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MESTIERI & LETTERATURA/ 16

«Che cosa grande è un sacerdote! Non lo capiremo che in cielo».

Nell’epoca contemporanea le figure di sacerdoti nate dalla penna degli scrittori e divenute celebri sono davvero numerose. Il sacerdozio è una vocazione sacramentale in cui la persona, consapevole di aver avuto già tutto nell’incontro con Cristo, non chiede null’altro che Lui.

Cultura 09_01_2023

Nell’epoca contemporanea le figure di sacerdoti nate dalla penna degli scrittori e divenute celebri sono davvero numerose. 

Quello del prete è un vero e proprio mestiere, nel senso etimologico del termine, perché «mestiere» deriva da «ministero», parola dal valore sacrale che indica un compito alto e nobile, assurto a vocazione. 
Il sacerdozio è una vocazione sacramentale in cui la persona, consapevole di aver avuto già tutto nell’incontro con Cristo, non chiede null’altro che Lui. Il prete è mosso dalla memoria di quanto ha ricevuto e così risplende di gratitudine, perché null’altro gli è necessario. 

L’amore per Cristo si manifesta spesso come se fosse l’amore per il proprio amato, come ricordava papa Benedetto XVI nel 2009:

Alla base dell’impegno pastorale il sacerdote deve porre un’intima unione personale con Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno. Solo se innamorato di Cristo, il sacerdote potrà insegnare a tutti questa unione, questa amicizia intima con il divino Maestro, potrà toccare i cuori della gente ed aprirli all’amore misericordioso del Signore.

Il prete è così un servitore della Chiesa alla sequela del Maestro, ma proprio per questo quanto più serve bene tanto più diviene maestro. Il ministero porta così al magistero. 

Patrono dei sacerdoti e dei parroci è quel santo curato d’Ars che è stato fonte di ispirazione anche per tanti romanzieri del Novecento, come ad esempio George Bernanos che scrisse il Diario di un Curato di Campagna. 

Il curato d’Ars (1786-1859), al mondo Giovanni Maria Vianney, offrì tutta la sua vita, disposto a patire ogni genere di sofferenza, per la conversione delle anime dei parrocchiani affidatagli. Prima di inviarlo ad Ars il vescovo lo avvisò che c’era poco amore in quella parrocchia e lui lo avrebbe portato. Spese l’intera vita alla celebrazione dell’eucarestia e alla confessione, cui dedicava fino a diciassette ore al giorno. Sul suo volto si leggeva la sofferenza di Dio per i peccati compiuti dagli uomini tanto che nel cuore anche dei tiepidi sorgeva il pentimento. La fama si estese per tutta la Francia e ben oltre il confine. Da ogni luogo giungevano i penitenti, si organizzavano treni speciali e il parroco era costretto a trascorrere giornate intere in confessionale.
 
Il curato parlava con un linguaggio così semplice e limpido che riusciva a comunicare anche con i forestieri. Era consapevole del compito del sacerdozio, grato della vocazione che gli era stata assegnata tanto che si esprimeva con queste parole: 

[Il sacerdozio] è un Sacramento che sembra non riguardare alcuno tra voi e che riguarda, invece, tutti. Questo Sacramento eleva l’uomo sino a Dio. Che cos’è un prete? Un uomo che tiene il posto di Dio ed è rivestito di tutti i suoi poteri. […] Quando il sacerdote rimette i peccati, egli non dice: «Dio ti perdona», ma «io ti assolvo».

Conosciamo tutti il detto attribuito a san Bernardo: Ad Jesum per Mariam. Ebbene, il curato d’Ars arrivava ad affermare che si può egualmente dire «che tutto ci è venuto attraverso il prete: tutte le benedizioni, sì, tutte le grazie, tutti i doni celesti». Anche il più fragile, il più debole, il più peccatore tra i sacerdoti «può far discendere il Divin Figlio nella Santa Ostia», un miracolo grandissimo a cui pochi pensano. Il curato d’Ars confessava:

Se ci dicessero «alla tal ora si deve resuscitare un morto», noi correremmo presto per vedere. Ma la consacrazione che tramuta il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di un Dio, non è forse un miracolo più grande di quello di resuscitare un morto?

Il sacerdote ha anche il dono di rimettere i peccati nel nome di Cristo («Egli può dirvi: “Va’ in pace, ti perdono”»). Il mestiere del sacerdote ha una dignità, una grandezza difficilmente comprensibile in Terra:

Che cosa grande è un sacerdote! Il prete non lo capiremo bene che in cielo. Se lo capissimo sulla Terra, moriremmo non di spavento, ma di amore! Il prete possiede la chiave per i tesori celesti e ne disserra la porta.

Il santo curato d’Ars era tutto preso dall’amore per Gesù e per l’Eucarestia, pensava sempre al Signore e parlava sempre di Lui, «la sua vita, il suo cielo, il suo presente, il suo avvenire». Voleva far conoscere a tutti la bellezza e l’amore di Gesù, certo che chi Lo avesse conosciuto Lo avrebbe poi amato, perché nessun cuore è tanto duro da non amare quando si sente tanto amato. 

Si comprende meglio il verso dantesco «Amor ch’a nullo amato amar perdona» (ovvero «Amore che non permette a nessuna persona amata di non riamare»), specchio di quanto scrivono i mistici, come la beata Angela da Foligno,  san Giovanni della Croce, santa Teresa d’Avila, santa Caterina da Siena. Il santo curato era particolarmente devoto alla Madonna, la Madre di tutti i viventi, la Madre della Chiesa, la Madre, per questo, in modo speciale di tutti i sacerdoti. 

Il curato d’Ars si spense a settantatré anni il 4 agosto del 1859. Nel 1925 fu canonizzato e divenne il patrono dei parroci di tutto il mondo. 

Nel 2008 papa Benedetto XVI lo additò come esempio per tutti i sacerdoti. 
Qual è la virtù maggiore che deve possedere un prete? Che cosa cerca un uomo quando si reca da un prete per parlare, per confessarsi, per ascoltare la messa, per ricevere l’eucarestia?
Chiara e categorica è la risposta del curato d’Ars: «Dio è la sola ricchezza che gli uomini desiderano trovare in un sacerdote».

Nella prossima puntata riscopriremo celebri esempi di preti nati dalla penna degli scrittori.