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il dibattito

Chiesa e biopolitica: le quattro strategie fallimentari

Le strategie messe in campo dalla Chiesa per far fronte all’attacco senza precedenti costituito dalle sfide alla bioetica sono deboli e alla prova dei fatti dannose: valorizzazione degli aspetti positivi di leggi ingiuste, difesa relativista dell'obiezione di coscienza, approvazione del male minore e appellarsi alla Costituzione.

Dottrina sociale 20_02_2020

La Evangelium vitae (1995) di Giovanni Paolo II aveva posto le questioni bioetiche dentro la questione sociale. Da qui il nesso tra bioetica e Dottrina sociale della Chiesa. Se osserviamo la realtà attuale bisogna però riconoscere che il messaggio non è stato recepito e che quell’incontro non è avvenuto.

Dalla Nota dei vescovi italiani del 2007 sulle copie di fatto, nonostante la schiera di leggi innaturali approvate soprattutto in questi ultimi cinque anni – Cirinnà, divorzio express, fine vita, suicidio assistito, diritto al figlio concepito in provetta - , ben più dirompenti e ingiuste di quella sulle coppie di fatto, l’episcopato italiano non ha più prodotto nessun documento in materia. Mentre le leggi andavano sempre più in fondo alla questione e l’offensiva si radicalizzava, la Chiesa si ritirava sempre più alla superfice della questione. Bisogna poi ricordare che tutte le leggi sopra ricordate sono state approvate con il voto dei cattolici presenti in Parlamento. La Dottrina sociale della Chiesa dichiarava così la propria sconfitta, causata più dal fronte interno che da quello esterno, dato che “le cose buone non muoiono che per suicidio”..

Se la Dottrina sociale della Chiesa non assume in sé la bioetica e tutti gli aspetti che questo comporta, termina di svolgere la propria funzione anche come Dottrina sociale della Chiesa. Purtroppo è proprio questo che sembra stia accadendo. Se esaminiamo le strategie messe in campo dalla Chiesa e nella Chiesa di fronte all’attacco senza precedenti costituito dalle sfide alla bioetica, notiamo la loro debolezza e la loro funzionalità, nel lungo termine, al fronte opposto. Le metto in evidenza per far risultare la validità e l’urgenza di scelte opposte.

Una prima strategia consiste nel lottare per la completa applicazione delle leggi in vigore su tematiche bioetiche. Si tratta delle tattica che consiste nel valorizzare eventuali aspetti positivi contenuti in leggi negative. Il caso più tipico riguarda la 194 che disciplina l’aborto. I cattolici pensano di mantenerla e di applicarla nei punti che, secondo loro, sono positivi. Quasi nessuno infatti parla più di abrogazione della legge e chi lo fa viene snobbato e deriso.

Una seconda strategia consiste nel darsi da fare affinché nelle leggi ingiuste sia riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza. In questo modo non si tiene conto che il fatto di prevedere l’obiezione di coscienza non rende giusta una legge ingiusta. Se la legge prevede l’obiezione ciò non dispensa dal combatterla fino all’abrogazione. L’obiezione di coscienza non è un fatto individuale, ma politico, ossia un modo per resistere di fronte all’ingiustizia e per lottare per la giustizia, altrimenti esprime un relativismo morale: io voglio che mi si riconosca il diritto di fare come voglio e io, a mia volta, riconosco il diritto agli altri di fare come vogliono.

Una terza strategia è di lavorare per il male minore. I vescovi francesi hanno invitato i parlamentari a “migliorare” la legge sulla bioetica poi approvata dal senato il 20 gennaio scorso, come se il male fosse migliorabile. I vescovi italiani hanno sostenuto la proposta di legge sul suicidio assistito che, in cambio del mantenimento del fatto come reato, lo depenalizzava quasi completamente. Nel dibattito parlamentare sulla legge Cirinnà, molti deputati cattolici hanno votato a favore della legge dopo aver ottenuto che essa non prevedesse la stepchild adoption, vantandosi così di averla migliorata e di aver evitato il male maggiore. Anche i “certi casi” in cui si prevede il diritto dopo la sentenza della Corte costituzionale sono destinati ad ampliarsi. Ciò che oggi sembra il male maggiore da evitare mediante l’accettazione del male minore, diventerà domani il male minore che verrà accettato per evitare un male ancora maggiore. Chi accetta il male minore ha già perso in partenza e ha già prenotato l’accettazione futura del male maggiore.

Una quarta strategia perdente è di appellarsi alla Costituzione e far notare che le leggi di biopolitica eversive dell’ordine naturale sono incostituzionali. Questa miope strategia, che vuole utilizzare la Costituzione come scudo all’ingiustizia in campo bioetico, si scontra con varie evidenze ormai accertate. Numerose sentenze della Corte costituzionale hanno stabilito che quando la Carta parla di diritti non si riferisce ad un ordine naturale e oggettivo (come potrebbe far pensare il verbo “riconosce” di cui agli articoli 2 e 4) ma ad un ordine posto dal legislatore.

Infatti tutte le sentenze della Corte costituzionale, a cominciare da quella del 1975 secondo cui l’embrione non è persona fino all’ultima sulla liceità in certi casi del suicidio assistito negano l’esistenza del diritto naturale ed esprimono una posizione gius-positivista del diritto. Di conseguenza il problema è diventato proprio quello della Costituzione e della Corte costituzionale, è quindi illogico rifarsi a queste fonti per avere giustizia, quando l’ingiustizia viene proprio da lì. Infatti in giro per l’Europa aumentano i movimenti che vogliono riformare proprio le Costituzioni per blindare i principi non negoziabili, alcuni dei quali hanno già ottenuto successo. La Costituzione è il problema e non la soluzione.