«Che cosa grande è un sacerdote! Non lo capiremo che in cielo».
Nell’epoca contemporanea le figure di sacerdoti nate dalla penna degli scrittori e divenute celebri sono davvero numerose. Il sacerdozio è una vocazione sacramentale in cui la persona, consapevole di aver avuto già tutto nell’incontro con Cristo, non chiede null’altro che Lui.
Nell’epoca contemporanea le figure di sacerdoti nate dalla penna degli scrittori e divenute celebri sono davvero numerose.
Quello del prete è un vero e proprio mestiere, nel senso etimologico del termine, perché «mestiere» deriva da «ministero», parola dal valore sacrale che indica un compito alto e nobile, assurto a vocazione.
Il sacerdozio è una vocazione sacramentale in cui la persona, consapevole di aver avuto già tutto nell’incontro con Cristo, non chiede null’altro che Lui. Il prete è mosso dalla memoria di quanto ha ricevuto e così risplende di gratitudine, perché null’altro gli è necessario.
L’amore per Cristo si manifesta spesso come se fosse l’amore per il proprio amato, come ricordava papa Benedetto XVI nel 2009:
Alla base dell’impegno pastorale il sacerdote deve porre un’intima unione personale con Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno. Solo se innamorato di Cristo, il sacerdote potrà insegnare a tutti questa unione, questa amicizia intima con il divino Maestro, potrà toccare i cuori della gente ed aprirli all’amore misericordioso del Signore.
Il prete è così un servitore della Chiesa alla sequela del Maestro, ma proprio per questo quanto più serve bene tanto più diviene maestro. Il ministero porta così al magistero.
Patrono dei sacerdoti e dei parroci è quel santo curato d’Ars che è stato fonte di ispirazione anche per tanti romanzieri del Novecento, come ad esempio George Bernanos che scrisse il Diario di un Curato di Campagna.
Il curato d’Ars (1786-1859), al mondo Giovanni Maria Vianney, offrì tutta la sua vita, disposto a patire ogni genere di sofferenza, per la conversione delle anime dei parrocchiani affidatagli. Prima di inviarlo ad Ars il vescovo lo avvisò che c’era poco amore in quella parrocchia e lui lo avrebbe portato. Spese l’intera vita alla celebrazione dell’eucarestia e alla confessione, cui dedicava fino a diciassette ore al giorno. Sul suo volto si leggeva la sofferenza di Dio per i peccati compiuti dagli uomini tanto che nel cuore anche dei tiepidi sorgeva il pentimento. La fama si estese per tutta la Francia e ben oltre il confine. Da ogni luogo giungevano i penitenti, si organizzavano treni speciali e il parroco era costretto a trascorrere giornate intere in confessionale.
Il curato parlava con un linguaggio così semplice e limpido che riusciva a comunicare anche con i forestieri. Era consapevole del compito del sacerdozio, grato della vocazione che gli era stata assegnata tanto che si esprimeva con queste parole:
[Il sacerdozio] è un Sacramento che sembra non riguardare alcuno tra voi e che riguarda, invece, tutti. Questo Sacramento eleva l’uomo sino a Dio. Che cos’è un prete? Un uomo che tiene il posto di Dio ed è rivestito di tutti i suoi poteri. […] Quando il sacerdote rimette i peccati, egli non dice: «Dio ti perdona», ma «io ti assolvo».
Conosciamo tutti il detto attribuito a san Bernardo: Ad Jesum per Mariam. Ebbene, il curato d’Ars arrivava ad affermare che si può egualmente dire «che tutto ci è venuto attraverso il prete: tutte le benedizioni, sì, tutte le grazie, tutti i doni celesti». Anche il più fragile, il più debole, il più peccatore tra i sacerdoti «può far discendere il Divin Figlio nella Santa Ostia», un miracolo grandissimo a cui pochi pensano. Il curato d’Ars confessava:
Se ci dicessero «alla tal ora si deve resuscitare un morto», noi correremmo presto per vedere. Ma la consacrazione che tramuta il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di un Dio, non è forse un miracolo più grande di quello di resuscitare un morto?
Il sacerdote ha anche il dono di rimettere i peccati nel nome di Cristo («Egli può dirvi: “Va’ in pace, ti perdono”»). Il mestiere del sacerdote ha una dignità, una grandezza difficilmente comprensibile in Terra:
Che cosa grande è un sacerdote! Il prete non lo capiremo bene che in cielo. Se lo capissimo sulla Terra, moriremmo non di spavento, ma di amore! Il prete possiede la chiave per i tesori celesti e ne disserra la porta.
Il santo curato d’Ars era tutto preso dall’amore per Gesù e per l’Eucarestia, pensava sempre al Signore e parlava sempre di Lui, «la sua vita, il suo cielo, il suo presente, il suo avvenire». Voleva far conoscere a tutti la bellezza e l’amore di Gesù, certo che chi Lo avesse conosciuto Lo avrebbe poi amato, perché nessun cuore è tanto duro da non amare quando si sente tanto amato.
Si comprende meglio il verso dantesco «Amor ch’a nullo amato amar perdona» (ovvero «Amore che non permette a nessuna persona amata di non riamare»), specchio di quanto scrivono i mistici, come la beata Angela da Foligno, san Giovanni della Croce, santa Teresa d’Avila, santa Caterina da Siena. Il santo curato era particolarmente devoto alla Madonna, la Madre di tutti i viventi, la Madre della Chiesa, la Madre, per questo, in modo speciale di tutti i sacerdoti.
Il curato d’Ars si spense a settantatré anni il 4 agosto del 1859. Nel 1925 fu canonizzato e divenne il patrono dei parroci di tutto il mondo.
Nel 2008 papa Benedetto XVI lo additò come esempio per tutti i sacerdoti.
Qual è la virtù maggiore che deve possedere un prete? Che cosa cerca un uomo quando si reca da un prete per parlare, per confessarsi, per ascoltare la messa, per ricevere l’eucarestia?
Chiara e categorica è la risposta del curato d’Ars: «Dio è la sola ricchezza che gli uomini desiderano trovare in un sacerdote».
Nella prossima puntata riscopriremo celebri esempi di preti nati dalla penna degli scrittori.