa casa affido del Comune di Torino organizzò un incontro pubblico dal titolo “Cresco bene con voi: l’affido omogenitoriale, attese, percorsi e narrazioni” organizzata col timbro del Comune e il servizio Lgbt della Città. Nel corso dell’incontro ci fu anche la testimonianza di una coppia affidataria. Anche qui, solo i nomi, gli stessi: Federico e Stefano. Lo stesso Comune ha dato alle stampe anche un “Manuale educativo e didattico su scuola e omogenitorialità” chiamato il “Libro di Tommi”.

«Questi affidamenti a coppie gay  sono illegittimi, in quanto violano la legge 184/83 dove prescrive di affidare preferibilmente ad una famiglia con altri figli minori e consente l’affido solo in via temporanea anche a singoli o a comunità residenziali, ma senza menzionare unioni civili, tanto che la stepchild adoption in Italia non è ammessa», ha ribadito Marrone chiamando in causa direttamente la giunta Appendino.

Il caso di Federico e Stefano però non è il solo. Un’altra storia emersa dall’indagine è quella raccontata da Novella Ferrini dell’Osservatorio nazionale a sostegno delle vittime.

Protagonisti quattro minori, tre dei quali avuti dalla madre da un precedente matrimonio, già dichiarato sciolto con un divorzio. Dopo diverse vicissitudini che resero necessario l’intervento dei servizi sociali, uno di questi bambini, il maschietto, è stato affidato ad una coppia omogenitoriale. «Non si è compreso il passaggio dall’affidamento ad una comunità, ad una situazione eterofamiliare, ma sempre nell’ambito parentale, ad una coppia omogenitoriale – ha spiegato la Ferrini -. Non si comprende come non sia stato rispettato il passaggio naturale che la legge prevede. La legge prevede che il bambino venga affidato, se non c’è il consenso della famiglia, da un provvedimento del Tribunale dei minori ad una coppia preferibilmente con figli o, se questo non è possibile, ad una persona sola. Solo nel caso residuale, dove non siano possibili queste soluzioni, si deve cercare una comunità di tipo familiare. Mentre in questi casi, in realtà, questi passaggi sono stati bellamente saltati».

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