Che cosa conoscono gli angeli – Il testo del video
Gli angeli conoscono il futuro? Sono in grado di conoscere il cuore degli uomini e quello degli altri angeli? E i misteri della grazia? Scopriamo, con san Tommaso, le risposte.
Continuiamo la nostra indagine sugli angeli. La scorsa volta abbiamo concluso parlando della conoscenza angelica, come gli angeli conoscono. Abbiamo visto questa conoscenza attraverso le species, cioè quelle idee che Dio pone in loro. Quindi abbiamo visto la differenza tra la conoscenza angelica e quella divina, e anche tra la conoscenza angelica e la nostra conoscenza, la conoscenza degli uomini.
Avevamo lasciato in sospeso tre questioni, cioè: 1) se gli angeli conoscano il futuro; 2) se gli angeli siano in grado di conoscere il cuore degli uomini, ma anche i segreti del cuore degli altri angeli; 3) se conoscano i misteri della grazia.
Vediamo subito come san Tommaso affronta la prima questione, ossia se gli angeli conoscano il futuro. Siamo nella prima parte della Summa Theologiae, quaestio 57, articolo 3, che si intitola proprio: «Se gli angeli conoscano le realtà future». Per rispondere, san Tommaso fa, come sempre, una distinzione e si chiede: gli angeli conoscono il futuro? Dipende… dipende da che cosa intendiamo per futuro.
San Tommaso distingue appunto tre modi di conoscere il futuro: a) Il primo che è quello secondo cause necessarie. Cioè, se io butto il vaso dei gerani dal balcone so con certezza che si schianterà di sotto. Questa è la conoscenza del futuro secondo cause necessarie; b) conoscenza del futuro ut in pluribus, cioè perlopiù, con probabilità. Per esempio, se osservo l’umidità dell’aria, la direzionalità del vento, vedo le nuvole, eccetera, posso dire, con una certa probabilità, che verrà a piovere; c) la conoscenza del futuro in sé stesso, cioè indipendentemente dall’osservazione di alcuni elementi.
Vediamo come risponde san Tommaso. Anzitutto, consideriamo il futuro nelle sue cause necessarie: «Si possono perciò conoscere con certezza tutte le cose future che derivano necessariamente dalle loro cause; per esempio, che domani il sole sorgerà. Le cose invece che provengono dalle loro cause solo nella maggior parte dei casi non sono conosciute con certezza, ma soltanto in modo congetturale; come il medico quando prevede la salute dell’infermo. Tale modo di conoscere le realtà future [secondo le cause necessarie o anche ut in pluribus] l’hanno anche gli angeli e tanto più perfettamente di noi quanto più essi conoscono le cause delle cose in modo più universale e perfetto». Interessante.
Chiaramente, se noi siamo in grado di capire il futuro attraverso queste due modalità – cause necessarie e congetture probabili – tanto più gli angeli. È importante questo «tanto più», perché san Tommaso ci dice che esso deriva dal fatto che «essi conoscono le cause delle cose in modo più universale e perfetto». E qui fa un piccolo esempio: «come i medici, che conoscono i sintomi con maggiore perspicacia, sanno prognosticare meglio lo stato futuro della malattia». Tra un medico e un profano in medicina, un medico dovrebbe sapere prognosticare più perfettamente, meglio, rispetto a un profano, la malattia, lo stato futuro della malattia, perché ha una conoscenza superiore in materia. L’angelo non ha solo una conoscenza superiore in materia, ha una conoscenza in sé stessa superiore, più perfetta della nostra. Dunque, la sua capacità di conoscere il futuro è molto più perfetta, molto più potente di quella che hanno gli uomini.
Invece, san Tommaso dice che si possono conoscere le realtà future in sé stesse: «Tale conoscenza del futuro compete soltanto a Dio, il quale conosce non solo le cose che accadono necessariamente o nella maggior parte dei casi [come l’angelo e in parte noi uomini], ma altresì le realtà casuali e fortuite poiché Dio vede tutte le cose nella sua eternità, la quale è sempre presente, nella sua semplicità, a tutto il tempo e lo contiene» (ST, I, q. 57, a. 3). Cioè, è solo Dio che può conoscere il futuro in quanto tale.
