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SINDACO "DISPERATO"

Cercasi assessora, l'ultima follia delle quote rosa

A Casina, sull'Appennino, il primo cittadino ha un diavolo per capello:il difensore civico gli ha imposto di far entrare nella giunta di soli maschi anche una donna. Ma lui non riesce a trovare candidate disponibili. Così si affida ad un bando pubblico. La riprova che la legge sulle quote rosa è discriminatoria e ideologica. 

Politica 07_01_2017
Il comune di Casina

Quote rosa un corno! A Casina, comune di poche migliaia di abitanti sull’Appennino Emiliano la giunta del neo sindaco Stefano Costi è composta da soli uomini. E la cosa non è andata giù al Difensore civico. Il quale ha preso carta e penna e ha scritto con sicumera al primo cittadino: manca una donna, devi provvedere al più presto con l’ingresso di una rappresentante di sesso femminile perché questo contrasta con le pari opportunità.

Il poveretto, che guida una lista civica non di Sinistra, Casina Bene Comune, in questi giorni non sa che fare. Già è stata una fatica strappare alla sinistra un comune storicamente rosso, adesso ci tocca pure fare gli straordinari per cercare una signora in giunta. Le quattro donne candidate con lui in lista all’epoca delle elezioni dello scorso anno non hanno raggiunto i voti necessari neanche per entrare in consiglio e sembra non siano disposte a sobbarcarsi l’onere di entrare in giunta. Così il primo cittadino dopo aver fatto alcuni tentativi ha gettato la spugna: “Io non trovo nessuno”.

Che fare? Il difensore civico ha agitato come una grida manzoniana l’articolo 1 comma 137 della legge 56/2014 che recita: “Nelle giunte dei comuni con popolazione  superiore  a  3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato  in  misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico”. Un bel problema. Così ha deciso d ricorrere allo scouting nudo e crudo: A.A.A. assessore (donna) cercasi. Questo l’annuncio che compare sul sito dell’amministrazione comunale che assomiglia così ad un vero e proprio bando pubblico. Che tale di fatto è.

Alla candidata sono richiesti alcuni requisiti: essere donna, ovviamente, anche se di questi tempi forse una soluzione gender oriented potrebbe fare comodo al sindaco; i soliti requisiti di legge, condividere il programma della lista civica e avere delle esperienze pregresse amministrative. Chissà se ci riuscirà e chissà se magari questo bando ci consegnerà una Margaret Tatcher che ci eravamo persi, però la vicenda di Casina, al di là della stranezza, porta a due considerazioni sul mito delle quote rosa e su quello che uno vale uno, direbbero i grillini.

Primo. E’ sparita da tempo la passione politica, cosicchè se mancano interessi o ambizioni di potere anche trovare un assessore per un comune di 3000 anime può diventare un’impresa. Anche perché con i chiari di luna odierni far parte di una giunta oggi non è il massimo della vita: lo Stato non dà più come una volta e regalie e prebende sono sempre più difficili da distribuire. Inoltre c’è un fattore competenze che andrebbe rivalutato, non diciamo riaprire le scuole di partito, anche se vista l’improvvisazione di certi amministratori, una qualche nostalgia delle Frattocchie ci viene. Fare l’amministratore è un mestiere come un altro che comporta spirito di servizio e attenzione al bene comune. Tolti questi principi rimane soltanto il mero interesse personale, se manca questo, addio politica.

Secondo. Il provvedimento del difensore civico è fatto nello spirito del totem delle quote rosa. Ma forse il difensore in questione non si è accorto della solenne sciocchezza di una legge che costringe a volte ad andare contro natura. E che di fatto è la più discriminante delle leggi possibile. Ammettiamo che domani il sindaco abbia trovato la sua assessora. Bene. Tutti gli altri colleghi di giunta sono entrati per meriti politici o per una qualche passione che li ha animati; lei, l’assessora, saprà sempre che è entrata perché costretta dagli eventi. In fondo nessuno la voleva o l’avrebbe voluta a Casina per le sue competenze o per la sua bravura, ma solo perché una legge levantina l’ha costretta ad entrare. La assessora, a patto che non sia la reincarnazione di Golda Meir, resterà sempre con il dubbio di essere nel posto sbagliato, chiamata alle armi mentre magari stava facendo, egregiamente, la mamma e basta o altro. Se non è discriminazione questa, come la chiamiamo?

Ipotesi, esperimento e tesi: la legge sulle pari opportunità che impone le quote rosa è ideologica e discriminatoria.