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"Chieti" e non ti sarà dato: Forte nega la comunione in bocca

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Nell'arcidiocesi abruzzese è obbligatorio ricevere l'Eucaristia sulle mani. L'arcivescovo si scaglia contro l'uso tradizionale e ammanta di obbedienza la pretesa di imporre la sua personale visione, forzando le norme e anche la lingua greca.

Ecclesia 28_04_2025
SARA MINELLI - IMAGOECONOMICA

È una vera crociata quella di mons. Bruno Forte sulla comunione in mano, che nell’arcidiocesi di Chieti-Vasto continua a restare obbligatoria, malgrado anche la Cei abbia decretato la fine dello stato di emergenza già tre anni fa, nella lettera del 1° aprile 2022, ribadendo il ritorno alla normalità con una nuova lettera dell’8 maggio 2023. Una sua crociata personale, benché ammantata di richiami all’obbedienza alla Chiesa. L’ultima sortita del presule risale al giorno di Pasqua, domenica 20 aprile, quando mons. Forte ha pensato bene di strigliare i fedeli che desiderano ricevere l’Eucaristia sulla lingua, forzando le norme e persino la lingua greca.

«Permettete che chiarisca un punto. Ci sono state tre persone che non hanno voluto la comunione in mano»: un problema dato che ricevere la comunione sulla lingua, secondo l'uso tradizionale, è permesso in tutta la Chiesa tranne a Chieti. Ecco il suo personale chiarimento: «Allora, prima di tutto nel Nuovo Testamento Gesù dice: labete [λάβετε]. Il verbo lambano [λαμβάνω] in greco significa “prendere in mano”. Per secoli sempre la Chiesa ha preso in mano la comunione. Solo in alcuni secoli oscuri, temendo la mancanza di igiene, si è sostituito questo gesto con quello del prenderla in bocca, ma grazie a Dio oggi siamo tutti cresciuti, le mani ce le laviamo, per cui la comunione si prende in mano, col gesto umile di stendere la mano e di accoglierla. Chi non lo fa, fa un atto di orgoglio, si crede più saggio e più esperto del papa e dei vescovi che hanno deciso che la comunione si prende in mano. Per piacere, siate umili e obbedienti alla Chiesa. Almeno nel momento in cui fate la comunione, ricevete Gesù, facendo la sua volontà che è quella espressa nella Chiesa, dal papa e dai vescovi» (qui il video della strigliata pasquale).

Prima di tutto chiariamo a nostra volta che, a cinque anni dal 2020, la preoccupazione dell’arcivescovo non è più legata a protocolli sanitari. E infatti non se ne fa alcun riferimento nella nota più recente dell’arcidiocesi in merito, datata 12 aprile 2024. Casomai la pandemia ha costituito per alcuni settori del mondo cattolico l’occasione per imporre ovunque (anche a emergenza finita) l’obbligo di comunicarsi sulle mani. Al riguardo è eloquente un articolo del maggio 2020 apparso su Religion Digital e riportato in italiano da Adista, intitolato: La comunione in bocca è un’abitudine che (a causa di forza maggiore) potremmo (finalmente) abbandonare. E visto che mons. Forte si appella all’obbedienza, è opportuno ricordare che quell’uso nacque nel post-concilio proprio come “disobbedienza legittimata”: una moda invalsa nella smania di desacralizzare l’Eucaristia e allora criticata da San Paolo VI, che tuttavia lasciò la facoltà di sanare l'abuso alle singole conferenze episcopali (cosa che in Italia avvenne nel 1989). E di fatto si diffuse, finendo per offrire il destro a qualche presule per scoraggiare l’uso tradizionale di ricevere la comunione in bocca, considerato un’usanza medievale poco adatta ai cattolici “adulti”. Ma mai vietata da nessun papa.

