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PERSONAGGI

Chi è Sarah Palin

Breve biografia d'intelletto d'amore a proposito di quella ragazza della porta accanto che è diventa la star del conservatorismo americano.

Attualità 23_02_2012
Sarah Palin

 

Sarah Palin è una tipa in gamba. E dev’essere brava sul serio, visto l’odio e il livore che "il mondo" le ha scatenato contro, non risparmiando nemmeno uno dei tratti della sua personalità.
Del resto, lei è la classica incarnazione del "mito americano". Una tipica ragazza della porta accanto che dal nulla arriva ai vertici del Paese più potente del mondo, che con grande probabilità potrebbe avere ancora ruoli significativi da svolgere a quelle altezze vertiginose e che comunque ha saputo guadagnarsi la notorietà per le buone battaglie culturali e politiche al cui servizio, con generosità, si è gettata.

In Italia non la conosceva nessuno fino a che Giuliano Ferrara decise, con gesto guascone e appassionato, di dedicare una copertina speciale, improvvisata e importante, de Il Foglio a quel suo pancione di governatrice dell’Alaska incinta dell’handicappato Trig a passeggio dentro un pellicciotto da trapper lungo le sconfinate distese innevate di un Paese che sta ai confini stessi dell’ecumene umano. Erano i tempi della moratoria sull’aborto lanciata da Il Foglio e poi della Lista Ferrara alle elezioni politiche del 2008, e quella "femminista conservatrice" divisa fra carriera rampante e Grande Nord dove la provincia americana si fa ancora più provincia, la quale sceglieva contra mundum di non abortire quel piccolo indifeso - in ogni senso - che portava in grembo, entusiasmò quel gran direttore diventando la testimonial d’eccezione di una iniziativa di civiltà che non ha pari. È improbabile che, dopo l’estate di quel 2008, il grigio e vecchio John McCain (e non è affatto un problema di età), candidato presidenziale del Partito Repubblicano contro Barack Obama per abbandono del campo di tutti gli altri, abbia letto Il Foglio per decidere di scegliere la Palin come running-mate e candidarla alla vicepresidenza federale degli Stati Uniti prelevandola "di peso" dal Paese delle alci e delle conifere. Ma i motivi per cui il senatore dell’Arizona scelse in quel frangente Sarah sono evidentissimi, e in sé ottimi.

Il vecchio Mac era infatti un candidato debole, un’annunciata sconfitta ambulante. Aveva fatto di tutto per emanciparsi dai versanti più popolarmente detestati della presidenza di George W. Bush jr., ma pure da quelli più amati dai conservatori. Faceva acqua, McCain, da troppi buchi, a cominciare dai "princìpi non negoziabili". Dopo otto anni di una presidenza che invece su quel fronte si era comportata mediamente in modo ottimo, con picchi di eccellenza assoluta (il caso di Terri Schindler Schiavo [1963-2005], per esempio), la linea McCain riuscì in breve tempo a far rompere le righe anche ai più irriducibili difensori del fronte. Insomma, McCain aveva scoperto tutto il fianco destro, e scegliendo la Palin corse strategicamente ai ripari.

Lo fece tardi e goffamente, e questo gli costò la presidenza, unitamente al fatto che il "magico Obama" riuscì, per virtù propria, a portare alle urne un esercito di elettori nuovi che fecero tutta la grande differenza. Basta infatti tornare a sbirciare le cifre di allora. Di fatto, nelle presidenziali del 2008 i Repubblicani persero "poco" mentre fu Obama a vincere molto, aumentando il numero assoluto dei votanti e quindi dei voti. La sostanziale tenuta dei Repubblicani, invece, o la loro piccola perdita, fu merito della Palin. Girano caricature impresentabili di quel confronto elettorale: ma la verità è che l’"effetto Sarah" riuscì a chiudere le stalle prima che tutti i buoi - i conservatori - fossero scappati, e, in più, persino a riacciuffarne qualcuno. Al lazo, come fanno i veri cow-boy.

