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SFIDUCIATO

Chiusa la farsa Marino. Ma anche il Pd esce a pezzi

Ignazio Marino è formalmente decaduto dalla carica di sindaco di Roma dopo che 26 consiglieri comunali hanno presentato le dimissioni, provocando così la fine della consigliatura. Franco Tronca, prefetto di Milano, è stato nominato commissario per guidare la capitale alle prossime elezioni anticipate.

Politica 31_10_2015
L'ex sindaco di Roma Ignazio Marino

Ignazio Marino è formalmente decaduto dalla carica di sindaco di Roma dopo che 26 consiglieri comunali (i 19 del Pd e 7 delle opposizioni) hanno simultaneamente presentato le dimissioni, provocando così la fine della consiliatura. Il prefetto di Milan, Francesco Paolo Tronca è stato nominato commissario per guidare la capitale alle prossime elezioni anticipate, presumibilmente accorpate alle amministrative della primavera 2016 già previste in altre grandi città come Milano, Napoli, Bologna, Torino.

La telenovela del chirurgo ripudiato dal suo stesso partito è dunque giunta al suo epilogo. Questo non vuol dire che non lascerà strascichi sulla città e sul Partito democratico, che esce fittiziamente unito, ma intimamente lacerato anche a causa della decisione del segretario Renzi di adottare fino in fondo la linea dura e di non ricevere l’ormai ex primo cittadino della capitale per il chiarimento tanto richiesto da quest’ultimo. La conferenza stampa di ieri di Marino è solo l’inizio di una nuova battaglia che certamente si riproporrà nella prossima campagna elettorale. A Marino è stato negato l’onore delle armi, ma è certo che il sindaco defenestrato avrà buon gioco nel candidarsi alle prossime amministrative capitoline puntando proprio sulla denuncia della brutalità del suo siluramento.  

Nelle parole di ieri davanti ai giornalisti e a un gruppo di suoi sostenitori si leggeva l’amarezza per il trattamento riservatogli da Renzi e dal Pd. Aveva chiesto di riportare la crisi in aula, cioè nel suo corretto alveo istituzionale, ma per il Pd sarebbe stato uno smacco sfiduciare il proprio sindaco in consiglio, magari votando insieme con gli avversari del centrodestra. Di qui il fitto lavorio diplomatico del commissario dem Matteo Orfini, che ha convinto i suoi consiglieri e anche altri 7 colleghi della Lista Marchini, di Centro Democratico e di altre liste a presentare le dimissioni.  Contro questa linea oltranzista imposta da Renzi nei riguardi di Marino si registrano i mugugni di una parte della minoranza dem, che sembra saldarsi con Sel e altri cespugli della sinistra. Potrebbe essere lo stesso Marino a capeggiare una lista civica di sinistra alle prossime elezioni amministrative, forse non in grado di vincere né di arrivare al ballottaggio, ma, c’è da giurarci, assai agguerrita soprattutto contro il Pd romano, reo di aver affossato il proprio sindaco senza avergli dato la possibilità di un confronto sui contenuti della sua azione politica.

Nei 28 mesi di sua permanenza al Campidoglio, Marino non ha mai sentito fino in fondo il sostegno del suo partito, che ora è già al lavoro per individuare un nome di prestigio in grado di mantenere il centrosinistra al governo della città. Qui comincia probabilmente la nuova stagione del renzismo. Con un Pd a rischio scissione, con le prese di distanza di Pierluigi Bersani, che ritiene il Partito democratico un partito in agonia, con le critiche del dissidente Roberto Speranza, che reputa masochistica la gestione dell’”affare Marino”, con Massimo D’Alema che non perde occasione per lanciare siluri all’indirizzo del premier-segretario, l’ex sindaco di Firenze sta puntando da tempo sull’allargamento al centro e sull’investitura di manager di successo e di figure nuove alla politica. Si spiegano così le voci che vorrebbero una saldatura crescente tra Renzi e Alfano anche per quanto riguarda le elezioni amministrative. 

C’è la partita per il Campidoglio che potrebbe vedere la discesa in campo dell’attuale ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in grado di attrarre consensi dell’area moderata e quindi di ovviare alla prevedibile emorragia di voti che il Pd registrerà, secondo i sondaggi, nella capitale. Ma c’è chi non esclude un accordo trasversale sul nome di Alfio Marchini, che viene dato in verità come il probabile candidato sindaco del centrodestra, anche se più di qualcuno dei berlusconiani non lo digerisce e la stessa Giorgia Meloni vorrebbe correre in proprio.

A Milano il nome dell’amministratore delegato di Expo 2015, Giuseppe Sala continua a circolare con insistenza, anche se il diretto interessato, appena entrato nel cda della Cassa depositi e prestiti, prende tempo e non si espone. Non vuole passare attraverso le primarie, chieste invece a gran voce dagli altri candidati sindaci del Pd (Fiano e Majorino). Aspetta un’investitura dall’alto e correrà solo se il suo schieramento si mostrerà unito nel sostenerlo. E qualche “gola profonda” è pronta a scommettere che Renzi risolverà con Alfano anche le altre grane, come quelle di De Magistris a Napoli, che intenderebbe ricandidarsi (contro il volere del Pd), e di Crocetta alla Regione Sicilia, che non è ben visto dal premier e che rimane in bilico. Anche in quelle situazioni Palazzo Chigi starebbe valutando candidati centristi che possano risultare attrattivi verso l’elettorato di Forza Italia, sempre più in libera uscita.

La nuova fase del renzismo è quindi quella prodromica alla nascita del “Partito della Nazione”, destinato ad essere composto anche da molti settori dell’ex centrodestra insofferenti alla subalternità crescente nei confronti di Salvini e della Lega. Un processo ancora lungo, ma che potrebbe subire brusche accelerazioni dopo il caso Marino, destinato a favorire a sinistra la nascita di cartelli anti-renziani.