Cosa vuol dire il futuro in quanto tale? Tutte le realtà casuali, dice san Tommaso, cioè quelle che non possono essere previste; le realtà fortuite, ma anche la causalità libera, ossia quello che io deciderò di fare tra poco. Il futuro in senso proprio solo Dio lo può conoscere. Perché lo può conoscere? San Tommaso lo spiega molto bene: perché «Dio vede tutte le cose nella sua eternità». L’eternità contiene il tempo e quindi nell’eternità il tempo è sempre presente, è sempre di fronte a Dio, che vede direttamente tutto il tempo, quello che noi chiamiamo passato, presente e futuro. E chiaramente l’angelo può venire a conoscenza di questo futuro in senso proprio solo se Dio glielo rivela, solo se Dio lo rende partecipe. E Dio può rendere chiaramente l’angelo partecipe di ciò in vista del bene degli uomini, del bene delle sue creature. Quindi, gli angeli possono conoscere il futuro in un certo senso, ma non in un altro.
La seconda grande questione, che vediamo nell’articolo successivo della quaestio 57, cioè l’art. 4, è se l’angelo sia in grado di conoscere i segreti dei cuori, di leggere nei cuori, leggere dentro i segreti degli uomini e degli angeli stessi. Ora, anche qui san Tommaso fa una distinzione fondamentale tra la conoscenza dei cuori mediante gli effetti o direttamente in sé stessi.
Prendiamo l’art. 4 e vediamo come san Tommaso argomenta. Il pensiero del cuore può essere conosciuto in due modi, come anticipavamo: «Primo, nei suoi effetti; e in tal modo può essere conosciuto non solo dall’angelo, ma anche dall’uomo e con una penetrazione tanto più acuta quanto più tali effetti sono occulti. Talora infatti si conosce il pensiero non solo da un atto esteriore, ma anche da un semplice cambiamento del volto; i medici poi possono conoscere dal polso certe affezioni dell’animo». Interessante questo inciso di san Tommaso che richiama, per esempio, la pratica ancora in uso nella medicina cinese, cioè l’osservazione del polso.
San Tommaso dice una cosa importante: il pensiero di un uomo può essere conosciuto e intuito tramite degli effetti. Chi è un buon osservatore, per esempio, della mimica facciale, della prossemica, della gestualità, del cosiddetto linguaggio non verbale riesce – a volte con sicurezza, a volte con probabilità – a capire che cosa passa nella testa di una persona. In modo meno professionale, diciamo, è quello che la mamma fa nei confronti del proprio figlio: quando vede che si comporta e parla in un certo modo, che fa una certa espressione del volto, intuisce, comprende. Ora, se questo è possibile per gli uomini, tanto più per gli angeli. Infatti, san Tommaso aggiunge: «molto più gli angeli, nonché i demoni, avendo essi una percezione più acuta delle occulte perturbazioni dei corpi». Cioè, gli angeli sono dei perfetti osservatori, per così dire, dei perfetti psicologi, che riescono a cogliere [il pensiero degli uomini] con una capacità, un’intuizione, tramite l’osservazione di quello che noi uomini esprimiamo. Ed esprimiamo non solo a parole (nell’espressione a parole è più “facile”, anche se pure lì si può mentire), ma tramite tutta una serie di segnali che l’angelo è in grado di percepire. E san Tommaso include anche i demoni; infatti, l’attività demoniaca della tentazione si basa proprio su questo: la tentazione da parte dei demoni non avviene a casaccio, ma avviene attraverso lo studio attento che i demoni fanno, osservandoci nelle nostre abitudini, nelle nostre espressioni. Capiscono ad esempio quando noi abbiamo una reazione passionale molto forte – di ira, di lussuria o di tante altre cose – e su quello in qualche modo mettono il carico, per farci cadere.