La situazione attuale è chiarita dall’istruzione Redemptionis Sacramentum del 2004, per la quale «benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia». Ricapitolando: il fedele ha «sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca»: esattamente il contrario di quanto afferma mons. Forte. Semmai l’eccezione è costituita dall’altro uso, ammesso («se un comunicando, nelle regioni in cui ecc.») e peraltro con alcune cautele: «Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli» (n. 92).

A volerne sapere più della Chiesa è proprio mons. Forte, che scomoda la lingua greca a suo uso e consumo. Peccato che il significato del verbo greco λαμβάνω sia ambivalente: sia prendere (ma da nessuna parte è scritto “con le mani”) sia ricevere, accogliere. Volendo fare un confronto con la versione latina della Bibbia i relativi passi di Matteo (26,26) e Marco (14,22) sono tradotti rispettivamente con «accipite» (come peraltro nel Messale: «accipite et manducate...») e «sumite»: il primo indica «ricevere», il secondo «prendere» nel senso di assumere (un farmaco, un cibo...). Il verbo è presente anche nel prologo di Giovanni: «ὅσοι δὲ ἔλαβον αὐτόν» (1,12) e «ὅτι ἐκ τοῦ πληρώματος αὐτοῦ ἡμεῖς πάντες ἐλάβομεν» (1,16), che la Bibbia Cei 2008 traduce con: «A quanti però lo hanno accolto» e «Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto». Le varie possibili sfumature di significato non autorizzano la lettura di mons. Forte sul prendere in mano. E se anche così fosse conviene ricordare che in quel momento Gesù si stava rivolgendo agli apostoli, ovvero ai primi sacerdoti della storia.

Risibile per non dire dozzinale la spiegazione sui «secoli oscuri» in cui la gente non si lavava le mani. L’istruzione Memoriale Domini del 1969, che pure autorizzava l’indulto per la comunione sulle mani, oltre a raccomandare di conservare il modo tradizionale di ricevere la comunione sulla lingua, ne spiegava diversamente l’origine: «È vero che in antico era abitualmente consentito ai fedeli di ricevere in mano il cibo eucaristico e di portarselo direttamente alla bocca (...). Però le prescrizioni della Chiesa e gli scritti dei padri documentano con ricchezza grande di testi quale venerazione e quale attento rispetto si avesse per la Santa Eucaristia». A introdurre «la consuetudine che fosse il ministro stesso a deporre la particola del pane consacrato sulla lingua dei comunicandi» non fu questione di igiene, come pretende il presule, ma di «progressivo approfondimento della verità del mistero eucaristico, della sua efficacia e della presenza in esso del Cristo, unitamente al senso accentuato di riverenza verso questo Santissimo Sacramento e ai sentimenti di umiltà con cui ci si deve accostare a riceverlo».

Mons. Bruno Forte è costretto forzare il greco e la storia, non potendo più invocare ragioni sanitarie, e ammanta di obbedienza alla Chiesa la pretesa di imporre obbedienza alla sua sola volontà e alla sua personale visione della liturgia. E se le norme della Chiesa lo smentiscono, peggio per loro: “L’Eglise c’est moi!”. Che è poi la peggiore forma di clericalismo.



STORIA E LITURGIA/1

Comunione sulla mano: una disobbedienza legittimata

28_07_2020 Nicola Bux

Di Comunione sulla mano non si parla né al Concilio né nella riforma liturgica. Si radica nel post-Concilio ad opera di diocesi ribelli del Nord Europa. Paolo VI cercò di arginarla con l’istruzione Memoriale Domini, che nasce per proibirla e concedere un indulto solamente alle diocesi ribelli nel caso in cui non fossero riuscite ad arginare l’abuso. Nel primo anniversario della sua morte, la Bussola ricorda Juan Rodolfo Laise, il vescovo che scrisse la verità sulla Comunione in mano e si oppose nella sua diocesi a questa pratica contraria alla legge universale della Chiesa.

