Che pena il Grillo blasfemo
L'orrenda sceneggiata del comico che ha dato da mangiare grilli rinsecchiti ai suoi adepti storpiando la frase eucaristica: «E' il corpo di Grillo». La parabola artistica di un ricco ex comico e la tristezza dei candidati 5 Stelle proni nel piacere al capo. C'è più dignità nei leccapiedi del megadirettore di Fantozzi.
Ridere non faceva ridere. Schifo, quello sì, ma per via degli insetti ingurgitati per compiacere il capo. Lo show (?) blasfemo di Beppe Grillo a Torino rivela in tutta la sua chiarezza la povertà di inventiva di un comico che, evidentemente in crisi di ispirazione, ha pensato di buttarla sull’irriverenza per cercare di attirare l’attenzione su di sé. Infatti c’è riuscito. Il Corriere ne ha parlato subito, il Pd addirittura si è infervorato manco fosse il custode della dottrina e almeno per un po’ si è potuto parlare di uno spettacolo che diversamente non avrebbe occupato neanche una riga di cronaca.
La pagliacciata di sabato sera all’Auditorium del Lingotto si è materializzata quando il fondatore del Movimento Cinque Stelle ha preso una ciotola e ha iniziato a imboccare alcuni esponenti pentastellati con dei grilli rinsecchiti. «E’ il corpo di Grillo», ha detto e la tristezza non era tanto nel guru ormai decaduto che per tirare avanti inscenava un sacro convito tanto blasfemo quanto ridicolo, piuttosto nelle reazioni dei militanti, tra cui un senatore e la candidata sindaco di Torino: sorridenti a denti stretti, peggio della claque a disposizione del megadirettore che umiliava Fantozzi, la quale almeno doveva solo omaggiare la signora. C'è più dignità nelle vergini in batteria pronte a soddisfare il tiranno coreano. E più eroismo nella minoranza Pd che fa finta di fare la guerra a Renzi.
Povero Grillo. Quando negli anni ’80 faceva ridere davvero occupava le prime serate in tv. Poi i palasport pieni e una lunga cavalcata politica che deve avergli montato la testa: militanti invasati e iniziati, la conquista del potere, il controllo delle menti attraverso una gestione del movimento Cinque Stelle settaria e iniziatica. Adesso, formalmente rientrato nel mondo dello spettacolo, la triste parabola discendente di un ricco e furbo santone, che chiama i militanti politici a pagare il biglietto del suo show. E li umilia con una comunione che offende non solo i credenti, ma riesce a stomacare anche chi non crede.
Difficile provare a “sociologizzare” l’orrido teatrino del comico genovese. Cosa avrà voluto dimostrare? Quale messaggio nascosto avrà voluto veicolare ai suoi? Inutile cercare risposte, perché risposte non ce sono. Il tutto si è svolto secondo il copione tetro della banalità del sacrilego: fine a se stesso se non per quel bisogno ossessivo di risultare esoterici anche davanti a 800 persone. Appena la metà di quanti l’auditorium ne potesse contenere.
Forse una morale da questa storiaccia si potrebbe tirare fuori: che il movimento Cinque Stelle non avesse particolare interesse verso la Chiesa e il messaggio cristiano era cosa nota. Ora sappiamo anche che è anche profondamente ostile alla sensibilità dei cattolici, molti dei quali lo hanno votato perché in fondo, le trivelle, la differenziata etc...
A proposito di cattolici. Non poteva mancare il fervorino del Pd, che con il sottosegretario Luca Lotti si è detto disgustato per la sceneggiata. Aggiungendo: «Da padre mi domando se sia giusto ironizzare su quello che per me è un sacramento», dando così prova di un relativismo niente male. Perché quello che per Lotti è un sacramento lo è anche per un altro. Non è che smette di essere tale se qualcuno non ci crede. In quanto a difensore della dottrina Lotti dovrebbe fare almeno un ripassino.