"Chiudiamo l'Università di Bari"
Gianni Chiodi, presidente dell'Abruzzo, lancia una giusta provocazione. Le Università meridionali sono agli ultimi posti delle classifiche. Tra Nord e Sud c'è una differenza abissale, che difficilmente potrà essere colmata in una generazione.
“Chiudiamo l’Università di Bari”, afferma in una calda giornata d’agosto, sulla sua pagina di Facebook, il Presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi. Dopo aver letto un articolo di Francesco Giavazzi, apparso sul “Corriere della Sera”, intitolato “La ragnatela corporativa: i tagli alla spesa possibili”, Chiodi lancia la provocazione: «Anche io, come Giavazzi, crederò che il governo sia impegnato a ridurre le spese (per ridurre le tasse) quando Letta e Saccomanni si recheranno a Bari, Messina o Urbino per spiegare che la chiusura di quelle tre Università (in fondo alla classifica dell’Anvur) è nell’interesse dei loro figli. Non è frequentando una fabbrica delle illusioni che ci si costruisce in futuro». Aggiunge: «Negli Stati Uniti, anche un obamiano di ferro qualche tempo fa ha chiuso una cinquantina di scuole pubbliche scadenti. Si deve favorire un percorso di imitazione in senso qualitativo. Altrimenti la scadente qualità continua ad essere tollerata se non perseguita per altri fini: baronie, posti di lavoro assistenziali che alla lunga peggiorano il sistema».
All’origine delle dichiarazioni del Presidente della Regione Abruzzo, la classifica sulle Università italiane, pubblicata dal rapporto 2004/2010 dell’ Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, che fa capo al Ministero della Pubblica Istruzione e che sovraintende al sistema pubblico nazionale di valutazione della qualità delle Università e degli Enti di ricerca, cura la valutazione esterna della qualità delle attività delle Università e degli Enti di Ricerca destinatari di finanziamenti pubblici e indirizza le attività dei Nuclei di valutazione, valutando l’efficacia e l’efficienza dei programmi pubblici di finanziamento e di incentivazione alle attività di ricerca e innovazione.
Nonostante la fonte sia governativa, si scatena il putiferio. Corrado Petrocelli, il Rettore che da quasi dieci anni governa l’Università di Bari, parla di «visione strumentale nel momento delle iscrizioni» e aggiunge che «i dati diffusi dall'Anvur non sono stati elaborati per stilare una classifica, ma per mettere un accento sui punti di forza e su quelli che evidenziano le debolezze» e sottolinea che «la nostra Università ha un piazzamento lusinghiero e annovera studiosi di primo ordine che hanno riconoscimenti a livello internazionale e, a volte, sono anche alla guida di prestigiosi punti di riferimento scientifici». Il rappresentante di “Link - Coordinamento Universitario”, “la rete delle realtà universitarie locali, di ispirazione sindacale e politica, autonome, indipendenti e autofinanziate” – si legge nel loro sito – “con l'obiettivo di promuovere i diritti degli studenti universitari e di affermarne il protagonismo nella costruzione di una società più giusta”– afferma: «Pretendere che le università vadano chiuse a fronte di una valutazione faziosa e parziale come quella Anvur su “produttività” ed “efficienza” degli atenei, non fa che solidificare un’idea aziendalistica della formazione. Le università non sono “fabbriche”, ma luoghi in cui si esercita un diritto».
A distanza di 45 anni, il drammatico retaggio del ’68, è ancora dilagante e, a sua difesa, si erge quel che resta della responsabilità politica. L’ex socialista e ultra-vendoliano, Presidente del Consiglio della Regione Puglia, Onofrio Introna, “tuona” così contro il Presidente della Regione Abruzzo: «Invece di cancellare incubatori storici della cultura centro-meridionale, il Governo nazionale dovrebbe assicurare il suo sostegno ad Atenei come quello barese, che secondo altre graduatorie primeggiano per iscritti, servono un bacino di utenza quanto mai ampio e assicurano una formazione accademica d'eccellenza». Gli fa eco il Sindaco di Bari, Michele Emiliano, che sentenzia: «Chiodi pensi a ricostruire l’Aquila, se ci riesce, e non si comporti da sciacallo approfittando di discutibili graduatorie, scritte nell’interesse delle università del Nord, al momento delle iscrizioni. Se per completare la ricostruzione, Chiodi avesse bisogno delle competenze delle Università pugliesi e delle nostre energie professionali ed economiche - propone Emiliano - siamo come sempre a disposizione per lottare al fianco dell’Abruzzo migliore, del quale evidentemente lui non fa parte».
Queste dichiarazioni, a tratti isteriche, non fanno che dimostrare quanto il Governatore dell’Abruzzo abbia colto nel segno con la sua provocazione. Al di là dei criteri adottati dall’Anvur nello stilare la classifica, i dati sono confermati da un’altra ricerca condotta e diffusa recentemente dal Censis. Entrambi gli Istituti, collocano le Università meridionali agli ultimi posti. Tra il Nord - dove primeggiano le Università di Padova, Milano (Bicocca), Verona, Bologna, Pavia, Torino, Siena, Trento, Bolzano, Ferrara e Pisa (Sant’Anna e Normale) – e il Sud, esiste una differenza abissale, che difficilmente potrà essere colmata nell’arco di una generazione. Le cause, molteplici, possono essere ricondotte alla colpevole noncuranza con la quale il ceto politico e dirigente meridionale, nel corso degli ultimi decenni, ha trattato il problema della formazione e dell’istruzione, per non parlare del sistema clientelare e corporativo che ha caratterizzato in maniera vergognosa molte realtà meridionali. Invece di scandalizzarsi per una provocazione, gioverebbe a tutti dedicarsi con buona lena alla rigenerazione del settore scolastico - e, poi, universitario - anche tenendo presenti i risultati delle prove Invalsi di quest’anno, che certificano un divario che si è acuito tra il Nord e il Sud, tanto da indurre gli estensori del rapporto Invalsi, a scrivere: «l’operare del sistema scolastico non sembra in grado di contrastare tale divario, che risulta anzi acuito col progredire della carriera scolastica degli alunni». Sono anche questi rilievi pretestuosi, strumentali e ininfluenti rispetto alle performance delle Università meridionali?