il comunicato

Anche per la Cei finisce ufficialmente l'era pandemica

Dopo tre anni anche i vescovi italiani pongono fine allo "stato di emergenza ecclesiale", ma solo dopo il via libera dell'Oms. Un ritorno alla normalità, con singole e (speriamo) circostanziate eccezioni, che non esula da domande su quei tre mesi in cui l'"ospedale da campo" ha smesso di curare.
- SE LA DIOCESI PENSA A SALVARE DAGLI "STEREOTIPI", di Ermes Dovico

LA NOTA DELLA CURIA

Comunione sulla lingua, Delpini riprende chi la nega

03_09_2022 Ermes Dovico

L’Avvocatura dell’Arcidiocesi di Milano chiarisce in una nota pubblica che «non è possibile escludere dalla Comunione Eucaristica i fedeli che non abbiano la mascherina e/o vogliano ricevere la Comunione sulla lingua». Si esplicita così finalmente la possibilità già reintrodotta dal 16 giugno, ma che ha incontrato le resistenze di non pochi sacerdoti. Sia in terra ambrosiana che in altre diocesi.

INTERVISTA A KRUIJEN

“No, non si può vietare la Comunione sulla lingua”

02_03_2021 Luisella Scrosati

Monsignor Christophe J.Kruijen, sacerdote della diocesi di Metz, alla Congregazione per la Dottrina della Fede dal 2008 al 2016 e autore del recente articolo “À propos de l’interdiction de la communion donnée sur la langue", ha spiegato alla Nuova Bussola Quotidiana il limite dei vescovi e delle conferenze episcopali nel vietare di ricevere la Comunione sulla lingua e quali possibilità si hanno di distribuirla così nonostante l’imposizione.

STORIA E LITURGIA/4

Comunione in bocca, strada aperta da Benedetto XVI

31_07_2020 Nicola Bux

Nel 2005 monsignor Laise scrisse all'allora Prefetto della Cdf Ratzinger per suggerirgli di affrontare durante il Sinodo sull'Eucarestia il tema dell'affermazione della Comunione in mano e propose un esame di coscienza di tutta la Chiesa. Diventato Papa, Benedetto XVI volle che durante le Messe papali la Comunione venisse amministrata solo in bocca e in ginocchio. "L'eredita" di Laise ora è in mano al cardinal Sarah. 
- UNA DISOBBEDIENZA LEGITTIMATA/1
- ATTACCO DEI PROTESTANTI/2
- BETTAZZI E GLI ALTRI CHE ATTACCARONO WOJTYLA/3

STORIA E LITURGIA/3

Comunione in mano, Bettazzi e gli altri che criticarono Wojtyla

30_07_2020 Nicola Bux

Dopo la pubblicazione della Memoriale Domini, Paolo VI ricevette moltissime pressioni per estendere gli indulti a distribuire la Comunione in mano. E anche con Giovanni Paolo II si insistette fino a criticare il Pontefice polacco. Come nel caso del vescovo di Ivrea, Luigi Bettazzi, che apostrofò duramente Wojtyla. 
- UNA DISOBBEDIENZA LEGITTIMATA/1
- ATTACCO DEI PROTESTANTI/2

STORIA E LITURGIA/2

Comunione in mano, attacco dei protestanti al sacerdozio

29_07_2020 Nicola Bux

L'uso di comunicarsi sulla mano, “neutro” nell'età patristica, fu ripreso dai riformatori protestanti con una chiara connotazione dottrinale. Secondo Martino Bucero, promotore della riforma anglicana, la pratica di non dare la Comunione sulla mano si doveva a due “superstizioni”: il “falso onore” che si pretende attribuire a questo Sacramento e la “perversa credenza” che le mani dei ministri, a causa dell’unzione ricevuta nell’ordinazione, siano più sante delle mani dei laici. A partire da questo momento, il gesto di ricevere la Comunione sulla mano ha un senso marcatamente polemico per attaccare la Presenza reale e il sacerdozio.
- UNA DISOBBEDIENZA LEGITTIMATA/1