Cercasi candidata musulmana, solo se velata
Nasri Assiya, “la scelta del cambiamento” effettuata dai grillini, ha il "merito" di indossare il velo. Lei ne fa un simbolo di libertà di scelta e democrazia, anche se il velo è sottilmente utilizzato per sancire la condizione di sottomissione della donna. Il PD ha l'equivalente nella consigliera milanese Sumaya Abdel Qader. E chi contesta è islamofobo.
In Italia, i diritti delle donne procedono… all’indietro. Lo dimostra Nasri Assiya, “la scelta del cambiamento” effettuata dai grillini, il cui unico merito per essere stata candidata al consiglio comunale di Montoro, provincia di Avellino, è quello d’indossare il velo imposto dai Fratelli Musulmani. Naturalmente, la giovane “laureanda in matematica” fa del proprio capo coperto un simbolo di democrazia e libertà, ma non bisogna dubitare della sua sincerità, che è frutto della manipolazione ideologica, psicologica ed emotiva subita dal contesto socio-culturale d’appartenenza, improntato alla dottrina della Fratellanza. Velata e felice insomma, anche se il velo è sottilmente utilizzato per sancire la condizione di sottomissione della donna.
Le accuse di “islamofobia” avanzate dai pentastellati nei confronti degli “haters” - categoria che comprende indifferentemente gli insultatori e coloro che hanno osato criticare in maniera civile e razionale la candidatura della giovane alle elezioni locali del 26 maggio - fanno il gioco della propaganda e delle narrative elaborate appositamente dai pensatori islamisti per ingannare gli ingenui occidentali, soprattutto se progressisti e di una certa sinistra, posseduti da quell’altra manipolazione ideologica, psicologica ed emotiva che è il cosiddetto (malinteso) multiculturalismo.
Il fenomeno dell’avanzamento all’indietro dei diritti delle donne è purtroppo comune a tutto l’Occidente, dove le sinistre accolgono nei loro ranghi e promuovono l’immagine e le carriere di donne musulmane a condizione che portino il velo. Basti pensare al PD americano e al nuovo fenomeno mediatico corrispondente al nome di Ilhan Omar, la neo-parlamentare eroina dell’hijab che non fa mistero dei suoi addentellati fondamentalisti, tra i quali figura il presidente turco Erdogan.
In Italia, i grillini non hanno certo l’esclusiva del “velismo” in politica. I precursori sono stati immancabilmente quelli del PD, il cui vanto è Sumaya Abdel Qader, piazzata al Consiglio Comunale di Milano. Interessante, a proposito, è una recente sentenza con cui il Tribunale di Milano ha assolto alcuni giornali italiani denunciati da Abdel Qader per averla associata all’estremismo a causa dei suoi legami con il Forum Europeo delle Donne Musulmane, braccio operativo dei Fratelli Musulmani in quel di Bruxelles.
Quello di Nasrin Sotoudeh, l’attivista iraniana recentemente condannata dal regime khomeinista a 34 anni di carcere e 148 frustrate per la sua battaglia contro il velo obbligatorio, non corrisponde affatto al profilo ideale di donna musulmana per le candidature di PD e 5 Stelle. E non lo rappresenterebbero neppure la gran parte delle donne tunisine e marocchine che accedono sempre più numerose ai livelli più alti della classe dirigente e della società civile dei rispettivi paesi: queste infatti non portano il velo.
Con ciò non si vuole in alcun modo denigrare o delegittimare le donne di religione islamica che lo indossano. Il problema è la politicizzazione dell’indumento ed è quello che i Fratelli Musulmani continuano a promuovere in Occidente grazie a partiti come PD e 5 Stelle, i quali, consapevolmente o meno, si pongono al servizio dell’avanzata dell’agenda islamista in Italia, presentando le Nasri Assiya e le Sumaya Abdel Qader di turno come fossero un trofeo. Il tutto, mentre la straordinaria battaglia delle donne iraniane viene colpevolmente ignorata e i piccoli passi ma in avanti compiuti dalle donne saudite in termini di diritti vengono disconosciuti o minimizzati.
D’altro canto, almeno in Italia non è ancora possibile rilevare l’esistenza di un centrodestra che abbia sviluppato la capacità e la consapevolezza necessarie ad affrontare la questione dell’uso politico del velo da parte delle sinistre filo-islamiste. La legge sul divieto d’indossare il velo che copre il volto resta nel dimenticatoio e neppure il fatto che una misura simile sia stata adottata in Sri Lanka dopo la terribile strage del giorno di Pasqua ha spinto gli esponenti della Lega o di altri partiti che si richiamano al centro-destra a rilanciare la discussione, figuriamoci l’iter di approvazione parlamentare del provvedimento.
Il divieto d’indossare il velo che copre il volto in Sri Lanka è stata fortemente criticata da Al Jazeera, portavoce mondiale dei Fratelli Musulmani di proprietà degli emiri del Qatar. E sappiamo quanto questi ultimi siano influenti in Italia, soprattutto verso certi illustri esponenti dell’attuale esecutivo che non appartengono ai 5 Stelle.