Charlie morirà in un hospice top secret
Il disabile condannato a morte Charlie Gard non potrà passare gli ultimi istanti della sua vita a casa con i suoi genitori, ma si vedrà staccare la ventilazione in un hospice. Così ha deciso il giudice Nicholas Francis accogliendo ancora una volta le richieste del Great Ormond Street Hospital. Salvo un diverso accordo tra le parti, da raggiungere entro mezzogiorno di oggi, questo è il succo amaro dell’ultima decisione presa dal tribunale sulla vita del piccolo di undici mesi.
Il disabile condannato a morte Charlie Gard non potrà passare gli ultimi istanti della sua vita a casa con i suoi genitori, ma si vedrà staccare la ventilazione in un hospice. Così ha deciso il giudice Nicholas Francis accogliendo ancora una volta le richieste del Great Ormond Street Hospital. Salvo un diverso accordo tra le parti, da raggiungere entro mezzogiorno di oggi, questo è il succo amaro dell’ultima decisione presa dal tribunale sulla vita del piccolo di undici mesi. Alla luce del continuo e raccapricciante ostruzionismo del Gosh, è difficile che cambi qualcosa, ma alla fine dell’udienza di ieri i genitori di Charlie hanno rilanciato l’appello per trovare un medico di terapia intensiva, disponibile ad assisterlo nell’ultima fase della sua vita terrena, aiutando così la famiglia che vorrebbe trascorrere qualche giorno in più con il bambino rispetto a quella che è la volontà predominante dell’ospedale di Londra.
Il tempo del distacco della ventilazione è infatti diventato l’ultimo oggetto del contendere. Dopo essersi opposto con ogni pretesto al trasferimento a casa, riuscendo a prevalere, il Gosh sta infatti perseguendo l’ultimo obiettivo della sua battaglia giudiziaria sulla pelle di Charlie: staccargli il prima possibile il supporto vitale. Se Erode ricomparisse oggi penserebbe di essere un dilettante.
A inizio udienza l’avvocato dei genitori, Grant Armstrong, aveva smontato una dopo l’altra tutte le scuse accampate dal team legale del Gosh il giorno prima. La famiglia ha infatti trovato una ditta in grado di fornire il ventilatore necessario entro 24 ore e ricevuto la disponibilità di alcune infermiere del Gosh ad assistere Charlie fuori dall’ospedale, forse l’unica eccezione umana positiva emersa dal personale coinvolto in questa vicenda. Armstrong ha chiesto a quel punto 48 ore di tempo per trovare un medico di terapia intensiva (che sarà pagato dalla famiglia), la cui ricerca è diventata indispensabile solo perché il Gosh è riuscito a imporre quest'altra condizione capestro, nonostante i genitori avessero spiegato al giudice che Charlie è assistito da una sola infermiera. La quale sostanzialmente deve di volta in volta sistemare nel naso il tubicino che aiuta il bambino a respirare, visto che non gli è mai stata fatta una tracheostomia per precisa decisione di novembre del comitato etico del Gosh, convinto che il bimbo per la sua “qualità di vita” non avrebbe respirato a lungo.
Il giudice si era anche mostrato disponibile a concedere le 48 ore di tempo, ma prima Victoria Butler Cole e poi Fiona Paterson – che rappresentano rispettivamente gli interessi del tutore e del Gosh, ma da quando mesi fa è iniziata la causa remano nella stessa direzione per far morire Charlie – hanno chiesto di affrontare la questione in privato. Francis ha acconsentito, chiedendo alla stampa di uscire: “La discussione sarà su quanto tempo passerà tra il momento in cui Charlie lascerà il Gosh e l’estubazione”. Viene da chiedersi perché far uscire il pubblico per parlare in privato del momento della fine di Charlie, se è vero quanto ci hanno detto e cioè che la morte è “nel suo miglior interesse”. Senso di vergogna? Sta di fatto che con la discussione a porte chiuse il Gosh ha convinto il giudice a stabilire l’ultimatum per l’accordo alle 12 di oggi (le 13 in Italia), esasperando Connie fino al punto da farla uscire in lacrime dall’aula: “E se fosse stato vostro figlio? Spero siate felici di voi stessi”.
Per ordine di Francis, il nome dell’hospice e il tempo in cui sarà staccato il ventilatore rimarranno riservati fino a morte avvenuta. “Una decisione doveva essere presa”, ha detto il giudice, quasi volesse autoconvincersi della necessità di affrettare la sentenza di morte. In un passaggio della sua decisione del 24 luglio, su cui è in parte ritornato ieri, Francis rigettava come assurda la tesi di chi dice che Charlie è prigioniero del servizio sanitario britannico e argomentava che i bambini nel Regno Unito hanno diritti indipendenti dai genitori, che quasi sempre decidono nel loro miglior interesse e quando questo non avviene (cioè quando non si decide per la morte?) è un giudice a decidere. Appunto. È un giudice a decidere se un prigioniero del servizio sanitario debba vivere o morire. Sembra un romanzo distopico, invece è realtà, sottovalutata da tanti. Che Dio ci liberi.