Che fare seriamente contro il Covid? Ripensare le Rsa
Invece di imporre regole da guerra come il coprifuoco, o da Stato etico, contro le attività commerciali, per affrontare la seconda ondata dovremmo smettere di deportare gli anziani in Rsa e ospedali massificati, che diventano il brodo di coltura delle epidemie, e cominciare a proteggerli sul serio, rispettando in primo luogo la loro umanità.
- FEDEZ E LO STATO ETICO di Ruben Razzante
Perché il virus Covid ha provocato nei primi mesi del 2020 un picco improvviso di mortalità in alcuni paesi occidentali? Picco che a sua volta ha innescato il circolo vizioso di psicosi e restrizioni in cui ci dibattiamo ancora oggi?
La spiegazione purtroppo è più semplice di quanto si possa immaginare. Quei paesi (incluso il nostro) sono caratterizzati da un tasso di fertilità molto basso e da una longevità crescente: sempre meno giovani, sempre più anziani. Hanno famiglie ormai largamente precarie, divise e disgregate, da cui vecchi genitori, zii, nonni, spesso sofferenti di varie patologie, tendono ad essere esclusi, allontanati, non trovando nessuno che si occupi di loro, al di fuori di badanti a pagamento, quando se ne hanno le possibilità economiche. E quindi da decenni quelle società vanno ammassando gli anziani, sempre più soli, in ospizi sempre più affollati; e anche ospedali e cliniche si sono riempite di anziani che stanno lì solo perché nessuno bada loro e non hanno i soldi per permettersi altro. Questa concentrazione ha rappresentato per il Covid l'equivalente della paglia per una scintilla, uccidendo in massa le più fragili e malate tra queste persone.
L'"emergenza" coronavirus, da un punto di vista sanitario, è pressoché tutta qui.
Ma si tratta di una dinamica che era già in corso da anni, in maniera meno evidente. In alcuni inverni (in Italia in particolare tra il 2014 e il 2015) si era registrata un'improvvisa, ed apparentemente inspiegabile, crescita della mortalità nella fascia degli over-70, da collegare molto probabilmente all'incidenza di virus stagionali proprio in quei luoghi ad alta concentrazione, a dispetto del tasso complessivamente alto di vaccinazione anti-influenzale. Nel 2020 l'irruzione improvvisa del nuovo virus cinese nelle regioni più industrializzate e anziane d'Europa (e della Costa Est nordamericana) ha fatto esplodere la polveriera, generando il panico.
E' a partire da questo dato che occorrerebbe cominciare a ragionare per prevenire questa ed altre infezioni virali, monitorare le fasce a rischio, programmare le risposte del sistema sanitario. Invece, come sappiamo, quasi in tutti quei paesi (quelli germanici e scandinavi fanno in parte eccezione) si fa tutt'altro: si cerca vanamente di bloccare un virus ormai endemizzato attraverso restrizioni assurde delle attività economiche e della socialità che creeranno solo povertà e disoccupazione, e si colpevolizzano i comportamenti della popolazione che vorrebbe fare una vita normale (vacanze, svago, ristoranti, bar, feste ... ), costruendo un assurdo stato etico, mentre si trascura, o si è incapaci, di fare le uniche cose che si dovrebbero fare: potenziare le strutture sanitarie con reparti specificamente attrezzati contro il (i) virus e dalla capienza adeguata all'incidenza di casi nelle fasce "fragili"; allertare la medicina di base affinché i medici di famiglia siano in grado di seguire costantemente e personalmente tutte le persone a rischio; e, soprattutto, ripensare radicalmente tutto il sistema delle strutture residenziali per anziani, smantellando i mega-ospizi ospedalizzati. Ospizi che oggi sono stati per di più trasformati in vere e proprie carceri, in cui, per "proteggerli" dal Covid, si privano i residenti di ogni contatto umano, e persino della possibilità di incontrare le persone care.
Questa tristissima realtà ci viene ricordata da un'intervista concessa a Laura Della Pasqua ieri per il quotidiano La Verità da don Vinicio Albanesi, che da decenni, nella sua comunità di Capodarco, nelle Marche, si occupa di assistenza ad anziani, disabili, e ad ogni sorta di persone sole e bisognose. Nel colloquio, Albanesi sottolinea che "la pandemia sta mettendo in crisi lo schema delle Rsa che già avevano i loro limiti", perché queste ultime "sono strutture che hanno un'impostazione ospedaliera e quindi ritmi e regole rigide", oggi aggravati da misure di sicurezza che hanno quasi completamente isolato gli anziani dai familiari.
Il Covid ha in realtà portato alle estreme conseguenze - sostiene giustamente il sacerdote - una situazione che era già alienante, trasformandola in del tutto disumana: "la vita è fatta di relazioni, sentimenti, affetti, ricordi. Per un anziano, la voce, la presenza di un familiare è importante. Altrimenti la persona rimane sola con i suoi fantasmi e le sue allucinazioni". L'unica soluzione possibile, conclude Albanesi, è smantellare le Rsa: "va ripensato il sistema del welfare [...] Le residenze da 200 persone sono per forza luoghi di abbandono. Servono strutture più piccole, massimo di 15 ospiti, nelle quali creare una situazione confortevole. Servono aiuti pubblici alle famiglie meno abbienti affinché possano dotarsi di una badante".
Ecco. Se fossimo un paese minimamente serio (ma il discorso non vale solo per il nostro) è di questo che dovremmo parlare, è in questo senso che dovremmo rapidamente muoverci. Invece di perseguitare le persone che vanno al bar o al ristorante, massacrare lo sport, uccidere la cultura proibendo i convegni, mortificare scuola e università, imporre "coprifuoco" ridicoli e controproducenti, oltre che illiberali, dovremmo al più presto smettere di deportare gli anziani in Rsa e ospedali massificati, che diventano il brodo di coltura delle epidemie, e cominciare a proteggerli sul serio, rispettando in primo luogo la loro umanità, il loro essere persone, la loro esigenza di una vita che sia tale in tutti i sensi, e non solo dal punto di vista biologico.