Quindi, anche i demoni sono attenti osservatori: in quanto angeli [decaduti] hanno la capacità di conoscere in qualche modo quello che c’è dentro l’uomo, che l’uomo non vuole esprimere; non in quanto conoscono direttamente il cuore dell’uomo o i pensieri dell’uomo, ma in quanto sono capaci di osservare, di leggere tutta una serie di elementi che noi esprimiamo anche senza volerlo, tra l’altro all’interno della nostra “storia personale” che loro seguono (sia gli angeli buoni che i demoni) da quando siamo arrivati in questo mondo.
Invece, dice san Tommaso, «si possono conoscere i pensieri, in quanto si trovano nell’intelletto, e gli affetti, in quanto si trovano nella volontà. E in questa maniera solo Dio può conoscere i pensieri del cuore e gli affetti della volontà». Cioè, rispetto a quello che non emerge, che non trapela attraverso i segnali anche involontari che noi diamo, solo Dio è in grado di conoscere cosa c’è nella mente dell’uomo e nel cuore dell’uomo, delle sue creature, quindi anche degli angeli stessi. Perché? Spiega san Tommaso: «Perché la volontà razionale è soggetta soltanto a Dio, ed Egli solo può operare in essa, essendone l’oggetto principale quale ultimo fine».
Quindi, tutto quello che è nella volontà dell’uomo, tutto quello che dipende dalla volontà dell’uomo, in se stesso è conosciuto solamente da Dio. Anche qui, come per la questione del futuro, Dio può rivelarlo per esempio agli angeli, nostri custodi, perché ci possano aiutare, ma può anche rivelarlo agli uomini, nel caso della cardiognosia, cioè la capacità di leggere il cuore che Dio ha voluto dare ad alcuni santi, ad alcuni padri spirituali: pensiamo a Padre Pio. Non è una capacità che uno sviluppa, è un dono che Dio dà, di partecipazione in qualche modo a quella conoscenza del segreto del cuore che Egli comunica. Attenzione: la cardiognosia non è una capacità acquisita dell’uomo e di cui quindi l’uomo può avvalersi in qualsiasi situazione, ma è una partecipazione che Dio dà in certe circostanze che ritiene essere per un bene più grande. Se una persona ha avuto il dono della cardiognosia, non significa che qualunque cosa dica è per forza vera, questo è un errore che ogni tanto si fa: la sua conoscenza, come anche la possibilità di profetizzare, dipende da quello che Dio in quel momento gli rivela. Non è un’abilità che viene acquisita come un’abilità artigianale o come una virtù. Questa è una precisazione importante.
Terza e ultima domanda: se gli angeli conoscano i misteri della grazia. A questa questione, san Tommaso dedica l’art. 5 della quaestio 57. E inizia introducendo una distinzione fondamentale: l’angelo, come l’uomo, ha una dimensione e una conoscenza naturale e una dimensione, una conoscenza soprannaturale. Quella naturale gli è data con la sua creazione, dunque gli è data senza il suo consenso, come per l’uomo: nessuno di noi ha acconsentito alla propria creazione; mentre l’elevazione soprannaturale richiede in una certa misura il consenso della creatura libera e intelligente.