Nata l’11 febbraio 1964 a Sandpoint, in Idaho - uno dei bastioni di quello che Oltreoceano chiamano "God’s Country" -, Sarah Louise Heath è cristiana pentecostale e frequenta le Assemblee di Dio; fu battezzata cattolica, ma poi i suoi cambiarono parrocchia educandola diversamente. Giovanissima, seguì la famiglia in Alaska, che così è diventata la sua patria di adozione. Lassù, a soli 30 anni, diventò sindaco della cittadina di Wasilla. Nel dicembre 2006 fu poi eletta governatrice dello Stato, e tale è rimasta fino al 2009.

Adora caccia, pesca, gli hamburger di alce e i chopper (cioè le moto tipo Harley Davidson). Rispetta come pochi Dio, la patria, la famiglia e i militari che spendono la vita per tutti noi; del resto, uno, partito per l’Iraq in quello stesso 2008 delle elezioni e del pancione su Il Foglio, è figlio suo. Questo suo mondo Sarah lo ha rotondamente descritto in due bei libri, Going Rogue: An American Life (Harper Zondervan, New York 2009) e America by Heart; Reflections on Family, Faith and Flag (HarperCollins, New York 2010), nonché nei documentari della serie Sarah Palin’s Alaska, nove puntate trasmesse via cavo, tra novembre 2010 e gennaio 2011, da The Learning Channel. Poi ha un’altra passione clamorosa, il diritto alla vita.

Sarah è madre di cinque figli avuti dal marito Todd Mitchell Palin, che discende anche da nativi artici e con cui si fidanzò ai tempi del liceo. A suo tempo corse voce di dissapori e persino di un divorzio, ma era una voce infingarda, una delle molte. I figli di Sarah e Todd si chiamano Track Charles James (il militare), Bristol Sheeran Marie, Willow Bianca Faye, Piper Indy Grace (tre femmine) e Trig Paxson Van, il piccolino, affetto da sindrome di Down, quello del pancione reclamizzato nel 2008 in prima pagina su Il Foglio.

Sarah è socio tesserato delle Feminists for Life (FFL), una organizzazione nata nel 1972, grandiosa, fatta di donne e di madri spesso in carriera e sovente famose (come le attrici Patricia Heaton e Margaret Colin, presidentesse onorarie) che sposano battaglie civili, conservatorismo sociale e antiabortismo deciso nella migliore tradizione delle suffragette americane delle origini. Sua collega nella FFL è la cattolica Jane Marie Sullivan, moglie del presidente della Corte Suprema (quella che nel 1973 legalizzò indebitamente l’aborto americano), il cattolico John G. Roberts, nominato da Bush jr. nel 2005. La Palin è pure a favore della pena di morte (a differenza delle colleghe dell’FFL), nonché tesserata dell’American Rifle Association, la maggior organizzazione per il porto e l’uso personale di armi da fuoco a norma di Costituzione federale, presieduta per anni (contro prassi, visto che la carica è annuale) dal mitico attore Charlton Heston (1923-2008). Simpatizzante ancora oggi dell’Alaskan Independence Party (divenne sindaco di Wasilla come candidata di quel partito),  nel 1996 sostenne la candidatura Repubblicana dell’arciconservatore cattolico Patrick J. Buchanan. Ha sempre retto benissimo alle ironie e alle impudicizie che l’hanno presa di mira solo perché donna e bella o che hanno cercato d’infangarne l’immagine parlando più delle sue gonne (sempre sotto il ginocchio…), dei suoi tacchi e dei concorsi di bellezza vinti in gioventù che non della sfida che lei da sempre porta all’establishment laicista.

Poi è venuta la stagione dei "Tea Party" e la loro importante vittoria nelle elezioni alla Camera federale del novembre 2010, allorché la Palin ha saputo mettersi fra le teste di quel movimento, rinnovarsi, rilanciarsi. Tutti si attendevano una sua discesa in campo nelle primarie Repubblicane di questo 2012, ma lei lascia ancora tutti ad attendere. Certo è che oggi negli Stati Uniti nessuno come lei è oggi il simbolo della battaglia anche politica per i "princìpi non negoziabili". Nessuno come lei imperversa sui canali televisivi e radiofonici e sulla stampa conservatrice. E nessuno come lei, infine, sa essere madre e moglie coraggiosa e caparbia, autentica icona di un popolo che, peraltro, di carte decisive da giocare per la sorte del Paese più potente del mondo ne ha ancora molte.