Ora, san Tommaso spiega che «negli angeli c’è una doppia conoscenza», non doppia nel senso che gli angeli si sdoppiano, come neanche noi; è una conoscenza in due dimensioni, di due specie un po’ diverse. La prima, «una conoscenza naturale, che permette loro di conoscere le cose sia per mezzo della propria essenza sia per mezzo di specie innate» (ST, I, q. 57, a. 5). Lo abbiamo visto la volta scorsa, come l’angelo conosca per mezzo dell’auto-conoscenza: l’angelo è perfettamente trasparente a se stesso e attraverso le specie, le idee che Dio pone in lui. «Con tale conoscenza gli angeli non sono in grado di conoscere i misteri della grazia» (ibidem). Per quale ragione? Dice san Tommaso: «Questi misteri infatti dipendono dalla sola volontà di Dio» (ib.). Abbiamo visto che gli angeli non sono in grado di conoscere i nostri pensieri, se non nella modalità che abbiamo visto; ma non i pensieri in se stessi, perché l’angelo non ha accesso al cuore dell’uomo e non ha accesso al cuore di un altro angelo se non c’è una comunicazione; cioè la parte più intima è inaccessibile: è accessibile solo a Dio, aperta, trasparente solo a Dio. Allora, dice san Tommaso, tanto più l’angelo non può conoscere ciò che è nel segreto di Dio, nel cuore di Dio; affinché conoscano quel segreto, Dio deve rivelarlo. Quindi gli angeli hanno avuto bisogno di una rivelazione come noi, in un modo diverso, perché la loro conoscenza, la loro natura è diversa dalla nostra.
Continua san Tommaso: «C’è però un’altra conoscenza negli angeli, che li rende beati, per mezzo della quale contemplano il Verbo e le cose nel Verbo. E in questa visione essi conoscono i misteri della grazia; non tutti però e non tutti ugualmente, ma nella misura in cui Dio vuole ad essi rivelarli» (ib.). Vediamo come questa conoscenza soprannaturale, che dipende dalla volontà di Dio, che vuole rivelare, è la contemplazione del Verbo di Dio, che è un po’, diciamo così, il cuore di Dio. Aggiunge san Tommaso: «Ciò tuttavia avviene in modo tale che gli angeli superiori, penetrando maggiormente la divina sapienza, nella visione di Dio conoscano dei misteri più numerosi e più alti, che poi manifestano agli angeli inferiori illuminandoli. E anche tra questi misteri, alcuni li conobbero fin dal principio della loro creazione; su altri invece furono iniziati in seguito secondo le esigenze della loro missione» (ib.).
Tanta carne al fuoco. Cerchiamo di capire. Anzitutto ritorna quel pensiero fondamentale di Dionigi l’Areopagita di questa gerarchia angelica che è una gerarchia di trasmissione. Cioè anche negli angeli, ci dice san Tommaso, la rivelazione diretta – diretta da Dio all’angelo – appartiene agli angeli superiori, che in qualche modo Dio fa penetrare maggiormente nella sua sapienza, dà loro accesso alla sua sapienza. Negli ordini inferiori, invece, come avviene? Avviene tramite la manifestazione degli angeli superiori, verso gli inferiori.
«I cieli narrano la gloria di Dio, (…) il giorno al giorno ne annuncia il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia» (Sal 18), dice il Salmo. Cioè, questa trasmissione di conoscenza è nei cieli non solo materiali, ma nei cieli degli spiriti celesti, degli spiriti puri, che si comunicano questa conoscenza. Vediamo dunque, come dicevamo l’altra volta, l’analogia con la gerarchia terrestre della Chiesa: anche qui avviene una trasmissione, non c’è un accesso diretto quanto alla rivelazione. Non è vero che non ci sia invece una comunione diretta con Dio, questo no; ma quanto alla rivelazione, ai misteri di Dio, Lui ha scelto questa modalità di trasmissione. Ecco perché il tradere nella Chiesa, il consegnare, il trasmettere dalla Chiesa docente alla Chiesa discente è fondamentale: è il nostro modo di realizzare quella che è una dinamica analoga degli angeli.
L’altra precisazione che san Tommaso fa è questa: anche tra i misteri rivelati, i misteri soprannaturali, che quindi non sono accessibili alla conoscenza naturale degli angeli, ma richiedono un dono di Dio supplementare, una rivelazione ulteriore di Dio, alcuni angeli «li conobbero fin dal principio della loro creazione». Vengono creati ed elevati e da lì hanno subito accesso a questi misteri. Ma altri «furono iniziati in seguito secondo le esigenze della loro missione», cioè Dio si è “riservato” alcuni misteri, che poi ha rivelato agli angeli per la loro missione.
Vediamo sempre nell’art. 5 la risposta alla prima difficoltà; è molto importante questo testo. San Tommaso parte dal mistero dell’Incarnazione che, fra i misteri di Dio, è il mistero centrale dopo la Santissima Trinità, nella SS. Trinità. Dice san Tommaso: «Il mistero dell’Incarnazione di Cristo può essere considerato in due modi. Primo, in generale: e in questo senso fu rivelato a tutti gli angeli all’inizio della loro beatitudine» (ST, I, q. 57, a. 5). Cioè l’Incarnazione di Cristo è stata rivelata agli angeli fin dall’inizio della loro beatitudine, della loro elevazione soprannaturale, che in generale, per i Padri, coincide in qualche modo con la loro creazione; i due ordini, naturale e soprannaturale, non sono distinti quanto a un prima e un poi, ma sarebbero stati dati un po’ come in Adamo, in analogia a lui: Adamo è creato, nella sua natura, e già sopraelevato, nell’ordine soprannaturale.
Dunque, fin dalla loro elevazione, gli angeli conoscono il mistero di Cristo, il mistero della sua Incarnazione. E secondo alcuni Padri sarebbe stata la rivelazione di questo mistero ad aver provocato la divisione tra gli angeli buoni e gli angeli cattivi: gli angeli buoni hanno accolto, hanno gioito, hanno lodato Dio, per questo mistero; e gli angeli cattivi hanno opposto il loro non serviam, cioè “non mi porrò al servizio di questo mistero”, per invidia che Dio si facesse uomo, e sicuramente per superbia, per opposizione a Dio.
Prosegue san Tommaso: «Possiamo considerare in una seconda maniera il mistero dell’Incarnazione, cioè quanto alle sue precise circostanze» (ib.), quindi il come, il quando di ogni singolo evento della vita di Cristo. «E in questo modo non tutti gli angeli furono ammaestrati su ogni particolare fin dal principio: anzi, persino alcuni tra gli angeli superiori ne vennero a conoscenza soltanto in seguito, come appare evidente dal testo riportato da Dionigi» (ib.). È un testo che san Tommaso ha riportato nel corpo del suo articolo. A noi qui interessa quello che san Tommaso ci sta dicendo, cioè dei dettagli dell’Incarnazione: in questo modo, «non tutti gli angeli sono stati ammaestrati su ogni particolare fin dal principio».
Essendo la loro conoscenza non totale, nel senso di infinita, gli angeli sono stati “iniziati”, hanno appreso qualcosa di nuovo; e questo qualcosa di nuovo, come ci dice san Tommaso, sono proprio questi dettagli dell’Incarnazione di Cristo. Queste spiegazioni sono importanti, anche se tante volte sono un po’ trascurate nella catechesi, nella predicazione; invece sono tanto importanti per conoscere questi nostri compagni non solo quaggiù, ma a Dio piacendo, se ci dà la grazia della salvezza eterna, in quello che sarà il nostro destino per l’eternità; e anche per comprendere, in qualche modo, che cosa gli angeli possono conoscere di noi, degli eventi, dei misteri, come tra di loro si comunicano le cose e come, per volontà divina, le vogliono comunicare a noi. Sono tutte modalità per poter avere una maggiore affinità con queste creature spirituali, che Dio ha voluto creare e, nella Sua misericordia, ha voluto che alcuni di loro fossero anche compagni della nostra esistenza.
A Dio piacendo, continueremo le nostre catechesi sugli angeli la prossima domenica.
Chi sono gli angeli – Il testo del video
Per i Padri gli angeli avrebbero un corpo sui generis, sottile, non carnale. Invece, per san Tommaso la distinzione radicale tra gli angeli e Dio sta nel fatto che i primi ricevono l’essere. La differenza tra conoscenza angelica e umana.